Licia e Giuseppe Pinelli con le due figlie |
Non è detto che bianco
e rosso si manifestino in blocchi separati e per grandi aree
distinte. Quarantanni dopo, raccontando se stessa e la sua famiglia,
ancora ignara di essere sul punto di diventare un simbolo di lungo
periodo, Licia Pinelli rammenta quale luogo di passaggio e di libero
incontro fossero negli anni sessanta quelle loro due stanze dalle
porte sempre aperte: il marito anarchico, lei che era stata iscritta
al Pci e i giovani che vanno e vengono per farsi battere a macchina,
ma poi anche a discutere le loro tesi di laurea, in gran parte
iscritti alla non lontana Università cattolica: quella di Mario
Capanna, e anni prima anche di Nilde Jotti.
“Erano cattolici
vicini alle idee di Balducci e Milani, ma non solo. La caratteristica
che li accomunava era quella di essere convinti che un cattolico non
poteva che stare dalla parte dei poveri e degli oppressi, e in questo
spesso prendevano le distanze dal Vaticano e dalla Chiesa
istituzionale. Con loro si condivideva proprio questa convinzione di
dover stare dalla parte degli oppressi, e per questo si sono creati
legami molto profondi, che sono proseguiti per molto tempo anche dopo
la morte di Pino”.
Da Ritorni di fiamma,
Feltrinelli, 2014
Nessun commento:
Posta un commento