Franco Battiato sostiene
di conoscere «dal taglio della bocca/ se sei disposto all’odio o
all’indulgenza/ nel tratto del tuo naso/ se sei orgoglioso fiero
oppure vile/ i drammi del tuo cuore li leggo nelle mani/ nelle loro
falangi dispendio o tirchieria» e, addirittura, «da come ridi e
siedi/ so come fai l’amore». All’artista va concessa ovviamente
ogni licenza poetica stante la bellissima melodia di Fisiognomica
(1988) basata su un’idea tanto semplicistica quanto affascinante.
È Aristotele per primo a
scrivere di fisiognomica e a correlare tratti della personalità a
caratteri anatomici anche riferendosi all’indole di vari animali,
idea poi ripresa nei bellissimi bestiari medievali. Le illustrazioni
ottocentesche dei volti in preda alle emozioni più diverse (paura,
collera, ira, disperazione, gioia) trovano una base pseudoscientifica
nella moderna frenologia che sostiene come le funzioni psichiche
dipendano da particolari regioni del cervello. Verrà poi Cesare
Lombroso (1835-1909) a fondare la moderna antropologia criminale,
antesignana dei sistemi di identificazione personale, morfologia
molecolare, così come li vediamo al cinema e in televisione con i
Ris al lavoro sulla scena del crimine, i dermatoglifi e i saggi di
identificazione basati sul Dna.
Tra i maggiori esponenti
del positivismo scientifico, Lombroso fu influenzato dal darwinismo
sociale (fu un attento sostenitore di Darwin in Italia) e dalla
fisiognomica, sostenendo che i caratteri somatici determinano le
caratteristiche della personalità e i comportamenti. L’analisi dei
sogni, delle manifestazioni di pazzia e delle manie di persecuzione
che scaturiscono dal suo studio dell’autobiografia del genio pavese
Gerolamo Cardano anticipano importanti osservazioni che saranno poi
riprese da Sigmund Freud e Carl Gustav Jung.
Per Lombroso casi
conclamati di pazzia sono quelli di Torquato Tasso, André Marie
Ampère, Immanuel Kant e Ludwig van Beethoven e tra i pazzi (da buon
ateo) ritiene vi sia un’abbondanza di fondatori di religioni e
leader spirituali (Martin Lutero, Girolamo Savonarola e Giovanna
d’Arco).
Dalle osservazioni sulle
caratteristiche fisiche degli internati nei manicomi Lombroso deduce
che esista un legame tra genio e follia. I titoli di alcuni lavori
meritano di essere ricordati: La ruga del cretino e l’anomalia
del cuoio capelluto; L’origine del bacio; Perché i
preti si vestono da donne; Dante epilettico. Dalla lettura
e studio di Dostoevskij, in particolare de L’idiota, trova
conferma alle sue ipotesi che le manifestazioni di genio e pazzia
sono dovute a stati di epilessia. Scrive così opere di rilievo
internazionale quali Genio e follia e Genio e
degenerazione, dove analizza i risvolti caratteriali di Francesco
Petrarca, Cristoforo Colombo, Alessandro Manzoni e Lev Tolstoj.
L’analisi delle
caratteristiche fisiche associate ai comportamenti lo porterà a
sostenere che tra i geni predominano cervelli di volume superiore
alla media e con deformità, come la presenza di suture anormali nel
cranio di Alessandro Volta; inoltre l’aspetto fisico generale del
genio è caratterizzato da pallore, magrezza o obesità e rachitismo.
Dalla dissezione autoptica dei cadaveri di Giuseppe Villella (un
«brigante») e di Vincenzo Verzeni (un serial killer, il «vampiro
della bergamasca»), Lombroso trae la definitiva conferma del nesso
tra caratteristica somatica (una marcata anomalia della struttura
cranica, la «fossetta occipitale mediana») e comportamento
socialmente deviante.
È sulla scia delle idee
di questo grande scienziato che ancora si svolgono ricerche volte a
predire, prevedere, pronosticare, anticipare qualsivoglia tratto
della personalità (capacità di studio, dipendenze affettive,
dall’alcool o dai videogiochi, aggressività, orientamento
sessuale, psicopatologie di varia natura, eccetera) e anche della
salute (rischio cardiocircolatorio, deposizione di grasso sui fianchi
dipendenze farmacologiche, e così via) misurando tratti somatici, il
più frequente dei quali risulta oggi essere la proporzione tra la
lunghezza del secondo (indice) e quella del quarto (anulare) dito, il
«mitico» rapporto 2D:4D. Ben più d 1.400 lavori pubblicati negli
ultimi vent'anni dove il rapporto 2D:4D viene legato a
caratteristiche della personalità, rischi di svariate malattie,
cancro e addirittura sclerosi laterale amiotrofica per non dire di
ben altri attributi maschili!
A rinnovare l’interesse
per gli studi lombrosiani è il lavoro di John Manning, biologo
evoluzionista dell’università gallese di Swansea che dimostra
l’esistenza di un dimorfismo sessuale del rapporto 2D:4D tra maschi
e femmine; nei maschi il rapporto tende a essere inferiore (il quarto
dito risulta più spesso più lungo del secondo) rispetto a quello
delle femmine, correlando con più alti livelli di testosterone: dal
che è breve il passo nel sostenere il potere predittivo del rapporto
2D:4D come indice dell’esposizione in utero non solo al
testosterone ma anche ad altri ormoni, in particolare a quelli legati
allo sviluppo embrionale del cervello con l’idea, mai dimostrata,
di un «cervello maschile» contro uno «femminile».
Il fascino dell’idea
semplicistica di poter conoscere tratti complessi della personalità
da elementari misure del corpo di chi abbiamo dinnanzi risiede
probabilmente nel bisogno psichico di essere tranquillizzati, di
conoscere davvero profondamente chi incontriamo nel corso della
nostra vita. Basta fare una prova per rendersene conto, basta anche
solo parlare del rapporto 2D:4D e vedrete che chi vi sta ascoltando
immediatamente proverà a guardare la propria mano se non addirittura
a misurare il 2D:4D.
È stato usato di tutto
per misurare la lunghezza delle dita, righello, calibro,
fotocopiatrice, radiografo con indagini coinvolgenti sino a 240 mila
partecipanti (della Bbc) trovando solo differenze irrisorie: 0,984
per i maschi contro 0,994 per le femmine, con grande variabilità
della distribuzione delle misure (soprattutto in base all’origine
geografica dei partecipanti). Un esame critico dei dati rivela che
non è ragionevole legare alcun valore del rapporto 2D:4D ad alcun
tratto somatico o psichico; i detrattori sostengono che questi dati
sono legati a «credenze paranormali e superstiziose» e che
quest’area di ricerca è solo zeppa di risultati e conclusioni
irriproducibili.
L’unico dato che pare
resistere alle critiche è quello del legame tra esposizione ad alti
livelli di androgeni nel corso dello sviluppo embrionale di una
femmina e il successivo orientamento sessuale omofilo. Famoso il
lavoro di Marc Breedlove (University of California, Berkeley, Usa)
svolto agli inizi degli anni 2000 nel corso di feste ed esibizioni
nella Baia di San Francisco. Qui i ricercatori fotocopiarono le mani
degli intervistati chiedendo informazioni sul loro orientamento
sessuale. Non risultò nulla di significativo per i maschi omo o
eterosessuali mentre le femmine che si dichiararono omosessuali
presentavano un rapporto 2D:4D «mascolino»: l’ovvia conclusione
fu di ritenere che l’esposizione prenatale agli ormoni sessuali
maschili influenza, nelle femmine, la scelta sessuale da adulte.
Questo risultato è però contraddetto dai risultati dell’indagine
svolta proprio da Manning con l’aiuto della Bbc dove le conclusioni
sono esattamente opposte, l’esposizione al testosterone a livello
embrio-fetale influenza la scelta omosessuale nei maschi.
Manning va ben oltre
questa conclusione suggerendo addirittura che un minore rapporto
2D:4D è utile per diagnosticare il successo nelle prestazioni
sportive (maratona, rugby, sci, basket, calao) e che le squadre
agonistiche dovrebbero usare questo criterio per la scelta dei
giocatori... La controversia continua e i novelli sostenitori di
Lombroso e dà mitico rapporto 2D:4D hanno già pubblicato più di
venti lavori nel 2019.
La Lettura Corriere della
Sera, 30 giugno 2019
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