16.12.15

Gli emirati si fanno il superdrone da noi (Gabriella Colarusso)

Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi
In novembre, su “pagina 99”, Gabriella Colarusso, oltre a raccontare in termini generali la scalata all'economia italiana dei paesi arabi del petrodollaro (Arabia Saudita, Qatar, Emirati arabi ecc.), esamina un caso specifico, la Piaggio Aerospace, che sta specializzandosi nella costruzione di “droni”, aerei senza pilota. Gli Emirati Arabi sono, secondo gli analisti, uno dei paesi che conservano rapporti sociali di tipo feudale e in cui la sottomissione della donna è feroce, oltre che tra i finanziatori dei jiadisti dell'Isis. Quanti pericoli contenga il controllo di un'azienda produttrice di Droni da parte dei “fondi sovrani” degli Emirati mi pare tema di riflessione e preoccupazione. (S.L.L.)
Superdroni della Piaggio Aerospace
Nel 2013 la Piaggio Aerospace rischiava il fallimento e gli azionisti di Mubadala, il fondo sovrano di Abu Dhabi che oggi controlla il 100% della società, furono accolti come i salvatori. Di fatto, hanno evitato la chiusura dell’azienda, investendo circa un miliardo di euro per rilanciarla. Ma ora dal sovrano è arrivata la richiesta di un maggior impegno italiano per mandare avanti i costosi e delicati programmi aeronautici in cui l’azienda è impegnata. Il bilancio 2015 della società dovrebbe essere chiuso con perdite tra i 38 e i 45 milioni di euro, stando a quanto comunicato ai sindacati a ottobre (rispetto ai 63 milioni del 2014), ma gli emiratini temono un rosso più profondo e la necessità di dover alla fine investire nuovo capitale.
A pesare su Abu Dhabi sono anche considerazioni politico-strategiche. Piaggio lavora a un ambizioso programma militare, lo sviluppo dei droni P.1HH e P.2HH e avere un partner industriale, magari italiano, a sostegno del progetto, significherebbe per gli emiratini la garanzia di portarlo a termine. Il principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed Al Nahyan – che ha anche frequentato l’accademia della Nunziatella a Napoli negli anni ’80 – ne ha parlato nei diversi incontri avuti con Matteo Renzi e con il ministro della Difesa, Roberta Pinotti.
Il governo, secondo quanto risulta a "pagina99", si è impegnato a valutare possibili soluzioni, si parla degli americani di General Electric o degli italiani di Finmeccanica, ma sono ancora solo indiscrezioni. Sul tavolo poi ci sono i finanziamenti pubblici della legge 808. Piaggio ne ha fatto richiesta al ministero dello Sviluppo economico un anno fa, «per un progetto di ricerca e sviluppo che riguarda le tecnologie abilitanti per la realizzazione di 2 velivoli a pilotaggio remoto», proprio il P.1HH e il P.2HH. Dal Mise non è arrivata ancora nessuna risposta.
L’azienda ligure è la prima e unica industria italiana controllata al 100% da un fondo sovrano estero. Produce aerei per il mercato civile e sta lavorando, con il supporto della Difesa, dell’Aeronautica e di Finmeccanica (Selex), al P.1HH, il primo drone di fattura italiana, che servirà per missioni di sorveglianza, intelligence e pattugliamento. Almeno nella prima fase, perché allo studio c’è già una versione più evoluta, il P.2HH, con capacità tecniche superiori e potenzialmente armabile. Un affare in cui si incrociano innovazione tecnologica, interessi strategici e relazioni internazionali. L’ingresso di Mubadala come azionista di maggioranza, infatti, è stato valutato attentamente dal governo e l’ok ai nuovi proprietari, in base al golden power, è arrivato ad alcune condizioni, prima tra tutte «la tutela delle capacità tecnologiche e industriali» dell’azienda. I software e l’intelligenza del drone, sviluppati da Selex, sono così rimasti sotto il controllo dell’Italia.
Il progetto ha un grosso potenziale, perché la sua riuscita darebbe a Roma un vantaggio competitivo nei confronti degli altri Stati europei in un’industria, quella degli Uav (i velivoli a pilotaggio remoto), che sarà centrale nel futuro mercato internazionale della Difesa. Il Male2020, infatti, il drone europeo che l’Italia dovrebbe realizzare insieme con Francia e Germania, è ancora ai nastri di partenza.
L’aeronautica ha fornito a Piaggio le proprie basi per i test di volo e sarà il primo cliente del drone. «Il P.1HH è un velivolo con caratteristiche diverse e più avanzate di quelle che hanno i sistemi già in nostro possesso, come i Predator americani», spiegano dall’Aeronautica militare.
La consegna del primo sistema dovrebbe avvenire all’inizio del 2016, poi bisognerà integrarlo con «i sistemi» già a disposizione delle nostre forze armate, mettere a punto le «procedure per la manutenzione e l’addestramento dei piloti». La scuola di formazione per i piloti, la nostra Holloman, potrebbe sorgere ad Amendola, dove opera il 32esimo stormo, che ha già in dotazione i sistemi Rpv.
Una volta certificati, il P.1HH e, in prospettiva, il P.2HH, saranno pronti per il mercato. Con delle differenze a seconda dei Paesi potenziali acquirenti. L’Italia infatti aderisce al Mtcr (Regime di controllo delle tecnologie missilistiche), l’accordo internazionale siglato nel 1987 per limitare l’esportazione di droni armati, e per vendere aerei senza pilota, armabili, ha bisogno delle licenze di esportazione. All’interno del Mtcr, gli Stati Uniti fanno la parte del leone, per evidenti ragioni tecnologiche, essendo leader di un’industria in cui non hanno interesse a vedere ridimensionata la propria supremazia, e politiche, trattandosi di un mercato che risponde ad alleanze internazionali e a interessi di sicurezza nazionale. Se Abu Dhabi, insomma, volesse acquistare i P.2HH, i nostri droni armabili, sarebbero necessari il lasciapassare Mtcr e l’ok americano. Ci sono già richieste in questo senso da parte dell’Emirato? Tra Difesa e azienda, sul tema, la riservatezza è massima.

Pagina 99we, 21 novembre 2016

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