Nel 2004 la più antica
delle majors, protagonista
della storia del cinema americano e mondiale, dopo una lunga fase di
decadenza, venne acquisita da Sony-Columbia e perse la sua autonomia,
cambiando completamente identità: oggi produce soprattutto contenuti
televisivi, utilizzando la sua ancora cospicua “libreria”. Il
necrologio che qui “posto”, affidato dal “manifesto” ad
Andrea Rocco, a me è sembrato ricco di informazione critica e ben
costruito. (S.L.L.)
Con l’acquisto della
Metro Goldwyn Mayer da parte di Sony-Columbia, le sette sorelle sono
rimaste sei: Paramount, Universal, Disney, Warner, Columbia, Fox. Il
primo a morire degli storici studios hollywoodiani che hanno dominato
per oltre ottant’anni rimmaginario di mezzo mondo è stato quello
che aveva le più forti caratteristiche identitarie. Non solo quel
leone ruggente (ha anche un nome, Leo the Lion) all’inizio di ogni
pellicola, circondato dal motto latino «Ars Gratia Artis» , ma per
decenni uno stile, lo «stile Mgm» che differenziava i film prodotti
negli studios di Culver City da quelli dei concorrenti.
Dalla Mgm «veniva un
mondo di sogno» - ha scritto Neal Gabler, autore della storia dei
fondatori di Hollywood, An Empire oftheir Own. «Da lì veniva
un mondo a volte straordinariamente risplendente, a volte commovente
per semplicità ed ingenuità, un mondo nato dalle contraddizioni
della vita stessa di Louis Mayer».
Anche se alla nascita
ufficiale della Mgm, nel 1924, il nome di Mayer non appare ancora (si
chiama Metro Goldwyn), è lui a plasmare e a riempire con la sua
enorme personalità la futura «major». Ebreo, nato in Europa
dell’est, come tutti i fondatori degli studios di Hollywood (Zukor
di Paramount, Cari Laemmle di Universal, Harry Cohn di Columbia,
William Fox e i fratelli Warner), Mayer dopo un’infanzia infelice
tra il Canada e il Massachussetts aveva cominciato ad interessarsi
della nascente industria del cinema, entrando nella distribuzione.
Il colpo grosso lo fa
quando si assicura i diritti di distribuzione del capolavoro di
D.W.Griffith, Nascita di una nazione e pochi anni dopo,
fondata la propria società di produzione a Los Angeles, assume
Irving Thalberg. I due vengono chiamati nel 1924 dal proprietario di
sale Marcus Loew a dirigere l’appena costituita Mgm. Fin
dall’inizio, l’innovazione di Mayer e Thalberg è la
«spettacolarizzazione» del business del cinema: un grande party con
aerei che fanno piovere fiori sugli invitati all’inaugurazione
degli studios Mgm di Culver City, la costruzione delle figure delle
dive come inarrivabile modello di identificazione popolare,
l’ostentazione dei consumi di lusso (li-mousines, ville, piscine).
Parallelamente, grazie
soprattutto a Thalberg, Mgm delinea quel modello di «studio System»,
di contrattualizzazione a lungo termine delle star, di scrittori e
registi che caratterizzerà l’ascesa di Hollywood negli anni ‘30
e ‘40.
Sono anni in cui Mgm
sforna decine di film di successo, dal Mago di Oz alla serie
di 17 film di Andy Hardy con Mickey Rooney, da Night at the Opera
dei fratelli Marx a L'ammutinamento del Bounty. Della
«scuderia» Mgm fanno a lungo parte Clark Gable, Jimmy Stewart, Fred
Astaire & Ginger Rogers, Gene Kelly, Jean Harlow, Laurel e Hardy,
Buster Keaton, Greta Garbo, Bette Davis, Lana Tumer, Joan Crawford,
Spencer Tracy e Katharine Hepbum. E tra gli scrittori, Francis Scott
Fitzgerald e William Faulkner.
Via col vento? Non
renderà
Non sempre l’ossessiva
ricerca del meglio e della qualità o la leggendaria intuizione per
il successo di Mayer e Thalberg fanno centro. Famoso fl giudizio di
Thalberg sulla sceneggiatura di Via col Vento: «Nessun film sulla
Guerra civile ha mai guadagnato un centesimo». Mgm respinge il
progetto (ma lo distribuisce) che è diventato il film più
profittevole della storia del cinema.
Ma Mayer è stato un
innovatore anche sotto un altro punto di vista. Ossessionato
dall’ansia di assimilazione nella società americana, ferocemente
conservatore e moralista, è stato il primo ad intuire il potenziale
di forza politica dell’industria del cinema. Primo tra i mogul
hollywoodiani ad essere invitato a dormire alla Casa bianca (da
Hoover nel ‘28), Mayer era acceso nemico di Roosevelt e soprattutto
è stato colui che ha impedito allo scrittore socialista Upton
Sinclair di diventare governatore della California nel 1934. Mayer
mobilita i colleghi-rivali delle altre «majors» contro colui che
prometteva di mettere fine alla povertà in California anche tassando
maggiormente la produzione di film. E utilizza per la prima volta le
armi della propaganda cinematografica, con falsificazioni molto
simili a quelle attuali dei «reduci del Vietnam contro Kerry». La
vittoria di Mayer contro Sinclair ne fa per anni uno dei produttori
più influenti politicamente (fu presidente del partito repubblicano
della California), ma le sue tattiche creano in dipendenti ed attori
una reazione che sposta per sempre Hollywood nel campo progressista.
Altrettanto feroce è stato atteggiamento di Mayer e della Mgm ai
tempi della «caccia alle streghe» maccartista.
Nel frattempo andava
sgretolandosi quello «studio System» nel quale Mgm aveva
prosperato. Nel 1948 una sentenza della Corte suprema pone fine al
monopolio degli studios sulle sale cinematografiche; nel 1950, dopo
due tentativi falliti di liberarsi dal cappio dei contratti con gli
studios da parte di Bette Davis e di Olivia De Havilland, James
Stewart negozia con successo un accordo che lo rende partecipe degli
utili dei suoi film. Ad aiutarlo è Lew Wasserman, agente e nuova
forza emergente della politica hollywoodiana. È la fine del potere
dei vecchi studios, l’inizio del declino di Mgm.
Nel 1939 lo studio di Leo
the Lion aveva una posizione dominante, il 22 per cento degli incassi
del botteghino statunitense. Nel 1949 la leadership era insidiata da
Fox. Ancora nel 1964 Mgm è ai vertici, appaiata a Paramount, ma nel
1972 la sua quota di mercato precipita al 6% (sono Warner e Paramount
a dominare). Le cause della decadenza sono molteplici. Mgm resta a
lungo una casa cinematografica «pura», mette le «majors» rivali,
dopo la scomparsa alla fine degli anni ‘50 della generazione dei
fondatori, cambiano pelle. Arrivano grandi gruppi industriali come
Gulf and Western, che acquisterà Paramount, Coca-Cola (Columbia),
Matsuhisa (Universal) e Sony (ancora Columbia). Sono acquisizioni che
in qualche modo limitano l’indipendenza degli studios, ma al tempo
stesso danno loro spalle abbastanza larghe da poter entrare nei nuovi
settori della tv, del video, dei video-games, dei parchi a tema.
Mgm finisce invece nelle
mani di Kirk Kerkorian, un miliardario di origine armena che ha fatto
i soldi con alberghi e casinò e che se antropologicamente potrebbe
somigliare ai vecchi tycoons hollywoodiani, per il cinema non ha
alcun interesse. Proclama che Mgm sarà d’ora in poi soprattutto
una società alberghiera, vende parte dei preziosi archivi a Ted
Turner (che lancerà il business della colorizzazione dei film),
costruisce un enorme albergo a Las Vegas, l’Mgm Grand, il cui
ingresso ha la forma di Leo the Lion. Sono gli anni ‘90 e la quota
di mercato delle produzioni Mgm cala al 3%.
Un ex cameriere
italiano
Poi Kerkorian passa la
mano. Con l’aiuto del Crédit Lyonnais, l’ex-cameriere italiano
Giancarlo Panetti stupisce il mondo acquistando lo studio del leone.
Il suo è un impero breve, che porta in caricatura i segni del potere
hollywoodiano «A Hollywood - scriveva Edward Jay Epstein sul suo
Diary -Panetti vive con uno stile da Grande Gatsby. Ha comprato una
villa a Beverly Hills da 8 milioni di dollari, dove porta i suoi
ospiti a visitare un sotterraneo blindato con quadri che lui
identifica come Picasso, Mirò e Goya... Affitta una Rolls da 200mila
dollari ed « proprietario di un ristorante italiane Madeo, e un
night-club, Tramps».
Panetti, scaricato dal
Crédit Lyonnais, abbandonato anche dal socio Florio Fiorini,
ex-manager Eni e «link» con l’establishment affaristico
socialista dell’epoca, finisce in galera un paie di volte, nel 1991
e nel 1999, per riemergere recentemente come candidato a sindaco
della natia Orvieto.
Nel frattempo Kerkorian
si è ricomprato la Mgm, ha ripreso a fare film, alcuni, come Legally
Blonde e Barber-shop, fanno anche dei quattrini,
mentre la «library» di 4000 film e di 10.000 titoli televisivi
diventa sempre più preziosa nelle sue potenziali declinazioni di
contenuto per i nuovi media. Kerkorian fa sapere che Mgm è di nuovo
in vendita, ed è storia degli ultimi giorni.
Dopo una durissima battaglia con Time Warner la Sony, sostenuta dal colosso della Tv cavo Comcast, conquista la casa di Leo the Lion. Le attività cinematografiche saranno proseguite da Columbia, già controllata da Sony, che occupa proprio quegli studios di Washington Boulevard a Culver City sui quali nel 1924 Louis Mayer aveva fatto versare una pioggia di fiori da una flotta di aerei nel giorno dell’inaugurazione.
Dopo una durissima battaglia con Time Warner la Sony, sostenuta dal colosso della Tv cavo Comcast, conquista la casa di Leo the Lion. Le attività cinematografiche saranno proseguite da Columbia, già controllata da Sony, che occupa proprio quegli studios di Washington Boulevard a Culver City sui quali nel 1924 Louis Mayer aveva fatto versare una pioggia di fiori da una flotta di aerei nel giorno dell’inaugurazione.
"il manifesto", 18 settembre 2004
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