La frittura di pesce
potremo averla sempre, ma quella di paranza fatta di pesciolini e
molluschi, è fuorilegge dal primo giugno. E di questo si è parlato
molto a suo tempo. Meno si sa, invece, che il medesimo provvedimento
comunitario (il cosiddetto Regolamento Mediterraneo) che metteva fine
a questo piatto tipico, introduceva anche una serie di regole molto
restrittive sulla pesca e la commercializzazione di altre specie e
sulla dimensione minima degli individui pescati. Sapevate - per
esempio - che le orate non devono essere più corte di 20 centimetri
dalla bocca fino alla coda? E che le triglie e le sardine piccole
vanno bene, ma non al di sotto degli 11 centimetri? E gli sgombri? 18
centimetri. Quanto alle sogliole almeno 20.
Lo so: state diventando
pazzi, anche perché le specie per le quali l’Unione europea ha
fissato dei limiti dimensionali, al di sotto dei quali siamo
nell’illegalità, sono una trentina e comprendono molte
prelibatezze strettamente connesse con la tradizione culinaria
italiana, un nome per tutti: la tellina.
Per raccapezzarci un
minimo in questa materia, possiamo ora fare riferimento a una mappa
che Federcoo-pesca (aderente a Confcooperative) ha approntato alla
bisogna e che è reperibile sul suo sito.
Intanto la Federazione ci
fa sapere che il Regolamento mediterraneo dell’Unione Europea,
entrato in vigore il primo giugno, è una norma dettata dalla
necessità da una parte di salvaguardare alcune specie a rischio (la
balena, lo squalo, ma anche la tellina, il dattero di mare, il pesce
palla), e dall’altra di regolamentare la pesca in maniera di poter
continuare a pescare. Accadeva, infatti, che il prelievo dal mare di
individui troppo giovani impedisse a questi stessi di riprodursi e di
mantenere attivo il ricambio della specie. Pescare pesci troppo
piccoli - insomma - avrebbe comportato a breve la scomparsa
definitiva di quella specie marina.
Per quanto riguarda i
pescatori - dice Gilberto Ferrari, direttore di Federcoopesca -
dovranno attenersi ad alcune istruzioni. È previsto, per esempio,
l’utilizzo di reti con maglie più larghe che rendono impossibile
la cattura di specie di piccole dimensioni. Devono, inoltre, tenersi
a una distanza dalla costa non inferiore a 1,5 miglia, che diventano
0,3 per le draghe usate per la cattura dei bivalvi che vivono e si
riproducono a pochi metri dalla costa. In questo modo alcune specie
scompariranno dai nostri piatti, ma bisogna considerare l’obiettivo
dichiarato dell’Ue di tutelare le specie a rischio e il nutrimento
dei pesci adulti. Queste misure riguardano circa 1000 pescherecci sui
14 mila attivi in Italia, e cioè quelli dedicati alla pesca sotto
costa. La Guardia Costiera e le Capitanerie sono gli organi preposti
ai controlli, che possono tuttavia essere effettuati anche da altri
corpi di Polizìa e dai Carabinieri.
Per quanto riguarda i
consumatori, l’associazione degli operatori della pesca mette in
guardia sul fatto che oltre a un pescato di dimensioni proibite,
circolano nelle pescherie anche specie di minor valore
commercializzate per pregiate. Il riferimento è alla platessa
spacciata per sogliola, al persico africano per pesce persico, al
novellarne di sardine (bianchetto) per pesce ghiaccio Neosalanx, al
pesce topo per merluzzo e della vongola comune per vongola verace.
Non si può comprare il pesce a cuor leggero. Meno che mai il tonno,
considerando come lo pescano e le stragi che ne fanno.
La Stampa, 22 agosto 2010
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