L’argentino Patricio Pron (Rosario
1975), che vive a Madrid, è considerato dalla critica uno dei più
interessanti fra gli scrittori latinoamericani sotto i quarant’anni.
Uno dei suoi romanzi è stato tradotto in diverse lingue, compreso
l’italiano (Lo spirito dei miei padri si innalza nella pioggia,
Guanda 2013). L'articolo che segue, per “Pagina 99”, commenta
l'uscita di scena di Gabriel Garçia Marquez. (S.L.L.)
Forse ciò che distingue uno scrittore
davvero grande da uno medio o piccolo è soprattutto l’impossibilità
di leggere i suoi testi andando oltre ciò che sappiamo di lui; e se
quello scrittore è Gabriel García Márquez, la cosa diventa
enormemente difficile. Alla figura del premio Nobel colombiano sono
rimaste appiccicate alcune immagini uscite dai suoi libri e altre che
sono estranee a essi, ma che lo seguono insistentemente a causa delle
sue posizioni pubbliche e del suo impegno politico; ancora più
interessante, però, è il fatto singolare che la sua opera sia stata
in qualche modo “sequestrata” da una certa letteratura
commerciale che si è valsa di un tono e di alcuni procedimenti e
materiali che le appartengono per produrre testi inferiori a quelli
del colombiano e agli antipodi della sua visione della letteratura e
della vita: un discreto numero di studenti tedeschi di filologia (per
esempio), all’inizio del corso dichiaravano di conoscere, tra i
cosiddetti “scrittori del Boom”, solo Gabriel García Márquez e
Isabel Allende, e che preferivano quest’ultima perché era più
semplice.
Nessun lettore è obbligato a conoscere
le periodizzazioni della storia della letteratura; letta come se
fosse epigona di testi posteriori, l’opera di García Márquez
risulta insoddisfacente e ridondante, una versione poco attraente di
quel genere di testi commerciali cui le case editrici debbono, a
quanto pare, un paio di successi di vendita, e i lettori una certa
quantità di delusioni.
Com’è ovvio, niente può impedire
che gli scrittori latinoamericani tornino a inventarsi villaggi
immaginari dove la gente vola (e niente farà sì che certe case
editrici europee smettano di credere che quel tipo di letteratura sia
rappresentativo di quanto si produce attualmente in America Latina, e
desistano dall’assegnarle premi e pubblicarla), ma penso che sia
importante parlare del sequestro dell’opera di García Márquez da
parte della suddetta letteratura commerciale, se vogliamo capirne il
valore e l’ importanza.
Un’estate, quando avevo dieci anni,
ho scoperto quell’opera tra i libri dei miei genitori e sono
rimasto affascinato: non sapevo niente dell’autore, non conoscevo
gli epigoni che quell’opera aveva prodotto (come un vecchio albero
perso nella foresta dei propri germogli), ma ho pensato che avrei
voluto essere come quell’autore e suscitare nei lettori
l’impressione che i suoi libri mi avevano prodotto. Il recupero di
quella fascinazione iniziale sembra imprescindibile, per farci
ricordare (visto che molti sembrano averlo dimenticato) quanto sia
importante quell’opera e quanto siamo fortunati a poterla leggere.
(Traduzione di Francesca Lazzarato)
Pagina 99, 20 aprile 2014
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