Troppe volte al cinema ne
abbiamo compitato il cognome a rovescio nella vetrofanie d’un
malfrequentato private. Ma la leggenda in celluloide che gli è
cresciuta addosso attraverso le barbe lunghe e gl’impermeabili di
Bogart, Powell, Mitchum e gli altri, non ha nuociuto a Philip
Marlowe; anzi - come certe illustri illustrazioni dell’Ottocento
s’incorporavano naturalmente nei testi - ha finito con
l’agglutinarsi con lui, prolungandone il malinconico
pellegrinaggio, di stazione in stazione, per le città di lusso, di
vizio e di morte. Sempre solo, sempre battuto, anche quando gli
avviene di vincere, sempre offeso dal male, dall’infelicità del
mondo, a cui non può opporre alla fine che una stupida pistola e un
lamentoso goodbye.
Oscar Mondadori 1989
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