Erice. La piazza Umberto I con il Municipio, il Museo e la Biblioteca Comunale |
Nella biblioteca comunale
di Erice si trovano, manoscritti di nitida grafia, di paziente ordine
tanti fascicoli che riguardano la storia della città: repertati, per
categorie sociali, economia, costume giurisdizioni, avvenimenti
pubblici, cronache criminali. Santo Uffizio dell’Inquisizione,
Cronaca criminale ericina, Delinquenza del clero: e
così via. Li ha lasciati il bibliotecario Antonino Amico, morto
qualche anno fa, vecchissimo. Prete e canonico, me ne parlano come di
un uomo molto intelligente, libero e tagliente nei giudizi, vivace,
spregiudicato. Carlo Levi lo conobbe nel 1955, e ne ha fermato un
ritratto ne Le parole sono pietre: « Ha ottanta anni, è
quasi cieco e continua il lavoro di tutta la sua vita, di ricerca, di
archivio, di collazione di antiche carte, di trascrizione di
documenti, sì da lasciare agli studiosi un materiale prezioso per la
storia di Sicilia. Ha l’aspetto del suo lavoro, col corpo incurvato
e secco, lo sguardo lucente nel viso rattrappito, diverso come Erice
da ogni cosa circostante, venerabile e raro, come se fosse un
contemporaneo di quelle nebulose figure di Saturno, dei Ciclopi, di
Bute, e della Venere Ericina». Chi sa che effetto fece, al canonico,
che Levi lo vedesse contemporaneo anche della Venere Ericina.
Si sarà
sentito tanto vecchio e al tempo stesso tanto giovane, forse. Certo è
che non era uomo da scandalizzarsene: e si vede dalla leggerezza ed
arguzia con cui tratta di «reità veneree», di tresche, di corna.
Senza compiacenza: ma il divertimento c’è innegabile. Il culto
della Venere Ericina, sembra dire il canonico, in questo luogo è
continuato anche nei tempi di più oscura sessuofobia, e specialmente
da parte di coloro che della sessuofobia avrebbero dovuto essere
ministri ed esempio.
Ecco dunque un uomo che
ha fatto bene il proprio lavoro: tutti questi fascicoli che forse
nessuno pubblicherà mai, che pochissimi leggeranno. Ma ci sono: e
offrono un vivace affresco della vita di un paese siciliano tra il
Cinquecento e il Seicento; di un paese, come giustamente dice Levi,
diverso.
da Nero su nero, Einaudi 1979
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