Questo articolo è
ripreso dal sito “Vento largo” alimentato da un compagno ligure
Giorgio Amico, che vive oggi a Savona e che così scrive di sé:
Giorgio Amico
(Imperia, 1949)- Dopo una gioventù movimentata e una lunga carriera
scolastica, si dedica attualmente alla ricerca storica e alla
scrittura. Fra le sue opere: Operai e comunisti, Il
rinnegato Korsch, Un comunista senza rivoluzione, Wifredo
Lam, Futurismo a Savona, Le illusioni d'Itaca, Guy
Debord e la società spettacolare di massa. (Per contatti:
cedoc.sv@gmail.com)
L'articolo che segue
nasce a commento di un docufilm su Savona, Crisi complessa.
Ma a me pare che, mutatis mutandis, si possa applicare a molte realtà
economico-sociali. Anche qui nel perugino. (S.L.L.)
Il Re di Prussia e la Val
Bormida, ovvero come andare al cinema e uscirne leghista
Crisi complessa,
docufilm sulla crisi economica che da anni travaglia Savona e la sua
provincia. Film intenso, bellissimo, persino commovente che racconta
di un territorio in crisi, di famiglie distrutte dalla crisi,di vite
spezzate
Immagini di rovine,
capannoni sfondati, palazzoni disabitati, luoghi di vita e di
aggregazione ridottia a contenitori di immondizie. Scenari di guerra,
da città bombardate, da terzo mondo. Ferrania come Aleppo.
Un bel film, ma...
Ma non una parola su
perché tutto questo è avvenuto, sulle responsabilità di un
padronato che ha fatto soldi, tanti, quando era facile farli, senza
innovare, eludendo il fisco, sfruttando al massimo i lavoratori,
inquinando. Per chiudere poi, quando, si doveva investire in
innovazione, garantire salari adeguati, pagare le tasse, rispettare
l'ambiente e tutelare la salute in fabbrica.
Non una parola sulle
banche, sulle concessioni allegre di crediti, poi rivelatisi
inesigibili, a lor signori, mentre si rendeva impossibile l'accesso a
un finanziamento anche modesto ai piccoli artigiani, ai commercianti,
ai giovani che volevano metter su casa.
Non una parola sul
partito del cemento che ha puntato lucidamente sulla chiusura delle
fabbriche per liberare spazi soprattutto sulla costa per costruire
milioni di metri cubi di nuovi appartamenti (e questo mentre la
popolazione diminuiva).
Non una parola sulle
complicità della politica, sulla mancanza di una qualunque idea di
sviluppo, su un ragionare amministrativo miserabile misurato sui
tempi del mandato. E poi andasse come doveva andare.
Non una parola sulle
enormi ricchezze che in questi anni si sono accumulate sulla miseria
crescente, sulla perdita del lavoro, sulle famiglie sfasciate dalla
crisi. Niente sui capitali che da Savona sono stati portati
all'estero.
Niente sugli scandali,
sulle indagini giudiziari sui processi che hanno visto coinvolti
imprenditori e politici.
Non una immagine sulle
costruzioni di lusso nella darsena di Savona, né sul proliferare
degli sportelli bancari, né sui porti turistici stracolmi di
megayachts.
Tante immagini, invece,
sui centri commerciali, accostate alle centinaia di serrande
abbassate di piccoli e piccolissimi negozi.
Tanti discorsi su piani
di rifinanziamento approvati, ma bloccati dai ritardi e dalle
inefficienze della burocrazia.
Ed infine, a ingentilire
il tutto, quasi una favola, che qualcuno ha definito esopica, su
un'impresa tecnologicamente avanzata e in buona salute che non può
espandersi a causa degli ecologisti che vogliono difendere una
colonia di ranocchie che vive nel sito prescelto per l'ampliamento.
Tirando
i fili del discorso...
La crisi è un evento naturale, come una grandinata o un
terremoto. È successo, inutile chiedersi perché (qualcuno di parte
sindacale nel dibattito lo ha anche detto). Il sistema in sé è
sano, ma bloccato dalla burocrazia, dai troppi vincoli, dagli
eccessivi controlli. I piccoli commercianti sono in rovina a causa
dei centri commerciali. Gli ecologisti bloccano lo sviluppo.
Ma se le cose stanno
davvero così, allora non stupiamoci poi dell'ondata populista.
PUBBLICATO DA VENTO LARGO GIOVEDÌ 23 MAGGIO 2019
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