Marilyn aveva un piccolo
neo sulla guancia sinistra. Una asimmetria. In alcune fotografie
della diva non si vede: è stato ritoccato. Qual è la Marilyn più
bella? I fisici delle particelle risponderebbero quella con il neo
(poi vedremo perché), e probabilmente, anche senza conoscere la
fisica, quasi tutti sarebbero di quest’opinione.
La simmetria è bellezza
ma perché la bellezza sia davvero tale è necessaria una piccola
violazione: una asimmetria pressoché impercettibile dà risalto alla
simmetria dominante. Se è perfetta, la simmetria è stucchevole,
insipida, algida, astratta. Marilyn, per fortuna, era una donna vera,
in carne e ossa. Quindi con le sue piccole asimmetrie: oltre a essere
lievemente strabica, ne aveva una anche nel camminare. Una
asimmetria, questa, che dava al suo passo uno sbilanciamento
delizioso. A chi ci vedeva una malizia replicava candidamente: “Che
possofarci se ho un difetto all’anca?”
E’ tortuoso, ma si
potrebbe analizzare più a fondo la questione del viso di Marilyn. La
posizione che il neo occupa sulla sua guancia è all’incirca
equidistante dalla narice e dal punto di congiunzione delle labbra e
con essi forma un triangolo equilatero. Marilyn sarebbe stata
ugualmente bella se il neo fosse stato quasi a contatto con la narice
o con il taglio delle labbra?
In questo caso direi di
no, e la prova ce la dà Cindy Crawford: che è bellissima, certo, ma
un po’ guastata da quel neo così vicino alle labbra. L’asimmetria
del neo di Marilyn, dunque, era apprezzabile perché stava inscritta
in una ulteriore simmetria.
Non è finita. Ho detto,
guadando una fotografia del 1956 che compare nel libro su Marilyn di
Norman Mailer pubblicato nel 1973, che il triangolo tra neo, narice e
giunzione delle labbra è all’incirca equilatero. All’incirca,
appunto. E ciò significa che l’asimmetria è inscritta in una
simmetria che però è a sua volta approssimativa, cioè lievemente
violata.
L’astrofisico Marcelo
Gleiser è autore di un libro intitolato Il neo del Creatore
appena pubblicato in Italia da Rizzoli. Il “neo” attribuito
addirittura a Dio è la violazione di simmetria che i fisici (e poi
anche i biologi) hanno incontrato nelle loro ricerche, è il filo
conduttore del libro.
C’è una asimmetria del
tempo, che scorre in una sola direzione, come (purtroppo) ben
sappiamo. C’è una asimmetria tra materia e antimateria: dovrebbero
essersi formate in pari quantità, ma dell’antimateria originaria
non c’è traccia; l’universo intero sarebbe ciò che è
sopravvissuto di una piccola asimmetria primordiale.
C’è nelle particelle
elementari e nell’interazione debole che interviene nei fenomeni
radioattivi una asimmetria destra/sinistra e di carica elettrica: la
si afferra in una minima parte dei decadimenti del mesone K neutro e
della sua antiparticella; la scoprirono nel 1964 James Cronin e Val
Fitch e per questo ricevettero il premio Nobel. Chissà che la
prevalenza della materia sull’antimateria non abbia qui la sua
origine remota...
C’è una asimmetria
nell’espansione dell’universo: la si coglie nella fase inflattiva
dei primi istanti dopo il Big Bang e nell’accelerazione del moto di
espansione scoperta nel 1998, espansione che sarebbe iniziata 5
miliardi di anni fa. Una asimmetria, infine, si annida nel profondo
degli organismi viventi: tutti gli amminoacidi di cui siamo fatti
(tranne uno) sono levogiri. Cioè deviano a sinistra il piano della
luce polarizzata, un aspetto della chiralità (in greco kiros
significa mano) a livello molecolare. I chimici chiamano chiralità
il fatto che molecole di composizione identica non siano
sovrapponibili ma siano l’immagine speculare l’una dell’altra,
così come la mano destra è l’immagine speculare della sinistra.
Ne seguono proprietà ottiche e chimiche radicalmente diverse. Un
tema, la chiralità, che affascinò profondamente Primo Levi: lo
affrontò nella tesi di laurea, e poi in un saggio del 1984.
Come si vede, sono tante
le asimmetrie, i “nei” della natura, e poiché Gleiser è
credente, da uomo di fede vede nella natura l’impronta di Dio, al
quale di conseguenza fa risalire il neo (dopo di che, a pagina 373,
cede anche lui alla seduzione del neo di Marilyn e ci spiega che il
bello è lì, nella violazione della simmetria).
Ora, gran parte dei
progressi della fisica dell’ultimo secolo si deve al fatto che i
fisici hanno creduto nella simmetria della Natura come in un dogma.
Salvo poi accorgersi che in qualche misura sempre il dogma risultava
incrinato. Il Modello Standard delle forze e delle particelle
elementari è stato costruito sui concetti di simmetria e rottura di
simmetria.
L’idea che si possa
arrivare a una Teoria del Tutto, cioè a una teoria fisica totale e
definitiva, comporta però, a monte, l’idea di una simmetria
assoluta, garantita dalla sua eleganza estetica.
Proprio su questo punto
diverge Gleiser. Secondo lui non ci sarà mai fine nella nostra
comprensione del micro e del macrocosmo, e la loro bellezza sta nelle
minime ma sostanziali asimmetrie che li rendono inafferrabili. Il
mistero, l’inconoscibile, è un confine che si sposta ma non si
supera.
Incidentalmente, questa è
anche la posizione di Tullio Regge, un fisico teorico che alle
simmetrie ha sempre dato una forte attenzione, al punto che tra i
programmi tv per Raitre che realizzammo insieme negli anni 80 con la
regia di Bruno Gambarotta uno fu dedicato alle simmetrie in ogni loro
aspetto: geometria, arte, musica, fisica, chimica, cristallografia e
così via.
Marcelo Gleiser, che ora
insegna fisica e astronomia al Darthmouth College negli Stati Uniti,
è stato credente, poi non credente e infine di nuovo credente a mano
a mano che seguiva il suo percorso di studi e poi di ricerca. Nel suo
libro il parallelismo scienza e fede è sempre presente in chiave
autobiografica, cosa che può dare un certo fastidio a chi legge “Il
neo del Creatore”.
Scienza e fede sono come
acqua e olio: possono formare una emulsione, ma sono e rimangono cose
separate e distinte; ogni operazione che cerchi di mescolarle risulta
ambigua, se non oscurantista. Risulta anche rischiosa, come si vede
dove Gleiser sembra sedotto da una ipotetica unicità della vita
intelligente sulla Terra. Non si può negare, però, la buona fede
con cui argomenta le sue tesi “mettendoci la faccia”. Così come
sono fuori discussione la chiarezza e la semplicità con cui divulga
in quattrocento pagine un secolo di fisica e di cosmologia.
Tuttoscienze La Stampa 05/09/2011
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