10.7.19

La fortuna di Trieste. Porti franchi, negozianti patrioti e corsari (Giulia Basso)

La proclamazione del porto franco di Trieste. Un quadro di Cesare Dell'Acqua (1821-1905)

Neutralità e commercio sono due temi che a partire dal XVIII secolo, il primo secolo “globale” per aumento del traffico di merci mondiale, iniziarono a viaggiare a braccetto. Fu da allora, l’epoca in cui in Europa il commercio iniziò ad essere considerato uno strumento per la costruzione della potenza dello Stato, che la questione della neutralità iniziò ad assumere rilevanza per terra e per mare. In un panorama in cui le guerre erano all’ordine del giorno e coinvolgevano una molteplicità di attori, servivano strategie che limitassero territorialmente il conflitto e riconoscessero il diritto alla neutralità per alcuni attori. Un diritto che, in particolare negli anni ’70-’80 del Settecento, fece la fortuna, tra gli altri, di Trieste, porto franco dell’Impero Asburgico dal 1719. Al tema “Neutralità e commercio nell’età moderna e contemporanea” è dedicato il convegno iniziato ieri e che prosegue nella mattinata di oggi all’Università di Trieste, nella Sala Cacciaguerrra, in Piazzale Europa. Il convegno si propone di esplorare, attraverso una serie di interventi di storici e storici dell’economia, che saranno poi integrati in fase di stesura degli atti da alcuni giuristi, la definizione della neutralità nei suoi legami con la dimensione dei traffici internazionali, in diversi momenti storici. Perché se nel XVIII secolo si registra un aumento esponenziale dei commerci internazionali, così le questioni della neutralità assumono nuova centralità nel Novecento, sia negli anni compresi tra le due guerre mondiali, sia con l'avvio dei processi di globalizzazione.
«Basti pensare al recente caso delle sanzioni alla Russia per il suo intervento in Ucraina: guerre e commerci continuano ad essere strettamente legati e il tema della neutralità ad essere di rilievo», dice il professor Daniele Andreozzi, che insieme alla ricercatrice Giulia Caccamo cura il convegno. Finanziato dal Fondo di ricerca di ateneo 2014 dell'Università di Trieste, il convegno è frutto della collaborazione tra studiosi del dipartimento di Scienze politiche e sociali e il Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale “Alla ricerca del ’negoziante patriota’. Mercantilismi, moralità economiche e mercanti dell'Europa mediterranea” (secoli XVII-XIX), diretto da Biagio Salvemini. E proprio la figura del “negoziante patriota”, insieme a quella del corsaro, è stata tra i protagonisti dell’intervento dello stesso Andreozzi, dal titolo “Strategie neutrali. Stati, commerci e neutralità tra Mediterraneo e Oceani (XVIII secolo). «All’epoca il ruolo del mercante assunse sempre maggiore importanza: divenne patriota perché tramite il commercio poteva contribuire all’arricchimento dello stato e quindi alla felicità e al benessere del suddito», spiega Andreozzi. «Simultaneamente i giuristi andavano ad elaborare leggi su neutralità e politiche mercantili che vennero utilizzate in ogni modo per sfruttare l’aumento dei traffici commerciali. Verso gli anni 70-80 del Settecento le guerre nelle colonie americane cambiarono le rotte dei traffici oceaniche e mediterranee e ciò fece la fortuna del porto di Trieste, le cui navi portavano la bandiera neutrale dell’Impero». Ma la neutralità non era utilizzata solo dagli stati neutrali. Attorno al vessillo della neutralità si giocarono molte falsificazioni: molti carichi appartenenti a stati in guerra si coprivano con bandiera neutrale e documenti di viaggio falsi. D’altro canto, gli stati non neutrali iniziarono ad attribuire le “patenti da corsa”, che consentivano alle navi previo pagamento e sotto determinate regole, di assalire navi mercantili nemiche. Il “corsaro”, da non confondere con il pirata, era dunque una persona al servizio di un governo, cui cedeva parte degli utili.

“Il Piccolo”, 16 dicembre 2016

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