Una paginetta del Placido
critico televisivo e della sua capacità di usare le occasioni più
varie per far passare, senza darlo a vedere, ardite riflessioni. Qui
c'è anche una definizione della democrazia di Leonardo Sciascia.
Memorabile. (S.L.L.)
Aldo Braibanti |
Chi è Paquito Del Bosco?
È un signore appassionato che ogni domenica mattina - estate e
inverno, che piova o che nevichi - si reca all'alba - implacabile - a
Porta Portese e lì, battendo sul tempo la concorrenza, rastrella
vecchi dischi, vecchie foto, spartiti di vecchie canzoni, spezzoni di
vecchi film. È insomma un collezionista: del nostro passato
culturale (specie musicale) recente.
Che ce ne importa a noi
di questo signore? Un momento, Paquito Del Bosco è anche un
documentarista fine, un regista elegante. È lui che ha inventato
questo "Abc degli Anni 60" che è andato in onda su
RaiDue, all'interno della rubrica I giorni della storia di
Arrigo Petacco, e di cui abbiamo visto la terza ed ultima puntata
mercoledì sera.
Come lo ha costruito
questo "Abc degli Anni 60" il collezionista -
documentarista - regista Paquito Del Bosco? Come un Abc, per
l'appunto. Come un dizionario, di cui abbiamo sfogliato la prima sera
la "A", la seconda sera la "B". E l'altra sera
sono passate davanti ai nostri occhi ventiquattro "voci"
che avevano due cose in comune. Cominciavano tutte con la lettera
"C", da "Calcio" a "Cuore" (come i
capoversi di questo articolo che è stato evidentemente influenzato
da quel felice esempio di inventiva grafico-espositiva) e si
riferivano tutte agli "Anni 60". Che maratona!
Ventiquattro voci: sarà
durato non meno di tre ore! Ma no, ma no. Era una trasmissione
veloce, scorrevole, molto spesso brillante. Ogni "voce" era
illustrata in modo rapidissimo. Qualche immagine, spesso preziosa ed
inedita (grazie a Porta Portese) qualche testimonianza, qualche
accenno musicale. E via, sotto con un altro "lemma" di
questo dizionario, con un' altra lettera di questo Abecedario. Che
non sia il caso di fare qualche esempio? Ma certo. Voce "Cause":
ecco la faccia di Aldo Braibanti, filosofo solitario e solitario
osservatore di formiche che venne accusato, processato, implicato in
una "causa" clamorosa perché (adesso possiamo dirlo)
destavano sospetto i suoi atteggiamenti (ma ci si può fidare di uno
che osserva le formiche? Non sarà un sovversivo?). Gli Anni 60 erano
anche questo. C'è una voce più emozionante delle altre? Sì, quella
di Ugo Macera, questore di Roma ai tempi del delitto Martirano, che
racconta il ritrovamento dei gioielli nell'officina di Raoul Ghiani,
assassino prezzolato per conto del geometra Fenaroli Giovanni. C'è
una voce più attuale delle altre? Sì, quella di Marco Sassano,
studente del "Parini" di Milano al tempo dello scandalo
della "Zanzara". Fa pensare ai costumi ed ai sospetti
sessuali di allora, a riscontro dei costumi degli studenti di oggi.
Che si muovono proprio in questi giorni per problemi - ci auguriamo -
diversi. Non perché hanno fatto sul giornaletto di classe
un'inchiesta sulla sessualità delle compagne di scuola (questa
l'accusa di allora). C' è una voce più importante delle altre? Sì,
quella di Leonardo Sciascia, per l' obiettiva importanza delle cose
che dice. Illustra la voce "Caso". Parla del "caso
Montesi", del "caso De Mauro", del "caso Mattei".
Tutti e tre assorbiti (assieme a centinaia di altri "casi")
dalla nostra democrazia. Una democrazia - dice Sciascia - dovrebbe
essere insieme dura, trasparente e fragile: come il vetro. La nostra
invece è una democrazia elastica. Avvolge ingloba mastica inghiotte
assorbe neutralizza e digerisce tutto. Come un pitone che è sempre -
si capisce - un po' sonnolento e stanco.
C'è qualcosa che manca,
che non va in questo Abecedario degli Anni 60? Sì, qualcosa che non
va c' è, c'è qualcosa che manca. C'è l'insoddisfazione,
inevitabile, di ciascuno di noi, che avrebbe scelto altre cose ad
illustrazione di un suo eventuale - e personale - "Abc degli
Anni 60". Che cosa avrebbe dovuto fare l'autore per
accontentare tutti? Nulla, assolutamente nulla. Non doveva tentare di
giustificare l'arbitrarietà - inevitabile - delle scelte fatte. Al
contrario, doveva sottolinearla e rivendicarla, questa arbitrarietà.
Intervenendo in modo un tantino più personale. Dicendo: a me - che
ho questi gusti e questa esperienza, che vado ogni domenica mattina a
Porta Portese, ecc. -, gli anni 60 fanno venire in mente questo.
Siete liberi di farvi venire, o tornare in mente qualcos'altro. Con
quale autorità avrebbe potuto fare questo discorso? Con l'autorità
massima - anzi unica -, in questo tipo di cose: l'autorità di chi
racconta. Con l'autorità dell'Ishmael della Bibbia e di
Melville ("Moby Dick") che vede la storia alle sue
spalle come un naufragio (la storia da cui siamo emersi incolumi è
sempre un naufragio) e si presenta dicendo: "...Ed io solo sono
rimasto a raccontarla".
“la Repubblica” 16
novembre 1985
Nessun commento:
Posta un commento