Una rara foto del gabinetto Parri (1945). Da sinistra Ferruccio Parri, Manlio Brosio, Palmiro Togliatti, Alcide De Gasperi. |
Nel
domenicale del “Sole 24 Ore” c'è di regola una rubrica del
direttore, Roberto Napoletano, dal titolo Memorandum,
generalmente dedicata a pagine della storia italiana dell'ultimo
secolo. Il “memorandum” del 13 dicembre 2015 nasce da una lettera del
lettore Lorenzo Catania che ricorda la caduta 70 anni fa, per la
precisione il 24 novembre 1945, del governo presieduto da Ferruccio
Parri. Parri, nome di battaglia Maurizio, azionista, che era stato nel
C.L.N.A.I. alla testa della Resistenza armata, nel Corpo Volontari della Libertà.
Il suo governo, che seguiva quello del notabile prefascista Bonomi, era il frutto del “vento del Nord”, della Resistenza e dell'ampia partecipazione popolare ad essa. La scelta dell'esponente di un partito nuovo, presumibilmente minore, il Partito d'Azione, come capo del governo, da una parte rispondeva a un'esigenza di equilibrio tra i maggiori partiti, la Dc, il Psiup, il Pci, dall'altra premiava la forza politica che più fortemente si identificava con l'esigenza di costruire una Italia nuova, autenticamente democratica, assai lontana dal conservatorismo, dai privilegi e dai trasformismi del liberalismo prefascista.
Il suo governo, che seguiva quello del notabile prefascista Bonomi, era il frutto del “vento del Nord”, della Resistenza e dell'ampia partecipazione popolare ad essa. La scelta dell'esponente di un partito nuovo, presumibilmente minore, il Partito d'Azione, come capo del governo, da una parte rispondeva a un'esigenza di equilibrio tra i maggiori partiti, la Dc, il Psiup, il Pci, dall'altra premiava la forza politica che più fortemente si identificava con l'esigenza di costruire una Italia nuova, autenticamente democratica, assai lontana dal conservatorismo, dai privilegi e dai trasformismi del liberalismo prefascista.
Catania
lamenta come il nome di Parri, degno di figurare accanto a quelli,
per esempio, di De Gasperi e Di Vittorio tra i padri della
Repubblica, sia spesso trascurato o messo in secondo piano, e
aggiunge alla lettera una breve memoria su questa figura di
combattente. Egli scrive tra l'altro che “quando la società è
ridotta, come oggi, a consumo di merci, gli uomini sottomessi a
questa logica che cancella la natura e la volontà, come ciechi
brancolano nel vuoto dei valori” e aggiunge che “in Italia si
coltiva poco la memoria”. In particolare si rammarica del fatto che
la caduta di Parri nei manuali di storia diffusi nelle
scuole venga “liquidata con brevi parole ellittiche e
convenzionali che spiegano ben poco”, mentre in verità la breve
esperienza del Governo Parri (21 giugno - 24 novembre 1945)
rappresenta “un evento significativo, dopo il quale l’Italia si
ripiega su se stessa a leccarsi le proprie ferite, mentre la
corruzione, il parassitismo e gli intrighi si diffondono e
impediscono al Bel Paese di migliorare il suo costume etico-civile”.
La
risposta di Napoletano rifiuta nettamente questa lettura: “Non è
vero che dopo la caduta del Governo Parri arrivano corruzione e
parassitismo, ma piuttosto il centrismo degasperiano, orgoglio,
riscatto, il gusto profondo della fatica che condussero l’Italia
fuori dalle secche della crisi e posero le basi del miracolo
economico”.
Riconosce
tuttavia che un uomo come Ferruccio Parri appartiene alla storia più
nobile di questo Paese, sottolinea la sua appartenenza ai “Grandi
del dopoguerra” ed afferma che “molte delle sue intuizioni
rimaste inascoltate, si sono rivelate profetiche alla prova dei
fatti”. Cita un esempio: “A qualcuno appare bizzarra l’ossessione
della priorità alla lotta senza quartiere alla mafia negli anni
della Ricostruzione quando il primo obiettivo per tutti era quello di
ridare un tetto e un lavoro agli italiani, ma con il senno del poi
facendo i conti su quanto incide ancora oggi la criminalità
organizzata nella vita civile e nell’economia del Paese e su come
persista un germe malavitoso-corruttivo diffuso in territori sempre
più estesi, ci si rende conto che continuiamo a pagare proprio
l’assenza di quello sguardo lungo”.
Forse
si dovrebbe aggiungere che, dopo i 150 giorni di Parri, la Democrazia
cristiana di De Gasperi e i suoi governi, scegliendo come asse
l'alleanza occidentale e come funzione quella di diga contro il
socialcomunismo, cambiano politica nei confronti della mafia. Alla
lotta frontale si sostituisce una vera e propria apertura verso gli
“uomini d'onore” della Sicilia: se fino ad allora i Vizzini, i Genco Russo, i
Gioia, i Volpe si erano orientati verso il separatismo, proprio sotto
i primi governi De Gasperi si compie l'ingresso in massa degli
“uomini d'onore” e delle loro famiglie nella Democrazia
cristiana.
I risultati in Sicilia saranno pessimi: negli anni di De Gasperi il movimento operaio e contadino, la Cgil, il partito comunista e il partito socialista subiscono una vera e propria falcidie. Il peggio del prefascismo e del fascismo cooperano in quest'azione. Da una parte i mafiosi, anche quelli che il fascismo aveva condannato e costretto all'inazione, che minacciano, intimidiscono, colpiscono, uccidono soprattutto il dirigenti sindacali, dall'altra i magistrati che avevano fatto carriera sotto il fascismo i quali servivano il governo democristiano con lo stesso spirito con cui avevano servito il precedente regime, assolvendo sistematicamente gli autori degli omicidi politico-mafiosi e mandando in galera i dirigenti sindacali della sinistra per reati politici.
I risultati in Sicilia saranno pessimi: negli anni di De Gasperi il movimento operaio e contadino, la Cgil, il partito comunista e il partito socialista subiscono una vera e propria falcidie. Il peggio del prefascismo e del fascismo cooperano in quest'azione. Da una parte i mafiosi, anche quelli che il fascismo aveva condannato e costretto all'inazione, che minacciano, intimidiscono, colpiscono, uccidono soprattutto il dirigenti sindacali, dall'altra i magistrati che avevano fatto carriera sotto il fascismo i quali servivano il governo democristiano con lo stesso spirito con cui avevano servito il precedente regime, assolvendo sistematicamente gli autori degli omicidi politico-mafiosi e mandando in galera i dirigenti sindacali della sinistra per reati politici.
Napoletano
rievoca l'amareza di Parri, ormai più che ottantenne, molti anni
dopo la stagione della Ricostruzione, in una intervisa rilasciata a
Corrado Stajano che gli chiedeva quale fosse stata la sua delusione
più profonda: «Mah, il popolo italiano, ecco. È la cosa che mi
pesa di più. Man mano che mi sono fatto una conoscenza più profonda
del popolo italiano, ho toccato i suoi aspetti di scarsa educazione
civile e politica. Mi riferisco alla parte prevalente del Paese, non
a tutto il Paese. Questo rafforzarsi costante del mio pessimismo,
questa constatazione progressiva della non rispondenza della maggior
parte del popolo è una delusione forte per uno che ha sempre
ritenuto e ritiene di dover fare qualcosa per la vita pubblica».
Pessimismo
giustificato, ma la “riforma intellettuale e civile dell'Italia”
che avrebbe dovuto accompagnare la nascita della Repubblica e che, invece, non si
verificò, ha tra i suoi assassini De Gasperi e il centrismo
democristiano. La scelta di tollerare mafia, illegalismo,
clientelismo, forchettonismo, doppie verità, opportunismo, pur di
fermare il comunismo ateo, fu anche di De Gasperi e segnò
profondamente l'Italia democristiana.
Per
capire bisogna nello stesso tempo ricordare Parri e rileggere
Sciascia, il grande fustigatore della menzogna e della corruttela
democristiana, senza dimenticare che sia Parri che Sciascia, pur tra dubbi e incertezze, negli anni 60 e 70 videro
nel Pci, nel popolo comunista, l'unica forza in grado, per pulizia e
moralità, di realizzare quella grande riforma dello spirito pubblico
che ritenevano necessaria in Italia.
Qualcosa mi dice (ma è una ipotesi tutta da verificare, per carità!) che le velleità di un Togliatti o, più tardi, di un Berlinguer, di staccare la Dc buona da quella cattiva o, addirittura, di favorire l'autoriforma dell'intera Dc, si infransero nella capacità di corrompere e assimilare gli avversari del partito fondato da De Gasperi.
Alla fine del gioco fu la Dc a cambiare il Pci e non viceversa. Vi ricordate Andreotti? Allora, mentre ci siete, ricordatevi che egli fu per diverso tempo il sottosegretario di De Gasperi, una specie di delfino dello statista trentino.
Qualcosa mi dice (ma è una ipotesi tutta da verificare, per carità!) che le velleità di un Togliatti o, più tardi, di un Berlinguer, di staccare la Dc buona da quella cattiva o, addirittura, di favorire l'autoriforma dell'intera Dc, si infransero nella capacità di corrompere e assimilare gli avversari del partito fondato da De Gasperi.
Alla fine del gioco fu la Dc a cambiare il Pci e non viceversa. Vi ricordate Andreotti? Allora, mentre ci siete, ricordatevi che egli fu per diverso tempo il sottosegretario di De Gasperi, una specie di delfino dello statista trentino.
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