Parla come i renzisti codesto Pisapia.
Una sinistra che si confronti con il moderato Pd in piena autonomia
la chiama "ridotta del 3%". Finito l'equivoco sulla
sinistra che lui vuole (la vuole alleata del Pd a prescindere dalla
sua linea e dalla sua leadership e dunque subalterna), ogni tanto
cerca nell'antipatico D'Alema il bersaglio facile e lo dice
"divisivo". In verità D'Alema, per lui come per gli altri,
è un “diversivo”: quando non sanno cosa dire attaccano D'Alema
(che peraltro nel suo armadio conserva più d'uno scheletro ed è
perciò attaccabilissimo).
Non si può più aspettare. Bisogna
andare a Genova subito, e chi c'è c'è, senza inseguire improbabili
leader ed affermando con chiarezza che le elezioni non sono il fine
ma solo uno degli strumenti per cambiare la società in direzione di
un mondo di liberi e di uguali: fondamentali sono le lotte sociali e
sindacali, l'organizzazione nei territori e nella rete, la
partecipazione di base informata e consapevole.
La ricostruzione esige un lavoro lungo
e paziente da parte di quelli che la desiderano, e questo lavoro non
si svolgerà prevalentemente nelle istituzioni elettive: ma nei
luoghi di lavoro e in quelli dell'emarginazione vecchia e nuova, nei
quartieri dove vivono i ceti popolari, nei territori offesi dal
degrado e taglieggiati dalla criminaltà, nelle scuole, nelle
università, negli ospedali, nei mezzi di comunicazione e nella rete
per contrastare l'egemonia culturale del capitale e delle sue
ideologie individualistiche. La presenza nel parlamento e negli enti
locali deve essere espressione e proiezione fattiva di un moto di
trasformazione che percorre la società. Ma a Genova bisogna andare
subito se si vuole avere una rappresentanza parlamentare che aiuti la
ricostruzione, pur senza pretendere di guidarla. Non si può
aspettare di vedere come vanno le elezioni in Sicilia, la legge
elettorale che passerà (se passerà), quanti posti sicuri (?) Renzi
riserverà agli orlandisti con le liste bloccate e altre congeneri
amenità.
Non sono pochi quelli che dicono: torno
a votare solo se c'è una sinistra seria. E una sinistra seria è
quella che la smette con le inutili schermaglie e lancia le campagne
politiche di questo inverno: sui redditi e i diritti del lavoro e dei
ceti popolari, sulla pace e il disarmo, sulla riforma dell'Europa,
sulla difesa e la riqualificazione della sanità e della scuola
pubblica, sulla moralizzazione della vita pubblica, per lo ius soli e
l'integrazione degli immigrati. Una sinistra senza settarismi, che
cerca il dialogo e le alleanze più larghe e accetta il compromesso
utile, il risultato parziale. Con i sindacati, gli scienziati, le
associazioni, le religioni organizzate (in primis con la chiesa
cattolica cui il nuovo papa sembra aver dato un indirizzo
progressista), gli intellettuali laici, l'imprenditoria innovativa,
con tutti quelli che ci stanno insomma, incluse le forze e i gruppi
politici.
Un partito del lavoro e dell'uguaglianza, non ideologico, ma largo, aperto e molto, molto inclusivo, sarà forse piccolo in partenza, ma destinato a un grande avvenire.
Un partito del lavoro e dell'uguaglianza, non ideologico, ma largo, aperto e molto, molto inclusivo, sarà forse piccolo in partenza, ma destinato a un grande avvenire.
Stato di fb 17 ottobre 2017
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