Hans Baldung Grien, La Sacra Famiglia |
L'articolo, del 1984, illustra le tesi controverse di Leo Steinberg, il cui libro, quello di cui si discorre, era appena uscito negli USA. In Italia sarebbe stato tradotto e pubblicato per Il Saggiatore due anni più tardi. (S.L.L.)
Pietro Perugino, Madonna col bambino, Particolare, Washington Museum |
Così, dettaglio dopo
dettaglio, di particolare in particolare, si scopre che questo
inedito «blow up», questa messa a fuoco irriverente e
dall’apparenza blasfema, è in realtà costruita su un mare di
erudizione. E a noi è dato di poterne apprezzare almeno una parte:
222 pagine nate per raccogliere una serie di conferenze alla Columbia
University di New York, pubblicata invece con grande risonanza,
scientifica e di pubblico, dalla Ramdom House con l’intrigante
titolo: The Sexuality of Christ in Renaissance Art and in Modem
Oblivion («La sessualità di Cristo nell’arte del Rinascimento
e nella moderna rimozione») di Leo Steinberg.
Particolari dalle Madonne di Cosmé Tuta e Cima da Conegliano |
Steinberg ha sempre
cercato di leggere dietro il linguaggio del grande Michelangelo le
verità di un uomo travagliato, nei due libri che ha dedicato al
Giudizio universale e alla decodificazione erotico-sessuale
delle Pietà. Ed ecco, quindi, come il discorso ora si
completa: «C’è stato un momento nell’arte del Rinascimento», è
l’ultima tesi di Steinberg, «in cui si è cominciato a
rappresentare con grande enfasi realistica il sesso di Gesù bambino
e de Cristo morto. A partire dal Quattrocento fino alla seconda metà
del secolo XVI sono centinaia le opere religiose in cui si può
riscontrare l’uso di questo "tema”, blasfemo solo
nell’apparenza».
In realtà, ed è la
parte forte della dimostrazione di Steinberg, in questi artisti e in
queste opere, dalla Madonna del latte, che Ambrogio Lorenzetti
dipinse nel 1325, alla Sepoltura (con il Cristo morto che con
la mano sinistra protegge i suoi genitali: gesto misterico quanto
naturale) del caravaggesco Jusepe Ribera, c’è l’esplicita
intenzione di glorificare uno dei dogmi fondamentali della Chiesa
rinascimentale: l’umanizzazione di Dio. Facciamo un esempio.
Osserviamo con attenzione la Sacra Famiglia di Baldung Grien.
A spiegarne il
significato ci aveva già provato Philippe Ariès, storico del
Medioevo francese, sostenendo la tesi di una diffusione «popolare»
della masturbazione infantile all’epoca di Baldung Grien. «Nessuno
scandalo, quindi», sosteneva Ariès, «non facevano così tutte le
nonne? Non facevano così tutti i bambini?».
Particolare dalla Madonna con Bambino (foto piccola) del senese Sodoma (1525) |
Ma come mai lo stesso
ragionamento non funziona se applicato all’arte medioevale e
all’arte bizantina? La risposta, secondo l’interpretazione di
Steinberg, sta tutta dentro la storia dell’arte. L’arte
bizantina, infatti, aveva annullato il corpo, e anche l’arte
medioevale non lo teneva in gran conto: la verità della parola
incarnata non aveva allora nessun bisogno di essere dimostrata.
Paragoniamo per esempio
il Gesù di Masolino da Panicale che protende le sue mani
verso il seno nudo della Madonna con il Gesù della Maestà di
Cimabue che si trova al Louvre: il primo è proprio un bambino in
carne e ossa quanto il secondo è ieratico e non umano.
Quando l’arte si
riappropria del corpo, per l’artista rinascimentale cresciuto
nell’ortodossia trionfante l’obiettivo non è più quello di
proclamare la divinità del bambino ma di rappresentare il Cristo
come figlio di Dio che si è fatto uomo. Un vero uomo. Con tutti i
suoi attributi!
Fino a che punto regge
questa interpretazione così categorica di Leo Steinberg? Qui di
seguito lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi ridimensiona
l’interpretazione «sessuale» della rappresentazione del Cristo
nell’arte del Rinascimento. Invece tutti quei cazzettini in
erezione, come quello del Gesù di Cima da Conegliano, o del
Perugino, o del Correggio, dimostrano, proprio perché così
ostentati, che «l’autenticità dell’umanità del Cristo deriva
tutta la forza invincibile dal membro sessuale del bambino».
Quindi: se Dio si è
fatto corpo, insieme alle gambe, agli occhi... avrà anche il pene.
Attenzione, è però un pene senza peccato originale. Cristo infatti,
come diceva San Gerolamo, è «vergine nato da una vergine». «E non
è questa», insiste Steinberg, «una ragione sufficiente per fare
del membro sessuale un oggetto di "ostentatio” né più né
meno come le "stimmate” del Cristo crocefisso e risorto?».
Come prova documentaria Steinberg indica l'Ecce Homo del
fiammingo Maerten van Heemskerck il cui panno che drappeggia le gambe
nasconde un’imbarazzante erezione. Niente di blasfemo. Heemskerck
sapeva bene come Baldung Grien o Willem Key quello che stava facendo:
con quel soggetto volevano dimostrare un dogma di fede.
Siamo noi che abbiamo
dimenticato la simbologia teologica di un’intera epoca. Ecco perché
siamo portati a vedervi significati blasfemi e impudichi che invece
non vi sono.
Birichini!
“Europeo”, ritaglio
senza data, ma 1984.
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