Jan
Stocklassa davanti al cinema di Stoccolma da cui Palme uscì prima di
essere colpito a morte il 28 febbraio 1986
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STOCCOLMA. L'ex
diplomatico svedese che mi sta seduto di fronte dice di aver
scoperto, 33 anni dopo, chi ha ucciso Olof Palme, il premier
socialdemocratico cui spararono per strada, il 28 febbraio 1986,
mentre tornava a casa da un cinema. Jan Stocklassa avrebbe così
svelato uno dei più grandi misteri della recente storia europea,
l'unico giallo irrisolto nel Paese dei gialli. E il merito sarebbe
del suo divorzio. E di Stieg Larsson, l'autore di Uomini che
odiano le donne, morto nel 2004.
Direte: non è che questo
Stocklassa è uscito pazzo nel suo viaggio al termine della
Palmologia? Pare di no, a leggere le 500 pagine in cui ha raccontato
la sua spericolata indagine durata otto anni - da Londra a Praga, da
Cipro al Sudafrica - e le cui conclusioni stanno ora ispirando la
polizia svedese, ancora a caccia dei colpevoli e del movente per
l'omicidio di Palme, premier per undici anni, per decenni simbolo
della socialdemocrazia scandinava e della Svezia stessa, più di
Björn Borg e degli Abba. È un libro d'inchiesta che si legge a
tratti come un thriller o come un'opera di new journalism e
che, tradotto in 26 lingue, adesso arriva in Italia pubblicato da
Rizzoli, con il titolo L'uomo che scherzava col fuoco. L'ultima
inchiesta di Stieg Larsson.
Stieg e Jan
indagano
Partiamo dal divorzio.
Stocklassa, 54 anni, già consigliere dell'ambasciata a Praga, poi
scrittore e pure imprenditore dei software delle lotterie (ebbene
sì), nel 2012 è travolto dalla separazione da sua moglie e cerca
"l'appuntamento con una vita diversa". "Senza quella
crisi, non avrei intrapreso quest'avventura. Avevo più tempo a
disposizione e potevo prendermi qualche rischio in più" ricorda
nel suo ufficio dietro lo splendido Vasaparken in fiore. Quasi per
caso scopre che il giallista Stieg Larsson, che da giornalista si era
dedicato alla lotta contro l'estrema destra, teneva un archivio
segreto e dimenticato.
Grazie al direttore di
Expo, la rivista fondata da Stieg, ottiene l'accesso esclusivo ai
venti scatoloni: ritagli, analisi condotte con l'aiuto di fonti
privilegiate, un mondo di spie, hacker e morti in quantità, come nei
suoi romanzi. Un tesoro da cui fa capolino un'ossessione, l'omicidio
Palme, su cui Stieg aveva a lungo indagato, giungendo a questa
conclusione: fu ucciso dai servizi segreti del Sudafrica, che si
servirono di estremisti di destra svedesi tramite l'intermediario
Bertil Wedin, agente in congedo che aveva collaborato con i
sudafricani ed era entrato in loschi affari con la spia di Pretoria
Craig Williamson. Il motivo? Palme finanziava l'Anc di Mandela e
aveva avviato una dura campagna contro l'apartheid e i trafficanti
d'armi in affari con quel regime. E i neofascisti, beh, odiavano il
socialista Palme, che "vendeva il Paese all'Urss".
Stocklassa ha proseguito
sulla pista di Stieg, peraltro apertamente sostenuta nel 1996 anche
da due agenti sudafricani, che puntarono il dito contro Wedin e
Williamson. Ha rischiato la vita per stanare Wedin dalla sua casa
nella Cipro turca e lo ha intervistato sotto mentite spoglie per
diversi giorni (nota bene: la polizia invece non è mai riuscita a
interrogarlo). Ha incontrato la spia Williamson, assassino
conclamato. Ha verificato che era falso l'alibi di uno dei
sospettati. E avrebbe trovato l'anello mancante della teoria di
Stieg, ovvero Jakob Thedelin (nome finto, per proteggerne la
privacy), estremista di destra che potrebbe essere il Lee Harvey
Oswald di questa storia e che Jan ha messo alle corde grazie a una
rocambolesca honey trap di cui diremo alla fine. Tutto questo magma è
finito nel suo libro, insieme a trenta pagine di appunti di Stieg,
cento interviste e pure delle mail hackerate.
Nel gran complotto, che
ruolo ha avuto la polizia? Il suo fallimento è frutto solo
dell'incompetenza? "Perlopiù sì. Qui va applicato il 'rasoio
di Hanlon': 'Non attribuire mai a malafede quel che si può
ragionevolmente spiegare con la stupidità'. Sono andati fuori strada
accusando il Pkk, e poi hanno virato pure sul lupo solitario".
Oggi, invece, l'omicida verrebbe subito preso? "Oh, sì,
immediatamente. I passanti fotograferebbero tutto e si farebbero i
selfie con il killer in fuga. Instagram avrebbe già risolto il caso
Palme".
Adesso però la polizia
sembra aver sposato le tesi di Stocklassa e Stieg. "È stato lo
stesso capo del team-Palme a dirmi che sono interessati alla catena
Sudafrica-Wedin-Thedelin. E so che figure legate ai servizi del
Sudafrica sono venute a Stoccolma per parlare del caso. La polizia ha
voluto leggere il mio libro prima della pubblicazione, ci siamo
incontrati otto volte". Insomma, forse ci siamo: "Solo in 5
lavorano al caso, e tutti part-time. Ma in un anno o due si può
arrivare ai colpevoli. La polizia ne sa più di me sui misteriosi
uomini che quella sera comunicavano con i walkie-talkie".
E proprio intorno a un walkie-talkie gira l'ultimissimo colpo
di scena. Lo ritrovarono dei ragazzi nei giorni successivi al
crimine, e lo regalarono a un bambino per il suo compleanno. Ebbene,
ora Stocklassa ha ricostruito tutti i passaggi e l'ha fatto
consegnare alla polizia, che potrebbe ancora individuare il dna di
chi lo usò quella sera.
Wedin e Jakob, invece,
non devono essere entusiasti del libro: "L'ho spedito al primo e
so che temeva fosse avvelenato. Pensano che io sia stato mandato dal
diavolo e che lavori per il Kgb, che però non esiste più. Wedin si
è difeso su Contra (rivista di destra che al tempo vendeva
bersagli per freccette con al centro la caricatura di Palme, ndr) e
ha intimato a Jakob di star zitto".
Il vicerè delle
Seychelles
Nell'archivio di Stieg
che Stocklassa ci lascia sfogliare notiamo cartelline dai nomi
familiari, tra cui quella titolata "Delle Chiaie". Nella
mappatura dell'estrema destra europea, l'autore della trilogia
Millennium teneva d'occhio anche i neofascisti italiani. Nei
suoi appunti troviamo citati Licio Gelli, Pino Rauti e generali vari.
C'è un fascicolo pure sulla Lega Nord, ma contiene solo ritagli di
giornale.
"Stieg, che contava
su fonti importanti, aveva alla fine stralciato nomi come quelli di
Stefano Delle Chiaie e Roberto Fiore, comparsi sul suo radar dopo
alcune segnalazioni su una loro presunta implicazione nel caso Palme.
Penso fossero false piste, ma non è escluso che i neofascisti
italiani avessero informazioni sull'omicidio" commenta
Stocklassa, secondo cui molto più interessante per l'inchiesta
potrebbe essere un altro italiano, Giovanni Mario Ricci, per decenni
ritenuto una sorta di vicepresidente delle Seychelles, poi molto
chiacchierato per dei traffici con il Sudafrica. "Con la società
Gmr (acronimo di Ricci), lui e Williamson commerciavano con l'Iran
durante le sanzioni" dice Stocklassa, che racconta di quando
l'italiano, in spiaggia, si congedò così, con le mani sporche di
sangue di squalo, da un diplomatico americano che lasciava le
Seychelles: "Che lei se ne vada è una buona notizia per me, ma
soprattutto per lei".
Quanto a Larsson e alla
sua passione per il dark side svedese, pochi sanno che, da
giornalista, scrisse un libro sui Democratici svedesi, il
partito di estrema destra (sì, un nome poco azzeccato) che allora
vantavano numeri da prefisso telefonico e oggi sono la terza forza
del Paese. Chi sono i loro elettori? "Prima erano solo voti
rurali, oggi c'è un po' di tutto, specialmente disoccupati secondo
cui lo Stato spende troppo per i migranti, ma pure razzisti e
lunatics... Sa che Jakob lavorava per loro?". Cosa penserebbe
oggi Larsson del loro successo, che peraltro profetizzò? "Si
chiederebbe che cosa hanno sbagliato gli altri partiti. Dopo aver
spalancato le porte ai profughi, non hanno saputo gestirli, e sono
stati contraddittori. Così i Democratici, invece di essere al 10 per
cento, sono al 18".
E cosa ne è oggi di Olof
Palme? "Purtroppo viene lentamente dimenticato" risponde
Stocklassa mentre ci conduce sui luoghi dell'omicidio, dal Grand
Cinema da cui uscì quella sera con la moglie (che rimase solo
ferita) fino all'incrocio in cui gli spararono: "Si ricorda il
suo impegno per la pace e il Terzo mondo. Ma per il resto divide. Era
socialista, pro-immigrazione, antirazzista, insomma l'opposto dei
Democratici" (un rappresentante di questo partito a gennaio è
stato espulso per aver scritto, con riferimento al tossicodipendente
inizialmente condannato per l'omicidio Palme: 'Christer Pettersson,
dove sei quando la Svezia ha bisogno di te?'). Figlio dell'alta
borghesia, era considerato elitario e arrogante, anche all'interno
del suo partito: "Sapeva di avere un quoziente intellettivo
altissimo, e spesso mentiva. Nessun politico qui è stato mai odiato
come lui".
Oggi Stocklassa è
ossessionato dal caso Palme, come ad alcuni succede con JFK o Aldo
Moro? "Non più. Sto già indagando su un'altra cospirazione".
Se Stieg fosse vivo, cosa gli direbbe? "'Grazie'. Poi gli
chiederei se ho fatto un buon lavoro". E lui? "'Non avrei
saputo fare di megliò risponderebbe ironico". Stocklassa ha
scritto che risolvere il case Palme aiuterà la Svezia a essere un
Paese migliore. Ovvero? "Vedremo tutti i nostri errori".
Lisbeth Salander a
Praga
Prima di congedarci sulla
tomba di Palme, confessiamo che c'è un passaggio del suo libro che
non ci ha convinti. Quando tra gli amici di Facebook di Jakob
individua una bellissima ragazza ceca, Lída. La contatta, va a
trovarla a Praga e la convince a incontrare il presunto killer. Lída,
che fa hackerare le email tra Jakob e Wedin, seduce il primo e gli fa
quasi confessare l'omicidio. E noi dovremmo credere che questa specie
di eroina larssoniana, questa Lisbeth Salander, esiste? "Certo"
risponde, "ora è la mia compagna". Davvero? "Sì"
e gli si spalanca un sorriso. Da un divorzio all'amore ceco. Signori
della corte, il caso è chiuso. Almeno quello di Jan Stocklassa.
Il Venerdì di
“Repubvblica”, 31 maggio 2019
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