Detesta giudici,
Tribunali e Corti d’Assise. Ha una personalissima concezione del
principio che la legge è uguale per tutti. Si considera detentore di
un posto speciale nella fattoria degli animali; se per investitura
divina, per il nome che porta, per la carica eccellente che una volta
ha ricoperto, per il totale delle cariche istituzionali e politiche
che per oltre mezzo secolo ha ricoperto e continua a ricoprire, per
la pesantezza dei segreti che custodisce, questo nessuno di noi
comuni mortali è in grado di spiegarlo. E’ così, e basta.
Impossibile spiegarlo. Meglio: è proibito persino domandarselo.
Fatto sta che da una
parte ci sono sessanta milioni di italiani che hanno tutti i medesimi
obblighi di legge; e dall’altra c’è lui, l’eterno Re Giorgio,
l’Uomo che si è incarnato in una Funzione, quella del Reticente di
Rispetto, il Padre Nobile di tutti i Padri Nobili, il Gran
Burattinaio dalle cui tasche senza fondo sono saltati fuori ben tre
premier in barba ai pronunciamenti elettorali, il Motore che può
innescare a piacimento i pronunciamenti a lui più graditi, persino
quelli dell’Alta Corte. E’ così, e basta. Ne abbiamo preso atto
da tempo.
Una volta l’avvocato
americano del boss mafioso Gaetano Badalamenti, a proposito degli
Stati Uniti disse che tre cose erano indiscutibili: che Dio esiste,
che si pagano le tasse, che Badalamenti non si sarebbe mai pentito.
Ecco, in Italia, le tre cose indiscutibili potrebbero essere queste:
che i presidenti del consiglio non vengono eletti dal popolo, che gli
evasori non pagano le tasse, e che Giorgio Napolitano fa come gli
pare.
Ci chiederete perché ne
scriviamo. Perché, di fronte a una verità così inconfutabile, non
ci rassegniamo, continuando a provare un’ indignazione che a molti
può apparire ridicola.
Sapete perché lo
facciamo? Ne scriviamo solo perché gli altri non ne hanno scritto e
si guardano bene dallo scriverne. Spieghiamoci meglio.
Che ci sarebbe di male se
i grandi Opinionisti della carta stampata, i Cuor di Leone dal tenace
concetto che quotidianamente ci spiegano il mondo, ci sottopongono il
menù del giorno dispensandoci idee e regole comportamentali, leggono
per noi le grandi tragedie del pianeta contemporaneo, mettendoci in
guardia o rassicurandoci sull’imminente futuro, che ci sarebbe di
male, dicevamo, se scrivessero una buona volta a lettere di fuoco nei
loro editoriali che sì, è giusto, è normale, consono alla
tradizione storica e politica dell’Italia, che l’Uomo Politico
chiamato Giorgio Napolitano può fare come gli pare, infischiandosene
della suddivisione dei poteri? E che non è paragonabile in nulla e
per nulla, non avendone gli stessi doveri, agli altri sessanta
milioni di italiani? Basterebbe dirlo e argomentarlo. Ci
rassegneremmo, in serenità di spirito.
Leggeremmo con avidità
questi commenti. Ascolteremmo con rispetto punti di vista tanto
autorevoli. Capiremmo finalmente perché sbagliamo quando ci
indigniamo, essendo orfani di Grandi Maestri che ci spieghino come
sia diventata legge costituzionale che Giorgio Napolitano può fare
quello che gli pare.
Il fatto è che non scrivono una parola perché si vergognano. Perché non saprebbero da dove cominciare. Ricordate?
Il fatto è che non scrivono una parola perché si vergognano. Perché non saprebbero da dove cominciare. Ricordate?
Come era stato facile,
per gli Opinionisti Cuor di Leone, fare il tifo per Re Giorgio ai
tempi in cui si era scoperto che non aveva avuto alcuna remora a
intrattenersi telefonicamente con l’indagato per la Trattativa
Stato-Mafia, Mancino Nicola. Quante ne avevano dette e scritte. Che i
magistrati della Procura di Palermo si erano resi colpevoli di lesa
maestà intercettando il Capo dello Stato, non passando loro per la
testa che l’intercettato era Mancino. E Eugenio Scalfari su
“Repubblica” si era spinto a scrivere che comunque fosse, giunti
a quel punto, la spina andava staccata, visto che le telefonate erano
indirizzate tanto in alto… Ezio Mauro, il direttore di
“Repubblica”, aveva garbatamente preso le distanze da tanta foga
quirinalizia manifestata dal Fondatore del giornale da lui diretto.
Ma era battaglia mediatica persa in partenza, dal momento che l’Alta
Corte, pronunciandosi a favore dei desiderata di Re Giorgio, aveva
offerto un inoppugnabile pronunciamento per zittire per sempre
giudici forcaioli e giornalisti mestatori. Acqua passata, si capisce.
Ma questa volta, di
fronte alla recente richiesta della Corte d’Assise di
Caltanissetta, che indaga per la quarta volta sulla strage di via
D’Amelio, la decisione di far testimoniare Re Giorgio non scaturiva
da un clima istituzionalmente surriscaldato e non era inficiata in
partenza da telefonate dello scandalo. La corte infatti si era
limitata ad accogliere la richiesta della parte civile, rappresentata
da Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, che chiedeva che l’ex
Capo dello Stato venisse a riferire quello che sa sull’argomento.
Re Giorgio aveva preso
carta e penna per dichiarare che la sua eventuale audizione era da
considerarsi “superflua”. “E’ superflua” ha sottoscritto la
Corte d’Assise.
E non se ne è fatto
nulla.
I grandi Opinionisti Cuor
di Leone, ovviamente, hanno preferito tenersi alla larga dal
fattaccio.
Certo sarebbe divertente
se d’ora in avanti gli avvocati consigliassero ai loro assistiti di
scrivere lettere ai loro giudici naturali per spiegare che anche le
loro testimonianze andrebbero considerate “superflue”.
Ah, dimenticavamo: nella
fattoria degli animali tutti gli animali sono uguali, ma uno solo…
è più uguale degli altri.
Capito il concetto?
“Antimafia Duemila”, 1 Dicembre
2015
Nessun commento:
Posta un commento