Su “le parole e le
cose” si dà conto del volume collettivo Costruzioni e
decostruzioni dell’io lirico nella poesia italiana da Soffici a
Sanguineti uscito da poco per
Franco Cesati editore a cura di Damiano Frasca, Caroline
Lüderssen e Christine Ott.
La domanda chiave del
libro dovrebbe essere quella che si legge nel risvolto: «È
possibile definire il genere lirico come un “parlare in prima
persona” anche in un’epoca in cui l’io (quello lirico e quello
teorizzato da psicoanalisi e post-strutturalismo) appare instabile,
scisso, precario fino al punto di scomparire?». Nel sito può
leggersi uno stralcio dall’introduzione di Christine Ott, che - a
partire da un testo di Patrizia Cavalli tratto da L'io singolare
mio proprio - disegna un
tracciato e propone il problema. Per la lettura del testo di Ott
rinvio al link alla fine del post. Qui riproduco il commento, assai
stimolante, di una poetessa e linguista di valore, Gloria Gaetano.
(S.L.L.)
Gloria Gaetano |
Agamben su P. Cavalli, su
Montale, Caproni ha scritto delle pagine e impostato un’analisi
semiotica di grande interesse e spessore: «Occorre rovesciare
puntualmente per Patrizia Cavalli i luoghi comuni e le categorie
consuete della critica: lievità epigrammatica, diario privato,
canzoniere amoroso. L’operazione che si compie non è lieve, ma
aspra e “petrosa”; non è monodica e privata, ma corale e
pubblica; non riguarda tanto l’amore quanto la fisiologia e
l’etologia di un corpo primordiale. (…) Questo poeta disincantato
e quasi preistorico, maestro incomparabile dei metri e delle rime
interne, sovranamente privo di scrupoli morali, è riuscito a
ritrovare l’unità di parola e forma di vita che gli antichi
chiamavano musa e ha scritto la poesia più intensamente “etica”
della letteratura italiana del novecento».
Si tratta quindi di una
medietas tra soggettività lirica e oggettivizzazione. E non è
l’io lirico, autobiografico, è una medietas tra l’animale
e l’uomo, tra la Voce e la la parola. Voce corporea che può anche
non essere emessa ma che all’interno di noi vive e comincia a
strutturarsi, mentre la parola è logos che passa dalla
destrutturazione del silenzio alla strutturazione poetica. E’
parola etica e estetica, che ci mette in relazione con il pathos
degli altri, non con le semplici emozioni, ma con lo Stimm. Non è
autobiografica ma al centro della vita animata e dell’epos
destrutturato in tanti soggetti e composizioni.
Da “Le parole e le
cose”
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