Uno degli edifici della Fondazione Oscar Niemeyer a Brasilia |
Per
pura coincidenza la scomparsa di Oscar Niemeyer (1907-2012) è
avvenuta mentre è sugli scaffali la sua autobiografia Il
mondo è ingiusto L'ultima lezione di un grande del nostro tempo
(Mondadori «Ingrandimenti», pp. 70, € 12,00) - la prima volta che
il racconto della sua vita e opera è pubblicato in italiano. Ora,
poiché si tratta di un testo asciutto e snello, pur se completo nei
temi e nelle vicende generali, per approfondire la conoscenza
dell'architetto brasiliano occorrerà riferirsi a The
Curves of Time
(Phaidon, 2000), oppure al saggio illustrato Minha
Arquitetura 1937-2004
(Editora Revan), o, ancora, alla lunga intervista concessa a Edouard
Bailby dal titolo Niemeyer
parlui-mème
(Balland, 1993), senza contare i numerosi studi dedicatigli da
critici e storici in ogni parte del mondo.
Se
Il
mondo è ingiusto
è a ogni modo meritevole, lo si deve all'impegno di Alberto Riva,
giornalista e scrittore, che ha curato il testo e nella postfazione
racconta, con affettuosa partecipazione, la prima visita nello studio
di Niemeyer a Copacabana nel 2005, quando l'architetto aveva
novantotto anni, e poi l'ultima, nello scorso febbraio. Stessa
atmosfera della prima volta: lui sempre intento a disegnare
circondato da collaboratori e familiari, la seconda moglie Vera
Lucia, i nipoti e i bisnipoti. Lo studio è quello di un «umanista -
scrive Riva - dove la presenza delle persone è pari a quella dei
libri».
Durante
la visita sono evidenti l'impegno e la difficoltà che comporta il
progetto, che però è sempre qualcosa di relativo in quanto
l'architettura è per lui il confronto con altre esperienze e saperi.
«Preferisco leggere i Quaderni
del carcere
che un manuale di architettura», gli disse una volta Niemeyer. Non
sarà superfluo ripetere che le sue idee si fondano su una concezione
egualitaria e democratica del vivere comune, e non sono mai di per sé
importanti ma sempre un «pretesto», in ogni caso efficace solo se
l'architetto ha coscienza che deve «trasformare la sua professione
in atto politico». Infatti, al di là dei suoi risultati estetici,
la fantasia è sempre «la ricerca di un mondo migliore» perché
nella città disumana e alienante non può esserci prospettiva di
miglioramento della condizione sociale degli uomini se non si danno
soluzioni ai bisogni dei più deboli e indifesi. Il primo compito
dell'architettura è quello di fornire un programma in grado di
soddisfarli.
Auditorium Ravello |
Sono queste nette prese di posizione che non rendono
possibile accostare Niemeyer, come pure si è fatto, ad altri
architetti di successo internazionale. Tra questi c'è chi con cinico
realismo ha narrato, essendone stato sedotto, i caratteri della
metropoli contemporanea, oppure chi ne ha assecondato le spinte
speculative: ma nessuno tranne Niemeyer ha dichiarato che «l'umanità,
oggi, ha un problema enorme e questo problema si chiama capitalismo».
Tuttavia
è singolare che chi ha dichiarato con più convinzione che «il
capitalismo è uno schifo» sia stato tra i più eterodossi
architetti del Novecento, apparendo a volte in contrasto con la sua netta e
intransigente posizione politica. «Avevo per il genio di Le
Corbusier la più grande stima - scrisse nel 1987 in occasione
dell'esposizione italiana della sua opera -, ma nessun entusiasmo per
l'architettura razionalista i con i suoi limiti funzionali, la sua
rigidità strutturale, i suoi dogmi e teorie tanto immaturi e
discutibili». Niemeyer è stato un convinto fautore dell'architettura come invenzione, la quale, «in quanto invenzione,
è arte». Ciò non è in conflitto con il principio d'utilità. In
una pagina del libro si legge: «chi l'ha deciso che l'architettura
‘utile' deve essere brutta?».
Brasilia - Il Palazzo del Parlamento |
«Se c'è qualcosa di brutto nella città
di oggi non sono le differenze architettoniche e degli stili, ma la
discriminazione sociale, le relazioni sociali improntate alle
differenze di classe». La «varietà», le differenze, sono una
qualità e una «forma di insegnamento» che deve riguardare anche
l'architettura popolare.
Chiesa a Pampulha (Belo Horizonte) |
È successo così quando con il polo
turistico di Pampulha (Belo Horizonte), nei primi anni quaranta,
Niemeyer contesta il funzionalismo ortodosso attraverso le curve
libere e sensuali dei suoi edifici sparsi nel paesaggio lacustre.
San Paulo do Brazil - Il Palazzo Copan addobbato a festa per i 100 anni di Niemeyer |
Con
lo stesso spirito, teso verso «la sorpresa, lo stupore, l'inatteso»,
tra il 1950 e il 1960, realizza il complesso per uffici e albergo
Montreal e Copan a San Paolo. Mentre è nel Centro Tecnico
dell'Aeronautica a San José dos Campos (1947-53) che assembla in
modo «sconnesso» e fantasioso una serie di volumi nei quali
Lionello Puppi ha voluto leggere la spontaneità insediativa dei
portoghesi sulla costa brasiliana tra il XVI e il XVII secolo.
Brasilia - Ministero degli Esteri |
A
Brasilia, la nuova capitale fondata per volontà del presidente della
Repubblica Juscielino Kubitschek e inaugurata nel 1960, Niemeyer fa
solo un cenno quando ricorda di Le Corbusier che in visita al Palazzo
del Congresso gli dichiara soddisfatto: «Qui c'è invenzione, ci
sento la libertà». È noto come il Piano Pilota di Lucio Costa sia
stato compromesso dal golpe militare del 1964. Così gli edifici
pubblici e residenziali disegnati dall'architetto brasiliano
divennero, da solitarie creazioni plastiche dettate da un assoluto
«estro fantastico», dei corpi estranei nel disordinato sviluppo
urbano successivo. La dittatura durò in Brasile fino al 1978.
Dovettero trascorrere dieci anni prima che i brasiliani vedessero una
nuova costituzione. In quel lungo periodo «il clima era teso -
scrive Niemeyer -, dovevamo continuamente comparire davanti alla
polizia, giustificare le nostre idee, ma eravamo spinti dalla
convinzione di essere dalla parte del giusto».
Una rampa del Museo Nazionale d'Arte contemporanea a Brasilia |
L'attaccamento
ai valori e ai principi è il tratto più evidente anche della sua
personalità artistica. Dall'innesco della lezione lecorbusieriana -
non quella macchinista e dell'angle droit, bensì quella informale di
Ronchamp - Niemeyer ha tenacemente perseverato nella verifica di un
programma funzionale rigorosissimo, inventore instancabile, al tempo
stesso, delle infinite possibilità offerte dal cemento armato nella
costruzione delle forme più audaci e liriche. La loro creazione è
un «dono», riferisce Jair Valera - da circa trent'anni una delle
più fedeli collaboratrici -, aggiungendo che la capacità più
sorprendente di Niemeyer è stata quella di prendere un programma
complicato e trasformarlo in una «soluzione semplice, logica, a cui
nessuno pensava». È ciò che gli riconosce anche Mendes de Rocha
che, come riporta Riva, ha affermato quanto fondamentali siano state
per lui le architetture sanpaoliste di Niemeyer, come il Parco
Ibirapuera, per comprendere l'importanza della «disposizione
spaziale»: sempre imprevedibile come lo è la vita, oppure aperta e
«democratica» come può esserlo la cattedrale a pianta centrale di
Brasilia che l'architetto paulista Ruy Ohtake considera unica per
l'assoluta chiarezza compositiva.
A Niemeyer è sempre piaciuto
creare chiese. Nell'ultimo capitolo ci rivela di essere impegnato a
progettarne una nuova a Niteroi, perché anche la religione insegna
«una maniera di vivere più umana, più ugualitaria». Anche in
quest'ultima compaiono le «belle curve» ripudiate da Max Bill, così
cariche di poesia da resistere eroicamente alle avversità della vita
e al consumarsi del tempo.
Cattedrale di Brasilia |
“alias
talpa il manifesto”, 6 gennaio 2013
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