19.10.17

La «vita agra» di Sandro Penna (Vincenzo Talarico)

Questo brano, come altri che “posterò” nei prossimi giorni è tratto dal volumetto Cardarelli e dintorni, in cui nel 2013 l'editore Rubettino pubblicò - con il concorso del Comune di Padula e la cura di Giuseppe Cristofaro e Santino Salerno – una selezione delle note di letteratura e di costume scritte tra il 1966 e il 1967 da Vincenzo Talarico per “Momento sera”. Talarico è più noto come attore, ma fu anche giornalista e sceneggiatore. A me pare molto di più: uno scrittore di qualità. Comincio con questo ritratto, molto affettuoso, di Sandro Penna, anche per un omaggio al poeta, uno dei più grandi del Novecento, a cui nella città natale (Perugia) la locale Società Operaia di Mutuo Soccorso dedicherà un interessante incontro sabato 21 ottobre. (S.L.L.)
Sandro Penna
20 giugno 1967
Con quanta gioia ho rivisto, ieri sera, Sandro Penna. Era sparito dalla circolazione quasi un anno fa, mi avevano detto che era, o meglio diceva di essere più malato del solito, e non usciva più. Ora sta bene, ha ripreso a «mangiare fuori».
Non vuol parlare di letteratura, «non sa niente», «non legge più» nemmeno i giornali. Ma quando gli ho detto che non c'è, ormai, antologia scolastica per le medie anche inferiori dove non si trovi una sua poesia, mi ha risposto che lo sapeva. La critica letteraria, d’altronde, ha riconosciuto da tanto il valore della sua arte: che gl’importa dei pettegolezzi, dei premi, delle polemiche? Egli, come risaputo, non vive di poesia, e la sua ispirazione è, d’altronde, così cauta e parsimoniosa che non gli consentirebbe nemmeno il più innocente compromesso.
I mestieri esercitati da Penna, chi può contarli? Quando, nel dopoguerra, si comprava tutto alla borsa nera, egli si era trasformato in «borsaro». Si può dire che senza di lui i letterati romani si sarebbero trovati devitaminizzati, e se, a quel tempo, vi erano scrittori e giornalisti in possesso di macchinette fotografiche ultimo modello e accendini che si accendevano, si poteva facilmente indovinarne la provenienza. Cera, poi, persino chi giurava di aver visto Penna alle corse intento a segnare su una lavagna i nomi dei cavalli vincenti. Non a caso, infatti, una sua vecchia, e bellissima, lirica dice:
Felice chi è diverso
essendo egli diverso.
Ma guai a chi è diverso
essendo egli comune.
Altro elemento che aggiunge mistero alla figura di Sandro Penna è la sua età. Di lui si può affermare che non ha età. Potrebbe essere benissimo coetaneo degli efebi suoi ammiratori e seguaci, ma i vecchi di via Condotti, del Babuino e di piazza del Popolo, se lo ricordano «così da sempre». Vi sono crestomazie che includono liriche penniane tra quelle dei poeti della generazione di Cardarelli, ma in altre, recentissime, egli è annoverato tra i più significativi rappresentanti delle ultime leve. Qualcuno, banalmente, ama ripetere che si rinnova in lui il prodigio di Dorian Gray. Recentemente una rivista inglese di non facile accesso ha pubblicato tre belle poesie sue, ed egli, ieri, mostrava il fascicolo con negligenza schernitrice. Poi è passato a parlare di altro, il mercato dei quadri, il centrosinistra. A un certo punto, è arrivato uno strillone con l’«ultima» di un giornale della sera. Qualcuno lo comprò, cera in prima pagina la notizia di un soldato canadese che, in un albergo di Copenaghen, aveva tentato, con un coltello da cucina, di farsi da solo l’operazione per cambiare sesso. «Che stupido!», ha commentato Penna, «Perché da solo? Poteva farsi aiutare, almeno, dal ragazzo dell’ascensore!»

Cardarelli e dintorni, Rubettino, 2013

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