Il trend è chiaro: di
anno in anno mangiamo più pesce. Tutti, da Oriente a Occidente.
Paesi sviluppati e in via di sviluppo. Cresce il consumo annuale prò
capite, ma anche la quota degli scambi e l’occupazione in relazione
alla crescita della popolazione mondiale.
I report annuali della
Fao dipingono un mondo a scaglie: mai quanto oggi l’umanità ha
consumato tanto pesce, o ne è stata tanto dipendente. Il che,
naturalmente, è un bene. Tutti ne conoscono le grandi proprietà
nutritive, la ricchezza di proteine, i grassi insaturi ad alta
concentrazione di omega-3... Il pesce protegge dagli attacchi di
cuore e, secondo uno studio pubblicato nel 2009 dall’Università di
Goteborg, aumenta il quoziente intellettivo di chi lo consuma
regolarmente.
L’appetito mondiale
cresce al ritmo di un 2% di domanda annuo ma le risorse ittiche
mondiali, ammonisce la Fao, non sono infinite. Anzi: l’87% degli
stock globali sono da considerare a pieno sfruttamento, quando non
sovrasfruttati. Alcune specie sono a rischio estinzione. La
diffusione del tonno rosso nell’Atlantico occidentale si è ridotta
del 64% dal 1970. Nel gennaio 2013 un esemplare è stato venduto a
Tokio per 1milione 760mila dollari. Nel grande mercato della capitale
giapponese scannarsi per il primo tonno dell’anno è un fatto
rituale, ma in ogni caso il prezzo normale di un tonno rosso di
taglia media ha ormai raggiunto i 10 mila dollari.
Kiyoshi Kimura si prepara
a tagliare il tonno rosso da record e servirlo ai clienti
|
Nel 1992, 40 mila persone
persero il lavoro in Canada in seguito al collasso della pesca del
merluzzo nei grandi banchi della Newfoundland, illuminando il pianeta
sulle ricadute sociali dell'overfishing.
Servirebbe un
moltiplicatore, miracoloso o meno, e in realtà c’è: è
l’acquacoltura, un mercato da 11,6 miliardi di dollari in crescita
annuale del 5,2%. Dei 161 milioni di tonnellate di pesce prodotte
ogni anno, 90 provengono dalla pesca di cattura e 71 dagli
allevamenti. La Banca mondiale prevede che entro il 2030 il 62% dei
prodotti ittici per l’alimentazione proverrà dalle fishfarms
asiatiche.
Ma questa grande
espansione, che ha peraltro un impatto ambientale considerevole e
alti costi, al giorno d’oggi non è ancora in grado di calmierare
il prezzo del pesce, che sta raggiungendo negli ultimi mesi record
storici.
Dietro alla crescente
domanda di pesce si staglia un Dragone gigante. La Cina è già il
primo produttore mondiale e tra i primi esportatori. Ma adesso anche
la sua fame sta aumentando. Forse il mantra dei benefici dell’omega-3
non è tanto diffuso lì quanto in Occidente, ma il discorso sulle
proprietà virtuose del pesce è popolare e tramandato di generazione
in generazione. Soprattutto, il consumo di risorse ittiche, come
ovunque nel mondo, è particolarmente sensibile all’aumento dei
redditi. In Cina, il 10% più ricco della popolazione consuma sette
volte i gamberetti consumati dalle fasce più povere. Nella spesa per
il maiale la differenza è solo di una volta e mezza. I cinesi si
arricchiscono e negli scaffali dei tanti nuovi supermercati delle
grandi città scoprono la bontà di prodotti d’importazione come
ostriche, cozze e vongole. E salmone, il cui prezzo è in continua
ascesa anche per via del boom mondiale del sushi.
Da qualche anno Tabitha
Grace Mellory, una giovane ricercatrice di Princeton, ricorda ai
congressmen americani che quello che loro, ingenuamente,
chiamano il «secolo della Cina», in Cina viene chiamato «secolo
degli oceani». Un rapporto dell’Unione Europea (la più grande
importatrice di pesce al mondo, in gran parte dalla Norvegia e dalla
stessa Cina) indica che la quantità di pescato ufficialmente
riconosciuta dal governo cinese sarebbe di dodici volte inferiore a
quella reale. E c’è di più. Secondo Mellory i cinesi usano i
pescherecci, accompagnati da imbarcazioni militari in acque contese,
come cavalli di Troia per espandere la loro influenza internazionale.
Un’attività che avrebbe fatto già arrabbiare Paesi vicini come
Giappone, Vietnam e Sud Corea. In un rapporto di Pechino del 2010 è
scritto che «poiché le risorse biologiche marine sono la più vasta
riserva di proteine nel pianeta, padroneggiare gli oceani significa
padroneggiare il futuro».
“pagina 99 we”, 8
novembre 2014
Nessun commento:
Posta un commento