25.7.19

Jan Stoklassa: «Ho scoperto chi ha ucciso Olof Palme». Il libro-inchiesta di un ex diplomatico (Daniele Castellani Perelli)



Jan Stocklassa davanti al cinema di Stoccolma da cui Palme uscì prima di essere colpito a morte il 28 febbraio 1986 
STOCCOLMA. L'ex diplomatico svedese che mi sta seduto di fronte dice di aver scoperto, 33 anni dopo, chi ha ucciso Olof Palme, il premier socialdemocratico cui spararono per strada, il 28 febbraio 1986, mentre tornava a casa da un cinema. Jan Stocklassa avrebbe così svelato uno dei più grandi misteri della recente storia europea, l'unico giallo irrisolto nel Paese dei gialli. E il merito sarebbe del suo divorzio. E di Stieg Larsson, l'autore di Uomini che odiano le donne, morto nel 2004.
Direte: non è che questo Stocklassa è uscito pazzo nel suo viaggio al termine della Palmologia? Pare di no, a leggere le 500 pagine in cui ha raccontato la sua spericolata indagine durata otto anni - da Londra a Praga, da Cipro al Sudafrica - e le cui conclusioni stanno ora ispirando la polizia svedese, ancora a caccia dei colpevoli e del movente per l'omicidio di Palme, premier per undici anni, per decenni simbolo della socialdemocrazia scandinava e della Svezia stessa, più di Björn Borg e degli Abba. È un libro d'inchiesta che si legge a tratti come un thriller o come un'opera di new journalism e che, tradotto in 26 lingue, adesso arriva in Italia pubblicato da Rizzoli, con il titolo L'uomo che scherzava col fuoco. L'ultima inchiesta di Stieg Larsson.

Stieg e Jan indagano
Partiamo dal divorzio. Stocklassa, 54 anni, già consigliere dell'ambasciata a Praga, poi scrittore e pure imprenditore dei software delle lotterie (ebbene sì), nel 2012 è travolto dalla separazione da sua moglie e cerca "l'appuntamento con una vita diversa". "Senza quella crisi, non avrei intrapreso quest'avventura. Avevo più tempo a disposizione e potevo prendermi qualche rischio in più" ricorda nel suo ufficio dietro lo splendido Vasaparken in fiore. Quasi per caso scopre che il giallista Stieg Larsson, che da giornalista si era dedicato alla lotta contro l'estrema destra, teneva un archivio segreto e dimenticato.
Grazie al direttore di Expo, la rivista fondata da Stieg, ottiene l'accesso esclusivo ai venti scatoloni: ritagli, analisi condotte con l'aiuto di fonti privilegiate, un mondo di spie, hacker e morti in quantità, come nei suoi romanzi. Un tesoro da cui fa capolino un'ossessione, l'omicidio Palme, su cui Stieg aveva a lungo indagato, giungendo a questa conclusione: fu ucciso dai servizi segreti del Sudafrica, che si servirono di estremisti di destra svedesi tramite l'intermediario Bertil Wedin, agente in congedo che aveva collaborato con i sudafricani ed era entrato in loschi affari con la spia di Pretoria Craig Williamson. Il motivo? Palme finanziava l'Anc di Mandela e aveva avviato una dura campagna contro l'apartheid e i trafficanti d'armi in affari con quel regime. E i neofascisti, beh, odiavano il socialista Palme, che "vendeva il Paese all'Urss".
Stocklassa ha proseguito sulla pista di Stieg, peraltro apertamente sostenuta nel 1996 anche da due agenti sudafricani, che puntarono il dito contro Wedin e Williamson. Ha rischiato la vita per stanare Wedin dalla sua casa nella Cipro turca e lo ha intervistato sotto mentite spoglie per diversi giorni (nota bene: la polizia invece non è mai riuscita a interrogarlo). Ha incontrato la spia Williamson, assassino conclamato. Ha verificato che era falso l'alibi di uno dei sospettati. E avrebbe trovato l'anello mancante della teoria di Stieg, ovvero Jakob Thedelin (nome finto, per proteggerne la privacy), estremista di destra che potrebbe essere il Lee Harvey Oswald di questa storia e che Jan ha messo alle corde grazie a una rocambolesca honey trap di cui diremo alla fine. Tutto questo magma è finito nel suo libro, insieme a trenta pagine di appunti di Stieg, cento interviste e pure delle mail hackerate.
Nel gran complotto, che ruolo ha avuto la polizia? Il suo fallimento è frutto solo dell'incompetenza? "Perlopiù sì. Qui va applicato il 'rasoio di Hanlon': 'Non attribuire mai a malafede quel che si può ragionevolmente spiegare con la stupidità'. Sono andati fuori strada accusando il Pkk, e poi hanno virato pure sul lupo solitario". Oggi, invece, l'omicida verrebbe subito preso? "Oh, sì, immediatamente. I passanti fotograferebbero tutto e si farebbero i selfie con il killer in fuga. Instagram avrebbe già risolto il caso Palme".
Adesso però la polizia sembra aver sposato le tesi di Stocklassa e Stieg. "È stato lo stesso capo del team-Palme a dirmi che sono interessati alla catena Sudafrica-Wedin-Thedelin. E so che figure legate ai servizi del Sudafrica sono venute a Stoccolma per parlare del caso. La polizia ha voluto leggere il mio libro prima della pubblicazione, ci siamo incontrati otto volte". Insomma, forse ci siamo: "Solo in 5 lavorano al caso, e tutti part-time. Ma in un anno o due si può arrivare ai colpevoli. La polizia ne sa più di me sui misteriosi uomini che quella sera comunicavano con i walkie-talkie". E proprio intorno a un walkie-talkie gira l'ultimissimo colpo di scena. Lo ritrovarono dei ragazzi nei giorni successivi al crimine, e lo regalarono a un bambino per il suo compleanno. Ebbene, ora Stocklassa ha ricostruito tutti i passaggi e l'ha fatto consegnare alla polizia, che potrebbe ancora individuare il dna di chi lo usò quella sera.
Wedin e Jakob, invece, non devono essere entusiasti del libro: "L'ho spedito al primo e so che temeva fosse avvelenato. Pensano che io sia stato mandato dal diavolo e che lavori per il Kgb, che però non esiste più. Wedin si è difeso su Contra (rivista di destra che al tempo vendeva bersagli per freccette con al centro la caricatura di Palme, ndr) e ha intimato a Jakob di star zitto".

Il vicerè delle Seychelles
Nell'archivio di Stieg che Stocklassa ci lascia sfogliare notiamo cartelline dai nomi familiari, tra cui quella titolata "Delle Chiaie". Nella mappatura dell'estrema destra europea, l'autore della trilogia Millennium teneva d'occhio anche i neofascisti italiani. Nei suoi appunti troviamo citati Licio Gelli, Pino Rauti e generali vari. C'è un fascicolo pure sulla Lega Nord, ma contiene solo ritagli di giornale.
"Stieg, che contava su fonti importanti, aveva alla fine stralciato nomi come quelli di Stefano Delle Chiaie e Roberto Fiore, comparsi sul suo radar dopo alcune segnalazioni su una loro presunta implicazione nel caso Palme. Penso fossero false piste, ma non è escluso che i neofascisti italiani avessero informazioni sull'omicidio" commenta Stocklassa, secondo cui molto più interessante per l'inchiesta potrebbe essere un altro italiano, Giovanni Mario Ricci, per decenni ritenuto una sorta di vicepresidente delle Seychelles, poi molto chiacchierato per dei traffici con il Sudafrica. "Con la società Gmr (acronimo di Ricci), lui e Williamson commerciavano con l'Iran durante le sanzioni" dice Stocklassa, che racconta di quando l'italiano, in spiaggia, si congedò così, con le mani sporche di sangue di squalo, da un diplomatico americano che lasciava le Seychelles: "Che lei se ne vada è una buona notizia per me, ma soprattutto per lei".
Quanto a Larsson e alla sua passione per il dark side svedese, pochi sanno che, da giornalista, scrisse un libro sui Democratici svedesi, il partito di estrema destra (sì, un nome poco azzeccato) che allora vantavano numeri da prefisso telefonico e oggi sono la terza forza del Paese. Chi sono i loro elettori? "Prima erano solo voti rurali, oggi c'è un po' di tutto, specialmente disoccupati secondo cui lo Stato spende troppo per i migranti, ma pure razzisti e lunatics... Sa che Jakob lavorava per loro?". Cosa penserebbe oggi Larsson del loro successo, che peraltro profetizzò? "Si chiederebbe che cosa hanno sbagliato gli altri partiti. Dopo aver spalancato le porte ai profughi, non hanno saputo gestirli, e sono stati contraddittori. Così i Democratici, invece di essere al 10 per cento, sono al 18".
E cosa ne è oggi di Olof Palme? "Purtroppo viene lentamente dimenticato" risponde Stocklassa mentre ci conduce sui luoghi dell'omicidio, dal Grand Cinema da cui uscì quella sera con la moglie (che rimase solo ferita) fino all'incrocio in cui gli spararono: "Si ricorda il suo impegno per la pace e il Terzo mondo. Ma per il resto divide. Era socialista, pro-immigrazione, antirazzista, insomma l'opposto dei Democratici" (un rappresentante di questo partito a gennaio è stato espulso per aver scritto, con riferimento al tossicodipendente inizialmente condannato per l'omicidio Palme: 'Christer Pettersson, dove sei quando la Svezia ha bisogno di te?'). Figlio dell'alta borghesia, era considerato elitario e arrogante, anche all'interno del suo partito: "Sapeva di avere un quoziente intellettivo altissimo, e spesso mentiva. Nessun politico qui è stato mai odiato come lui".
Oggi Stocklassa è ossessionato dal caso Palme, come ad alcuni succede con JFK o Aldo Moro? "Non più. Sto già indagando su un'altra cospirazione". Se Stieg fosse vivo, cosa gli direbbe? "'Grazie'. Poi gli chiederei se ho fatto un buon lavoro". E lui? "'Non avrei saputo fare di megliò risponderebbe ironico". Stocklassa ha scritto che risolvere il case Palme aiuterà la Svezia a essere un Paese migliore. Ovvero? "Vedremo tutti i nostri errori".

Lisbeth Salander a Praga
Prima di congedarci sulla tomba di Palme, confessiamo che c'è un passaggio del suo libro che non ci ha convinti. Quando tra gli amici di Facebook di Jakob individua una bellissima ragazza ceca, Lída. La contatta, va a trovarla a Praga e la convince a incontrare il presunto killer. Lída, che fa hackerare le email tra Jakob e Wedin, seduce il primo e gli fa quasi confessare l'omicidio. E noi dovremmo credere che questa specie di eroina larssoniana, questa Lisbeth Salander, esiste? "Certo" risponde, "ora è la mia compagna". Davvero? "Sì" e gli si spalanca un sorriso. Da un divorzio all'amore ceco. Signori della corte, il caso è chiuso. Almeno quello di Jan Stocklassa.

Il Venerdì di “Repubvblica”, 31 maggio 2019

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