L’origine, l’evoluzione e la
portata della catastrofica epidemia degli oppioidi negli Usa sono
appena diventate più chiare. Inizia così il lungo articolo di
inchiesta del “Washington Post”, che si basa su centinaia di
migliaia di dati, ottenuti dopo una lunga battaglia legale condotta
dal giornale, e resi per la prima volta disponibili la settimana
scorsa.
Il quadro che ne esce è desolante e
può essere riassunto così: l’industria farmaceutica - dai
produttori, ai distributori ai rivenditori - ha trovato profitto
nell’inondare di antidolorifici alcune delle comunità più
vulnerabili d’America. Medici e agenzie governative non sono
riusciti a prendere contromisure adeguate, neanche quando diventò
chiaro che queste pillole creavano dipendenza e molte finivano
spacciate per le strade. Il flusso di oppioidi si è riversato
soprattutto nelle zone industriali e di frontiera, dove l’economia
si basa sui lavori pesanti, portando molti a cercare il conforto
degli antidolorifici. Dal 1996 sono oltre 200 mila i morti a causa di
overdose per questi farmaci.
I dati ottenuti dal “Post” mostrano
una tendenza nella distribuzione di oppioidi che non può passare
come un trattamento medico ragionevole: l’epidemia non è mai stata
un fenomeno oscuro, era in piena vista. Semplicemente, secondo il
giornale, qualcuno non poteva o non voleva fermarla. Dal 2006 al 2012
(il periodo cui si riferiscono i dati) il numero di pillole
consegnate è schizzato da 8,4 a 12,6 miliardi, senza alcuna
gradualità. La legge impone alle industrie di autoregolarsi e di
riferire su eventuali ordinativi sospetti, ma molte non si sono
adeguate: una di queste aziende per esempio, la Teva, dal 2013 al
2016 ha riportato solo 6 ordini sospetti su 600 mila. Il problema è
che anche quando la legge rileva queste anomalie, le sanzioni sono
ampiamente alla portata: nel 2017 uno dei più grandi distributori,
la McKesson, venne multata per 150 milioni di dollari. I suoi ricavi
netti di quell’anno ammontarono a 5 miliardi.
Rassegna “Corriere della sera”, 22
luglio 2019
Nessun commento:
Posta un commento