Soltanto il miele del
fico ottobrino
ha la dolcezza delle
vostre labbra
che rassomigliano alla
sua ferita
quando sembra sul punto
di cadere
troppo maturo il nobile
frutto
che tanto vorrei cogliere
vorrei
fico desiderato fico o
fico
fico bocca che io voglio
carpire
o ferita di cui voglio
morire
E’ in questo fiore che
batte il mio cuore
che così dolce odora e
da cui sale
di nuvole aromatiche un
bel cielo
figlie dirette sono del
garofano
più vivo delle vostre
mani giunte
più pio ancora delle
vostre unghie
E’ questo infine,
eccolo lo strumento
col quale pescatore io
catturo
l’immenso mostro del
tuo desiderio
quello che un’arte
esotica inabissa
giù nel seno delle
profonde notti.
Poèmes à Lou, Nizza,
1914
Nota
L'originale di
Apollinaire non è in strofe e versi, ma è – come si desume
dall'illustrazione qui in alto - un carme figurato. Le parole delle tre parti di
cui si compone il testo sono disposte a
costruire tre disegni, invero
molto approssimativi. La prima disegna un frutto di fico, la seconda
un fiore che vagamente ricorda il garofano, la terza un arnese
cilindrico (un astuccio? una canna? o che altro?). La poesia è molto
esplicitamente a doppio senso: figue non significa solo fico;
oeillet non vuol dire solo garofano, ma anche occhiello e per
estensione buco (rotondo), preferibilmente posteriore; engin
non vale soltanto strumento di lavoro. Io non avrei saputo disegnare
un bel nulla con le parole e oltre tutto non mi sentivo di rinunciare
agli endecasillabi che ben si prestavano a questa traduzione. Pur
essendo un pessimo disegnatore, ho tuttavia provato qui a schizzare
un garofano, quello qui a fianco, un omaggio al nostro poeta.
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