Sciopero delle mondine |
I fondamenti del radicamento della
sinistra di classe, socialista e comunista, furono tre: il movimento
sindacale, il movimento cooperativo, i comuni rossi.
Il sindacalismo era verticale,
organizzazione delle categorie a livello tendenzialmente nazionale,
ma ancor più orizzontale, le Camere del lavoro che trattavano orari
massimi e salari minimi nei territori per tutte le categorie, che
rivendicavano da amministrazioni locali e statali istruzione, servizi
pubblici, assistenza sanitaria e sociale, prezzi controllati per i
generi di prima necessità e spacci di paragone.
Il movimento cooperativo si sviluppò a
più livelli nell'agricoltura tra i piccoli produttori, dalle cantine
sociali ai molini popolari, nel consumo e tra i lavoratori dei
servizi, soprattutto facchini e scaricatori. Sindacalismo e
cooperazione assorbivano le vecchie forme di mutualismo tra
lavoratori, le società operaie che intervenivano a pro delle vedove
e degli orfani dei lavoratori, spesso inficiate da direzioni
paternalistiche.
Infine i municipi rossi che
provvedevano attraverso un fiscalismo locale mirato sui più abbienti
(le imposte di famiglia) alla redistribuzione e intervenivano nei
campi più vari (mense per i poveri, ospedali, sostegno agli studenti
meno abbienti, scuole eccetera), favorendo la partecipazione dal
basso in assemblee e comitati.
Le organizzazioni di partito erano
strettamente collegate a questa rete di esperienze classiste e
contribuivano a collegarle, indicando obiettivi legislativi
nazionali. Questo legame originario (a fondare il partito socialista
nel 1892 altre alle federazioni e ai circoli socialisti erano state
le camere del lavoro, le organizzazioni di categoria, le cooperative,
le scuole popolari) non si spezzò mai del tutto fino al fatidico 89,
pur crescendo in varie forme una reciproca autonomia. In Italia la
"rivoluzione borghese", prima di Craxi e poi di Occhetto, è
consistita nell'annullare la matrice classista, nel trasformare i
loro partiti da partiti di lavoratori in partiti di cittadini, in cui
si può anche proclamare il valore dell'uguaglianza ma che non
esprimono e rappresentano, direttamente, il movimento dei lavoratori.
Tanto per fare un esempio, socialisti e
comunisti, a tutti i livelli, in caso di sciopero generale o di
scioperi di importanti categorie o di grosse vertenze sindacali
territoriali, non solo impegnavano federazioni, sezioni e circoli per
il successo; ma subito dopo convocavano gli organi di direzione per
valutare la partecipazione e i risultati e per dare continuità e
sbocco alla lotta. Al movimento di lotta o di resistenza si
attribuiva una grande importanza, quasi quanto al momento elettorale.
La mia convinzione è che una nuova
sinistra non nascerà finché la si vorrà confinata nel terreno
della politica, finché essa non si sporcherà le mani e i piedi con
la questione sociale. Occorre una analisi seria di quello che è oggi
il lavoro e lo sfruttamento e occorre che nascano anche dalla pratica
strumenti e organizzazioni di solidarietà, resistenza e lotta
adeguati alle trasformazioni che ci sono state nella produzione e nel
lavoro. Non c'è altra via.
Non dico che formazioni politiche non
classiste con valori egualitari non possano farsi o non possano
strappare qualcosa di utile, ma non avranno mai la stabilità e la
forza dell'organizzazione classista; i risultati saranno affidati a
una stagione, a una leadership, ma non metteranno radici nella
società. A quelli che come me vengono dalla sinistra del 900, dico
che non si può più ragionare come se ci fosse nella società un
forte movimento di lavoratori e di gruppi sociali sfruttati e
subordinati. Quello che è rimasto dal secolo scorso, la FIOM per
esempio, pezzi di sindacalismo confederale e di sindacalismo di base,
è importante e va salvaguardato, ma è poco ed è indebolito.
Il movimento popolare e di classe, di
lavoratori, è perciò in grandissima parte da ricostruire: per
questo giro hanno vinto i capitalisti, in tutto il mondo, ed hanno
operato una sistematica distruzione. Verrà presto nelle giovani
generazioni un'avanguardia che ripensa, ricostruisce, riattrezza.
Quelli che tra noi, novecentisti, ci saranno ancora avranno il
compito importante di trasmettere una memoria e un bilancio: di un
assalto al cielo che ha prodotto enormi risultati, ma alla fine è
fallito. Per la forza del nemico certo, ma anche per i nostri difetti
di origine, per i nostri errori e per le nostre divisioni, da non
ripetere.
Quanto al che fare la prima cosa che mi viene in mente sono le Camere del Lavoro, o come le si vorrà chiamare, rivivificandone le funzioni, per difendere nei paesi e nelle città il lavoro com'è diventato oggi, frammentato e disperso, e non com'era nel tragico e glorioso Novecento.
Quanto al che fare la prima cosa che mi viene in mente sono le Camere del Lavoro, o come le si vorrà chiamare, rivivificandone le funzioni, per difendere nei paesi e nelle città il lavoro com'è diventato oggi, frammentato e disperso, e non com'era nel tragico e glorioso Novecento.
stato fb17/10/2015
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