Poiché l’angoscia di ciascuno è la
nostra
ancora riviviamo la tua, fanciulla
scarna
che ti sei stretta convulsamente a tua
madre
quasi volessi ripenetrare in lei
quando al meriggio il cielo si è fatto
nero.
Invano, perché l’aria volta in
veleno
è filtrata a cercarti per le finestre
serrate
della tua casa tranquilla dalle robuste
pareti
lieta già del tuo canto e del tuo
timido riso.
Sono passati i secoli, la cenere si è
pietrificata
a incarcerare per sempre codeste membra
gentili.
Così tu rimani fra noi, contorto calco
di gesso,
agonia senza fine, terribile
testimonianza
di quanto importi agli dei l’orgoglioso
nostro seme.
Ma nulla rimane fra noi della tua
lontana sorella,
della fanciulla d’Olanda murata fra
quattro mura
che pure scrisse la sua giovinezza
senza domani:
la sua cenere muta è stata dispersa
dal vento,
la sua breve vita rinchiusa in un
quaderno sgualcito.
Nulla rimane della scolara di
Hiroshima,
ombra confitta nel muro dalla luce di
mille soli.
Vittima sacrificata sull’altare della
paura.
Potenti della terra padroni di nuovi
veleni,
tristi custodi segreti del tuono
definitivo,
ci bastano d'assai le afflizioni donate
dal cielo.
Prima di premere il dito, fermatevi e
considerate.
20 novembre 1978
da Ad ora incerta, Garzanti, 1984
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