Ruggiero Romano |
Ha scritto il mio amico
Ciu En-lai nel "Quotidiano dell'Umbria.it" che, insieme con
la liquidazione di Ignazio Marino, il capintesta toscano vuole il
ridimensionamento di Orfini, che - con il suo appoggio - gli aveva
portato in dote i gruppi dirigenti locali del Pd. Ora, a capo delle
città e delle regioni, Renzi vuole dei suoi fedelissimi senza
mediazioni. I vecchi capataz, se vogliono conservare il potere,
dovranno entrare nelle sue grazie e fare "omaggio" di se
stessi, dichiararsi "uomini suoi".
Si annuncia qualcosa che
somiglia al "feudalesimo perenne", la categoria che usò
Ruggiero Romano nel primo volume della Storia d'Italia Einaudi
per individuare i caratteri distintivi del "caso italiano",
cioè un potere che si regge prevalentemente su relazioni e
subordinazioni da persona a persona. I capi locali del Pd a venire
somiglieranno sempre più ai "ras" del fascismo, il cui
potere dipendeva dalla fiducia del capo e dal legame personale con
lui.
Qualcosa del genere
(imporre un potere personale in periferia attraverso la scelta di
fiduciari), nella storia repubblicana, l'aveva tentato Fanfani, ma lo
bloccarono prima la rivolta dei siciliani di Milazzo, ostili al
viceré fanfaniano La Loggia, e poi i "dorotei" nella
famosa crisi della Domus Mariae del 1959.
Per liberarci di Renzi
dovremo aspettare un nuovo 25 luglio o basterà una congiura di
oligarchi e di notabili benedetta dalla Chiesa?
Nota fb 28 ottobre 2015
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