Da un provocatorio articolo di Cavazzoni sul sorriso nelle fotografie e sul suo significato riprendo un ampio stralcio. (S.L.L.)
[…] Sembra che il primo
ad inventare “cheese” sia stato il presidente americano Roosevelt
nel 1943 e l’esempio si sia poi sparso e rafforzato. Voglio far
notare che il 1943 era l’apice della guerra mondiale e Roosevelt
aveva di che essere preoccupato; però doveva mostrare di essere
ottimista; non ridanciano, che un presidente ridanciano sembrerebbe
considerare lo Stato una barzelletta e la guerra in corso una comica,
con evidente dileggio per i morti e le sofferenze del Paese; e
neppure doveva apparire troppo certo e determinato sugli eventi
futuri, come fanno mostra in genere i dittatori, che sono dittatori
appunto per questo, infatti né Stalin, né Hitler o Mussolini
sorridono, né Francisco Franco, Salazar e via dicendo. Invece
Roosevelt anche nella tragedia mondiale doveva apparire ottimista, e
questo ottimismo obbligato si è sparso a poco a poco in tutto il
mondo occidentalizzato, la gente in foto si è messa a sorridere,
anche nelle foto tessera (dove, mi chiedo sempre, cosa ci sia da
ridere a proposito della patente o della carta d’identità);
un’indagine americana ha appurato che i denti in foto appaiono
dagli anni ’50 per le femmine, per i maschi poco più tardi.
Ed è così naturale oggi
sorridere che è diventato un riflesso condizionato, automatico, di
fronte a qualcuno che scatta una foto, come se una foto non
sorridente fosse mal riuscita, cioè non obbediente ai canoni della
foto ben fatta. Ci sono siti internet dove si insegna a sorridere,
come e quanto per un miglior risultato, è dato per scontato si debba
sorridere, tanto che ci si chiede come mai prima non si sorrideva, né
in foto né nei ritratti, capovolgendo così la questione, perché
invece mi risulta che da quando il volto umano viene raffigurato, da
almeno seimila anni, è raffigurato in stato normale, né corrucciato
né ridente; non si riuscirebbe neppure ad immaginare la statua di
Giulio Cesare ridente, o di Ottaviano Augusto o di Cicerone,
sembrerebbero degli stolti che voglion piacere ed esser simpatici;
neppure Nerone o Eliogabalo nella loro teatralità sorridono,
l’impero romano sembrerebbe una buffonata; o comunque se Giulio
Cesare ci sorridesse passando il Rubicone, la conquista della Gallia
parrebbe una passeggiata di piacere, e se sorridesse anche Pompeo,
l’immensa e sconvolgente guerra civile e la finale battaglia di
Farsalo sembrerebbero uno scherzo di due buontemponi. Non sorrideva
neanche mio bisnonno Angelo Fuchs, ingegnere e sindaco di Gardone
all’inizio del ‘900, lo si vede in foto con l’aria dell'uomo
occupato dai suoi pensieri e dal suo lavoro, a cui probabilmente
hanno chiesto: le possiamo fare una foto ingegnere? E lui avrà
detto: fate pure; come una cosa che non implicava nessun
atteggiamento falso e di convenienza; e in tutte le foto della mia
famiglia paterna e materna nessuno sorride fino agli anni ’50, come
penso in tutte le famiglie normali e di buon senso.
Quindi la questione non
è: perché non sorridevano? ma: perché si son messi tutti a
sorridere da un certo punto in avanti. In internet, in siti
autorevoli, si dice che questo è stato possibile grazie alla foto
istantanea (senza tempi lunghi di posa) e grazie alle cure
dentistiche. Il che equivale a dire che mio bisnonno avrebbe voluto
sorridere ma avendo i denti cariati ha preferito rimanere
impassibile, e così tutti gli altri miei parenti, tutta la mia
famiglia coi denti cariati e di conseguenza bocca chiusa pur con
l’impulso contrario. Oppure, secondo la prima ipotesi, tutti
avrebbero voluto sorridere fin dall’antichità ma stare in posa
sorridenti davanti allo scultore, al pittore o al fotografo era una
tale fatica, che per sbrigarsela presto preferivano restare seri.
Secondo questa ipotesi Giulio Cesare avrebbe voluto farsi ritrarre
allegro mentre gli scappava da ridere, ma dovendo star troppo in
posa, la voglia gli passava. Come capirete sono ragioni che non
stanno in piedi, perché l’anomalia del sorriso è recente e
ingiustificata, e soprattutto falsa, si sorride come un tempo ci si
metteva la parrucca incipriata in pubblico, quelle parrucche barocche
vistose e abbondanti, che oggi ci sembrano ridicole; chissà che la
moda non voglia tutt’ad un tratto che in foto si sbadigli per dar
l’idea di una persona tranquilla che non ha bisogno di psicofarmaci
per addormentarsi; o la moda voglia si sia piangenti, perché la
nostra è tutta una valle di lacrime, la vita un’illusione e la
morte là in fondo in attesa. Le mode sono imprevedibili, ma dicono
molto sullo spirito di un’epoca. Oggi è di moda la felicità, che
la vita sembri una scampagnata colta dal flash in mezzo alle
barzellette, al buonumore e alla socialità (si sorride solo in
presenza di altri).
Scrivo questo pezzo per
invitare la popolazione ad essere seria, o normale, o almeno attonita
in foto. Mi preoccupo per il futuro. [...] Dal 1943 al 2017
l’umanità è stata cinica, ormai è irrimediabile, negli archivi
si vedranno le facce smaglianti, strafottenti, in tante foto ricordo
o foto tessera, tutti che se la ridono superficialmente, mentre
serpeggiava la guerra in Medio Oriente, una bomba esplodeva in una
scuola, le torri gemelle bruciavano, la fame distruggeva parte
dell’Africa, la droga e l'Aids dilagavano. Poi dalla fine del 2017,
o diciamo dal 2018, per dare un po’ di tempo a chi deve ricredersi,
sarebbe bello che nessuno più ridesse in fotografia, come fino a 74
anni fa, e chi non riesca ad essere attonito si faccia ritrarre
almeno malinconico, o malcontento, avvilito, preoccupato per le sorti
del genere umano e del pianeta …
"Il Sole 24 Ore Domenica", 6 agosto 2017
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