Ho letto su fb il 27
ottobre una riflessione dello storico Giuseppe Carlo Marino: “Mi
pare proprio che gli italiani abbiano sempre più a noia la politica
e ogni conversazione su questioni politiche. Qui, nel cuore più
veritiero e fondante dell'"italianità" (di cui rimango
mestamente orgoglioso), mi è più facile riconoscere quanto il
costume italico prediliga il "particulare" a scapito del
cosiddetto "bene comune". Guicciardini prevale alla gran
lunga su Machiavelli. Di tutto questo è insieme causa ed effetto la
crisi organica dei partiti e delle ideologie. Una crisi forse
insuperabile di cui è stata soprattutto vittima la Sinistra”.
Ho così commentato: “Mi
convince l'ipotesi di un "guicciardinismo" diffuso, cioè
di un potere di gruppi notabilari senza valori e senza progetti,
attenti solo alla propria autoperpetuazione; e di una chiusura nel
"particulare" anche degli strati sociali intermedi. (I ceti
più deprivati e compressi sono sempre un po' chiusi nel loro
particulare, se non c'è l'egemonia di un principe o di un
partito-principe). Il paradosso è caso mai nel fatto che proprio da
Firenze arriva a Roma un capo che esige un omaggio vassallatico dai
potentati locali. Niente di machiavelliano o di machiavellico, in
ogni caso: il capo in questione non ha alcun progetto di "Italia
Nuova" o di “bene comune”. Il suo orizzonte è il
"galleggiamento", come per i ceti che guardano a lui come a
un'àncora di salvezza”.
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