Questo articolo è tratto
dall'ultimo numero di “Mezzocielo”, il n.159 datato inverno 2019,
il bel trimestrale di donne palermitane fondato nel 1991 tra le altre
da Simona Mafai, Rosanna Pirajno e Letizia Battaglia, che tuttora lo
dirige. Non è l'ultimo “pezzo” politico che Simona ha firmato:
ho visto nel sito di “Mezzocielo.it” che funziona da quotidiano
on line, un suo accorato appello alla vigilia delle elezioni europee.
Simona è morta di ictus
l'altro ieri. La ricordo mio senatore per il PCI a Gela, impegnata –
come per tanto tempo a Palermo – tra le donne dei quartieri
popolari, spesso abusivi e degradati, polemica e ironica quando
necessario, ma sempre attenta agli altri, sempre capace di trovare la
misura nel tono e nelle parole. E ne ricordo la la tensione ideale e
l'intelligenza politica che riversava anche nel dibattito interno non
sempre cortese. L'ho rivista e salutata da lontano il 5 maggio
dell'anno scorso, al Gramsci di Palermo per il bicentenario di Marx
che Piero Violante e Gabriello Montemagno organizzarono affidando il
ricordo di quel saggio alla libera scelta di qualche sua pagina.
Simona scelse un brano dall'Ideologia tedesca, se
non ricordo male. (S.L.L.)
È più facile
arrabbiarsi o essere gentili? Più facile arrabbiarsi, naturalmente.
Essere gentili richiede
uno sforzo non da poco: bloccare e far decantare le prime emozioni;
ricordarsi che siamo impegnate a rispettare chi la pensa
diversamente; fare appello alla nostra intelligenza. Quindi,
respirare forte e provare a rispondere: con attenzione e con
gentilezza. Bisogna riuscire a farlo, per fermare il clima di
approssimazione e violenza (solo verbale, per ora) che caratterizza
il dibattito pubblico, ed a volte anche quello privato e amicale.
Ovunque, perfino negli interventi di alcuni filosofi, insulti e
parolacce vengono sdoganate. Ha preso diffusione e cittadinanza anche
il “me ne frego”, che per i più anziani tra noi ricorda le grida
fasciste. Qualsiasi cosa accada, gli esponenti di governo cercano
colpevoli di comodo contro cui suscitare e indirizzare la rabbia: gli
immigrati, i cittadini “buonisti”, gli operatori sociali che
vivono nella “pacchia”, i funzionari dei ministeri assunti per
raccomandazione, gli intellettuali che hanno 500 libri negli
scaffali... Ed i francesi e i tedeschi, naturalmente!
Denunce (anche giuste) di
episodi di corruzione e gravi carenze sociali vengono mescolate in
una narrazione tutta negativa della storia del nostro paese, che
ignora conquiste e progressi raggiunti sul piano delle garanzie
costituzionali, della libertà delle donne, della protezione sociale,
dei diritti civili. La tentazione di rispondere con insulti ad
insulti, facendo crescere il clima di divisione ed odio, è forte. Ma
dovremmo sottrarcene, e provare a percorrere i sentieri contorti e
faticosi dell’esercizio della intelligenza e del confronto.
Vi sono parole oggi
abusate, presentate con significati ambigui, che dovremmo portare
fuori dalle nebbie della retorica:
POPOLO, invocato
come soggetto unitario e compatto, di cui un uomo solo o un piccolo
gruppo pretende la rappresentanza esclusiva (come fu col partito
fascista); ma il popolo è un larghissimo insieme di persone diverse
per genere, interessi ed idee, che hanno diritto ad esprimere
rappresentanze differenziate, anche conflittuali, con pari dignità;
CAMBIAMENTO,
parola ripetuta in modo quasi sacrale, senza chiare definizioni
sociali e storiche, che finora ha significato solo arrembaggio di
posti ai vertici delle istituzioni pubbliche; il cambiamento può
anche essere regressivo;
SOVRANITÀ, altra
parola che andrebbe demistificata.
Se non combattiamo (e
vinciamo) la battaglia delle parole, potremo essere travolti. È una
battaglia, per cui l’odio non serve. Occorre conoscenza, pazienza e
sì, anche gentilezza: che può ben accompagnarsi con la più ferma
opposizione. Se la differenza femminile (“e sottolineo se”...)
comporta un meno di violenza ed un più di comprensione verso i
diversi, un affidamento non alla forza ma alle relazioni, sarebbe
forse il momento che questa differenza si manifestasse, nelle forme
più libere e diverse (singole, collettive, occasionali...),
contribuendo a rendere più civile la vita della società italiana.
Opponendo alla violenza, l’ascolto; all’autoritarismo, il
pluralismo; al machismo, il femminismo.
Nessun commento:
Posta un commento