Tutte le arti,
rivolgendosi alla mente dell’uomo, trovano modo, direi quasi nel
passaggio dall’esterno all’interno, di depositargli nei sensi
qualcosa come un piacere; ma sopra tutte, di gran lunga al di sopra
di tutte, con più vivacità sapore colore profumo morbidezza peso,
la musica. Questa, che è ritenuta comunemente l’arte più “pura”
e “libera”, è invece la più annodata nelle lusinghe terrestri,
la più carica di stimoli sensuali, la sola che, nel momento in cui
s’innalza a perdita d’occhio, sa mantenersi, per un altro verso,
ancora vicina al regno degli animali, ai quali si rivolge
direttamente, facendo star ritte le vipere, allegri gli orsi, e
addormentando gli uccelli. Così forte essa striscia sui sensi prima
di arrivare al sentimento e alla ragione, che la poesia, se volesse
bilanciarla in questo, dovrebbe procurare, per esempio, che i versi
di Dante ci venissero scritti con la punta dell’indice sulla nuca
da una bella donna, o addirittura versati dentro l’orecchio con un
bacio.
Se dunque la musica ha un
maggior numero di amatori che non la poesia, o l’architettura, o la
scultura, questo non si deve al fatto che essa è “più
spirituale”, come suol dirsi, bensì al fatto inverso: che è più
sensuale.
I piaceri, Bompiani 1980 (Prima ed. 1943)
Nessun commento:
Posta un commento