Gianni Boncompagni ed Enzo Arbore, al tempo di "Alto Gradimento" (1970-1980) |
GOLIARDATE, pernacchie
, ammiccamenti, parolacce. Il 14 luglio di dieci anni fa il pubblico
della radio balzò sulla sedia ascoltando la prima puntata di Alto
Gradimento. Cose mai sentite. Arbore, ma come le venne in mente? E
dove prendeste il coraggio, lei e la sua banda, per stravolgere le
regole un po’ bigotte della radio di allora?
«L’idea di fare una
trasmissione del genere ha i suoi due bravi genitori: la noia e il
gusto della sfida. Cominciamo dalla noia. Io conducevo una fascia
pomeridiana che si chiamava Per voi giovani, chiacchiere,
canzoni e altro sulla realtà giovanile. Realtà giovanile che in
quegli anni, come lei sa, divenne calda, perché nel 68, pare,
successe qualcosina... Insomma, divennero tempo curiosi, e anche Per
voi giovani divenne pieno di problemi, problematiche,
orientamenti professionali, discussioni, diciamo impegno per usare la
parolaccia. Io non ho nulla contro i temi importanti, anzi leggo ogni
giorno «Repubblica» assieme ad altri due o tre giornali. Però non
è questa la mia vena, io sono un uomo di spettacolo, voglio
divertire divertendomi. Il mio pane era «Bandiera gialla» che
facevo nel 65, un gran casino con la musica del Piper, i Beatles e i
Rolling Stones».
— E allora decise...
«No, no, aspetti.
Contemporaneamente cominciava ad annoiarsi anche Gianni Boncompagni
che pilotava con Moccagatta «Chiamate Roma 3131». Insomma, lui
aveva a che fare con le lacrime di alcune massaie, io con la nuova
identità dei giovani. Tutto troppo maledettamente serio. Ne parlammo
e alla fine decidemmo di inventare una trasmissione rigorosamente di
evasione. Così cominciammo, la mattina del celebre 14 luglio, senza
sapere esattamente che cosa fare se non il contrario di un programma
tradizionale di varietà, con un copione vidimato dal funzionario di
turno e recitato da attori veri. Un’altra regola: «Alto
Gradimento» doveva essere in diretta, o perlomeno registrato come se
fosse in diretta, affidato all’ im prò v visazione, all’ e-stro
del momento. Inventammo l’uso della cuffia per: ché quei rumori
assordanti ci galvanizzavano, cominciami mo a vomitare quello che ci
passava per la testa, un sacco di puttanate, ma abbastanza sniritose,
salaci. Mordevano».
— E il padre
dell’idea, la sfida? Che genere di sfida?
«Boncompagni faceva un
po’ da spalla a Moccagatta, io stavo per essere cacciato via da Per
voi giovani perché alcuni ragazzotti che usavo per le
interviste mi avevano preso la mano e alcuni politici non gradiscono.
Non attraversavamo un buon momento: mamma Rai non aveva verso di noi
un occhio particolarmente affettuoso e di nostro eravamo parecchio
frustrati. Ma come, ci si divertiva un mondo di notte e poi di giorno
ci si annoiava».
— Perché, di notte,
cosa facevate?
«Oddio, facevamo gli
spiritosoni, facevamo scherzacci notturni. Molti personaggi di Alto
Gradimento sono nati da scherzacci notturni. Mi ricordo
«Svegliati e vinci», uno spasso, mi creda».
— Che cos’era?
«Un finto programma di
quiz notturni che facevo da casa di Fabrizio Zampa. Ma condotto ad
arte, con tanto di dischi, campanelli e applausi registrati.
Svegliavamo il concorrente nel cuore della notte per fargli vincere
una Fiat 500. Per dire, c’è cascato Marenco! Ci sono cascati
Romolo Siena, Paolo Villaggio, Luciano Salce, che sono andati a
ritirare la 500 alla Maglianella. E il colonnello Buttiglione? Lei sa
com’è nato il colonnello Buttiglione?»
— Com’è nato?
«Marenco telefonava da
casa Boncompagni all’osservatorio astronomico di Roma
qualificandosi, appunto, come il colonnello Buttiglione, e denunciava
che quello stesso giorno aveva notato un insolito ondulare del
lampadario sito sul tavolo centrale della sala centrale della caserma
Zanzibar, spiegando il fenomeno nei dettagli più infinitesimali al
malcapitato che rispondeva dall’altra parte del filo. La gag
prevedeva che appena questo sventurato interrompeva, dicendo anche
soltanto ’ capisco’, Marenco faceva: 'Non mi interrompere. Sono
il colonnello Buttiglione e ti dicevo che questa mattina... e
ricominciava da capo tutto il racconto. Dall’altra parte c’erano
soltanto gemiti. Erano telefonate basate sulla lunghezza, duravano
anche tre o quattro ore».
— Ma
dall’osservatorio non attaccavano mai il ricevitore?
«Non è mai successo,
probabilmente avevano il terrore dell’autorità costituita».
— Dunque, Alto
Gradimento parte. Con Arbore e Boncompagni più Marenco e
Bracardi. Quale accoglienza aveste dalla Rai?
«Alcuni, come il
professor Leone Piccioni e il direttore della radio Giuseppe
Antonelli ci difendevano a spada tratta. Oltre, naturalmente, a Ugo
Porcelli e Massimo Fasan che erano addetti alla trasmissione e che
anche in seguito sono rimasti al nostro fianco. Altri, quelli ancora
legati alla vecchia Rai, la Rai asservita al potere politico e dalla
censura facile, ci avrebbero volentieri messi al muro. Non erano
individuabili, noi non venivamo avvertiti delle grane, restavamo
sempre un po’ defilati dai corridori. Comunque di momenti difficili
ce ne furono tanti, ammonizioni, persino interrogazioni parlamentari.
Una ne avanzò, se non sbaglio, anche Signorile. E poi una volta —
quando utilizzavamo la voce di alcuni leader politici per rispondere
alle domande più cretine — “Il Popolo” insorse con un corsivo
in difesa di Fanfani che a qualsiasi affermazione fatta in studio
replicava dicendo 'aria fritta’. 'Perché Fanfani sì e Berlinguer
no?’, scrisse in sintesi ’Il Popolo’. Fanfani, poverino, a
protestare non ci pensava proprio. Telefonò a Boncompagni e gli
disse: ‘Guardate che non sono stato io l’ispiratore del corsivo
sul Popolo, anzi mi diverto molto’. Non si divertivano i
megadirigenti della Rai, però, che ci imposero 1’alt».
— E voi obbediste?
«Beh, con qualcuno si
poteva trattare, specie quando alla direzione della radio c’era
Antonelli, un uomo burbero, ma simpaticamente burbero. Dopo il
caso-Fanfani ci recammo da lui e gli chiedemmo: visto che i politici
non amano essere sfottuti o la Rai non ama che i politici vengano
sfottuti, se noi vi portiamo una lettera firmata da questi personaggi
ci concedete di continuare? La risposta fu sì».
«Ci recammo perciò da
alcuni leaders per ottenere la licenza di sfottò. Io scelsi
biecamente di fare il socialista col socialista, il comunista col
comunista, il monarchico col monarchico eccetera. Il radicale no,
perché allora non c’era, ma forse avrebbe sgamato. Da Covelli mi
recai quindi con una cravatta blu Savoia e mostrai di riconoscere a
prima vista le immagini che campeggiavano nel suo studio: quelle di
Elena, Umberto, Vittorio secondo, terzo e quarto che ricordavo dai
libri di storia : da Almirante andai a Palazzo del Drago in
doppiopetto gessato e così via. Tutti mi diedero subito
l’autorizzazione. L'unico a fare una certa resistenza fu Malagodi.
'Guardi, Arbore, mi fece, se lei alla domanda se mi piace l’ultimo
disco di Peppino di Capri mi fa rispondere che è un problema molto
grave per l’Italia in questo momento lei mi fa fare la figura del
cretino. Non mi dica di no'. Ma alla fine, grazie anche alle
pressioni del capo ufficio stampa del Pli, Marchione, anche Malagodi
firmò».
— Portaste le
lettere autografe in direzione e ricominciaste con le voci dei
politici.
«Sì. Ma questa era
soltanto una delle tecniche che usavamo con gli alti dirigenti.
Un’altra era quella di chiedere cento per ottenere ottanta.
All’inizio della trasmissione, per esempio, portammo al nostro
direttore un elenco di cento parolacce da poter dire. Fu una
trattativa lunga e laboriosa: cazzo neanche a parlarne: culetto sì
ma culo no, suona male: coscia se riferita al pollo va bene, ma
coscia di donna no. E coscia di uomo? Beh, dipende... Un grande
esempio di satira spontanea».
— Oltre che alcuni
politici, «Alto gradimento» disturbò dei cittadini anonimi che si
sentirono offesi dall’anonimia con le macchiette di Marenco e
Bracardi. Se non sbaglio un vero colonnello Buttiglione fece fuoco e
fiamme...
Franco Bracardi |
«Tutti sanno che
l’autentico colonnello Buttiglione protestò, ma pochi conoscono un
gustosissimo antefatto che lo condusse quasi alla disperazione. Andò
così. Il vero Buttiglione cercò di raggiungermi telefonicamente
alla Rai, ma sempre con esito disastroso. Le telefonate si svolgevano
regolarmente così: 'Vorrei parlare con il signor Arbore, per
favore’. Chi parla? 'Sono il colonnello Buttiglione’. Sì, e io
sono Scarpantibus, era la risposta regolare prima di riattaccare il
ricevitore. Buttiglione, non sapendo cos'altro fare, si rivolse
allora all'ammiraglio Sleiter, pregandolo di intervenire dall'alto
della sua autorità. Sleiter trovò Porcelli, il nostro funzionario:
'Per favore’, supplicò, fate quello che volete ma non nominate più
questo benedetto colonnello Buttiglione».
— C’e invece chi
ama essere citato alla radio, anche «Alto gradimento» ha subito
delle richieste.
«Eh sì, molte,
soprattutto quando Bracardi ha cominciato a distribuire dai nostri
microfoni i famosi babà».
— Quali sono state
le categorie più pressanti: uomini politici, di spettacolo,
giornalisti?
«Tutte le categorie,
tutte... Molti giornalisti, soprattutto. Però, intendiamoci sono
successi anche molti equivoci. Una volta per esempio, Bracardi
scrisse su un giornale che Gaspare Barbiellini Amidei, vice direttore
del 'Corriere della sera’, ci aveva telefonato per figurare nella
classifica dei babà. Non era affatto vero, è una persona serissima
Barbiellini. Mi cercò, poverino, e mi disse: 'Sa, io l'unica cosa
che non possiedo è il gusto di apparire’. No, bisogna stare
attenti, perché a volte basta una piccola leggerezza a far apparire
una persona sotto una luce che effettivamente non gli compete».
— Però anche questo
via vai di personaggi famosi con i quali condite la trasmissione è
un elemento del vostro successo.
Mario Marenco |
«Non tanto. Direi che la
vera chiave del successo di ’ Alto gradimento’ sono i suoi
personaggi. Personaggi che hanno il pregio di riflettere individui
che possiamo incontrare ogni giorno e di far lavorare la fantasia. Il
colonnello Buttiglione o la Sgarambona ognuno se li immagina come
vuole. Una volta Almirante mi disse: 'Sa perché mi diverte mólto la
sua trasmissione? Perché c'è quella Sgarambona che mi ricorda una
mia vecchia fidanzata’. E aggiunse: 'Che forse lei sa...'. Io non
sapevo, ma non replicai. Doveva essere una donna famosa. Forse c’è
stata una Sgarambona nella vita di tutti noi, quella fidanzata
petulante con cui uscivamo solo per farci una sveltina in macchina e
che poi evitavamo non appena avvenuta l'eiaculatio, per dirla
proprio brutalmente».
— Sulla comicità di
«Alto gradimento» si è detto e scritto tanto, mai però arrivando
a una conclusione: che tipo di comicità è mai? Perché resiste da
dieci anni?
«Noi crediamo, nel
nostro piccolo, di avere un po’ rinnovato la comicità. In maniera
autonoma rispetto alla comicità americana, intelligente e
sofisticata come quella di Woody Alien. Direi, anzi, in maniera
nazionale: Boncompagni umorista toscano, caustico, attentissimo, con
l’occhio vispo eccetera: io meridionale, un po' totoiano. faccio il
fesso per non andare alla guerra, come si dice; Bracardi ha il gusto
per il volgare, e si sa che un certo tipo di volgarità fa parte
della tradizione della comicità italiana; Marenco è un maestro del
crazy. Il suo è l'umorismo più difficile perché non ha
alternative, piace da matti o viene rigettato».
— Un po’ di Totò,
un po’ di Franchi e Ingrassia, molto surrealismo e un pizzico di
follia: è questa la vostra ricetta?
«Ma no. c'è anche
dell’altro. La satira politico-sociale, come nel caso di Verzo, la
tecnica del tormentone, come quel tipo che apre la porta, dice 'Sono
Raffaele La Capria, sono amico di Franco Rossi fin dai tempi della
scuola' e la richiude tre o quattro volte a trasmissione per un mese
di seguito, intervento completamente avulso da ogni giustificazione
reale. Insomma, non esiste una ricetta, o se volete la ricetta è nel
nostro spontaneismo e nel nostro divertimento. Ecco perché,
probabilmente 'Alto gradimento’ è arrivato agli sgoccioli. Ancora
poche battute e noi chiudiamo».
— Così,
all’improvviso. E perché?
«C’è
un momento di stanchezza del gruppo, e quindi anche della
trasmissione. Abbiamo paura della noia nostra e quindi anche del
pubblico. Abbiamo inventato più di cento personaggi di ogni tipo e
fatichiamo a trovarne altri, la satira politica ci è stata ormai
sottratta dai giornali che — fortunatamente — ci sguazzano.
Insomma, temiamo di non divertirci più, forse perché ci stiamo
divertendo con altre cose: Boncompagni con la regia televisiva, io
con il cinema. Marenco con il ritrovato gusto di fare l'architetto in
Arabia Saudita, Bracardi con i suoi spettacolini. Sì, ho proprio
l’impressione che questa celebrazione di 'Alto gradimento’ sia
anche un addio».
La Repubblica 12 luglio 1980
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