Fino al 1981 in Brasile
il calcio femminile era vietato. Bisogna partire da qui per capire il
significato della carriera di Marta, 33 anni, attaccante della
nazionale brasiliana e a lungo la più forte giocatrice del mondo. E
soprattutto quello delle parole con cui, dopo la sconfitta contro la
Francia, ha chiuso la sua ultima partita di un Mondiale. Hanno fatto
giustamente il giro del mondo. Solo quattro anni fa uno dei dirigenti
del calcio brasiliano spiegava in tv —racconta Louisa Thomas sul
New Yorker — di essere fiducioso che, nonostante le studentesse
fossero ancora scoraggiate dal giocare e le opportunità
professionali scarse e mal pagate, i tifosi avrebbero imparato ad
amare il calcio femminile, perché «ora le donne stanno diventando
sempre più belle, si truccano» e i pantaloncini sono diventati più
corti. Quest’anno nella partita contro l’Italia Marta aveva in
effetti il rossetto, anche se probabilmente non del tipo che avrebbe
voluto il dirigente brasiliano.
«Il colore viola scuro
rendeva il suo viso spigoloso, intenso e gotico. Internet aveva molte
opinioni su cosa significasse per Marta, per il calcio, per le
atlete, per le donne in generale e per l’umanità» scrive Thomas.
Dopo la partita, durante la quale ha segnato il suo diciassettesimo
gol in cinque Coppe del Mondo, più di qualsiasi uomo o donna, Marta
ha spiegato: «Porto sempre il rossetto. Non quel colore, ma oggi ho
detto: oserò. È il colore del sangue, perché abbiamo dovuto
lasciare il sangue sul campo. Ora lo userò in ogni gioco». Marta è
davvero la donna «più bella di sempre» sul campo —ragiona Thomas
— e questo ovviamente non ha nulla a che fare con il rossetto, ma
con «sessismo quotidiano» e il fatto che «essendo cresciuta
giocando per strada in una piccola città rurale del Brasile, doveva
essere più veloce, più agile e più fantasiosa dei ragazzi che
erano pronti a tutto pur di batterla». Così Marta ha imparato «a
pieno il potenziale del suo corpo, come ogni superficie e angolo
poteva essere usato per raccogliere e controllare la palla. Ha capito
che una testa ferma, i piedi che ballano e le anche che ondeggiano
possono fuorviare un difensore». Ha conquistato un’intimità
assoluta con la palla.
Dopo la partita con la
Francia si è rivolta alle bambine e alle ragazze brasiliane per
lasciare loro la sua eredità morale, e guardando dritta nella
telecamera, le parole scandite dalle labbra rosse, ha detto: «Il
calcio è volere di più, è allenarsi di più. Essere pronte a
giocare novanta minuti e poi altri trenta quando serve. Questo è
quello che chiedo alle ragazze. Non ci sarà una Formiga per sempre.
Non ci sarà una Marta per sempre. Non ci sarà una Cristiane. Il
calcio delle donne dipende da voi per sopravvivere. Il calcio dipende
da voi ragazze».
Rassegna del “Corriere
della sera”, 26 giugno 2019
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