Ella Berthoud e Susan
Elderkin sono inglesi. Si erano incontrate sul finire del Novecento a
Cambridge per studiare letteratura e lì avevano imparato a
scambiarsi insieme ai libri le emozioni che i libri suscitavano, gli
effetti che producevano. Ella poi divenne pittrice e insegnante
d'arte, Susan scrittrice, autrice di romanzi di qualche successo. Nel
2008 insieme hanno fondato con la School of Life di Londra un
servizio di biblioterapia,
nella convinzione che la lettura di libri potesse aiutare la cura
delle umane malattie: per ogni tipo di malattia uno o più libri
dedicati.
Ne
è poi venuto fuori un libro, The novel cure,
che è stato tradotto in diverse lingue europee. In Italia lo ha
pubblicato Sellerio con il titolo Curarsi con i libri
e il sottotitolo Rimedi letterari per ogni malanno per
la traduzione e la cura di Fabio Stassi, un siciliano di Piana degli
Albanesi che fa il bibliotecario a Viterbo. Non credo che le cure
funzionino sempre: la biblioterapia ha lo stesso limite illuministico
che c'è nella psicanalisi, l'idea che interpretare correttamente i
sintomi, risalire alle origini del male, sia sufficiente a guarirlo.
È certo comunque che i libri aiutano a capir meglio le nostre
patologie psicofisiche e che l'approccio alla lettura delle due
inglesi è criticamente produttivo.
Quanto
a Stassi non s'è limitato a tradurre. Berthoud ed Elderkin hanno
scelto come rimedi soprattutto libri in lingua inglese (qualcuno di
essi risulta non tradotto e praticamente sconosciuto in Italia);
Stassi ha integrato il prontuario, suggerendo alcuni libri italiani e
altri di diverse tradizioni letterarie. La cura che segue è appunto
tra quelle da lui suggerite. (S.L.L.)
L'impotenza
è una vergogna, un pettegolezzo scandaloso, una diceria che si passa
di bocca in bocca, sottovoce infortunio, mancanza o invalidità che
non si hanno il coraggio di affrontare: in definitiva, un pozzo di
disperazione, d’imbarazzo e di solitudine per chi ne è colpito.
Com’è noto, ha molte cause, spesso di natura emotiva e psicologica
(insicurezza, ansia da prestazione, etc. etc.) e in gran parte
facilmente medicabili. Ma prima di rivolgervi a un sessuologo o di
assumere farmaci per la disfunzione erettile e antidepressivi,
entrate in una libreria e acquistate Il bell'Antonio
di Vitaliano Brancati. Vi costerà poco, non ha controindicazioni e
potrebbe avere effetti sorprendenti.
Dopo
le prime pagine, non potrete più abbandonare la lettura. La vicenda
di Antonio Magnano vi catturerà completamente. Antonio fu a lungo
l’uomo più bello di Catania. Di una bellezza che la Chiesa
riteneva diabolica e che faceva ribollire d’invidia tutti gli altri
maschi della città. Le donne dicevano di lui che quando sbatteva le
palpebre faceva vento e tutte provavano, alla sua presenza, un
inconfessabile turbamento. La pelle olivastra, i lineamenti perfetti,
il corpo atletico lo facevano assomigliare a una di quelle statue
greche di impareggiabile armonia ed equilibrio che ornavano i templi
classici. Ma la sua più grande arma di seduzione era la malcelata
tristezza che traspariva dai suoi occhi e che spingeva ogni donna a
prendersi cura di lui. Sparso per la via Etnea il clamore del suo
matrimonio non consumato, il padre, per ristabilire l’onore virile
della famiglia, morirà in una casa chiusa durante un bombardamento.
I tanti personaggi di questo libro, le sue situazioni, la sua dissacrante sfrontatezza vi divertiranno come pochi romanzi sono in grado di fare. Con una comicità intelligente e amara. Perché ogni argomento si può affrontare con una risata e a occhi aperti. Vi farà solo male, alla fine, e vi riempirà di vergogna, scoprire che la vera impotenza di cui sono affetti tutti gli italiani è quella di una nazione immatura e infantile, che non è mai riuscita ad avere una relazione gioiosa e trasparente con il desiderio e che continua a essere abitata in pari grado dalla nausea e dall’esaltazione. Qui, più che altrove, nell’isola-metafora della Sicilia, il desiderio ha quasi sempre finito per generare rovina, stupidità, volgarità, crudeltà e demenza. Per questo in Brancati il discorso sull’impotenza e sulla lussuria assume un aspetto tetro e sinistro: perché lui non spostò mai il dito dall’autentica piaga del carattere degli italiani, la principale causa del loro eterno fascismo: il culto della virilità. Una società che si ripete con le sue maschere senza tempo di priapi con il fez e la camicia nera o verde, di ipocondriaci morbosi, di azzeccagarbugli. Qualsiasi Casanova ne uscirà con le ossa rotte. Casanova non è, in fondo, che l’altra faccia di Antonio Magnano, senza la sua fragilità. Entrambi testimoniano solo la dolorosa impotenza d’amare di un intero popolo.
I tanti personaggi di questo libro, le sue situazioni, la sua dissacrante sfrontatezza vi divertiranno come pochi romanzi sono in grado di fare. Con una comicità intelligente e amara. Perché ogni argomento si può affrontare con una risata e a occhi aperti. Vi farà solo male, alla fine, e vi riempirà di vergogna, scoprire che la vera impotenza di cui sono affetti tutti gli italiani è quella di una nazione immatura e infantile, che non è mai riuscita ad avere una relazione gioiosa e trasparente con il desiderio e che continua a essere abitata in pari grado dalla nausea e dall’esaltazione. Qui, più che altrove, nell’isola-metafora della Sicilia, il desiderio ha quasi sempre finito per generare rovina, stupidità, volgarità, crudeltà e demenza. Per questo in Brancati il discorso sull’impotenza e sulla lussuria assume un aspetto tetro e sinistro: perché lui non spostò mai il dito dall’autentica piaga del carattere degli italiani, la principale causa del loro eterno fascismo: il culto della virilità. Una società che si ripete con le sue maschere senza tempo di priapi con il fez e la camicia nera o verde, di ipocondriaci morbosi, di azzeccagarbugli. Qualsiasi Casanova ne uscirà con le ossa rotte. Casanova non è, in fondo, che l’altra faccia di Antonio Magnano, senza la sua fragilità. Entrambi testimoniano solo la dolorosa impotenza d’amare di un intero popolo.
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