Mozzo, fotografo,
giornalista: non c è mestiere per lui sconosciuto - Un incontro con
Lenin - Alla testa del suo Paese, contro i colonialisti francesi
Il Presidente Ho Chi Min,
l’uomo che si è posto alla testa del popolo del Viet Nam nella
lotta per l’indipendenza del paese, è un uomo piccolo e asciutto,
dal viso intelligente e tranquillo. Egli ha ora sessanta anni e
almeno quaranta di essi si può dire che li abbia dedicati alla lotta
che ancora oggi conduce e che è giunta tanto vicina alla vittoria.
La vita di Ho Chi Min, aiutante fotografo, studente, scrittore di
teatro, giornalista e militante comunista è una delle più
straordinarie esistenze di combattenti al servizio del popolo e passa
continuamente dalla storia al romanzo e alla leggenda.
Il «Presidente Ho» è
nato nei ’90, nell’Annam settentrionale, cioè nella regione più
avanzata dell’Indocina, quella che ha dato le maggiori figure del
movimento popolare di liberazione e che ha sempre rappresentato il
centro della cultura e delle idee progressive. Il padre di Ho era
stato un funzionario dell’amministrazione della provincia di Nghe
An, dove Ho è nato ed era stato «liquidato » dalle autorità
francesi per i suoi sentimenti nazionalisti.
Ho
Chi Min partì dal suo paese che era appena un ragazzo. A diciotto
anni si imbarcava clandestinamente su una nave in
partenza per la Francia e dopo una lunga traversata, durante la quale
si ingegnò a fare da mozzo, e da marinaio sbarcò a Marsiglia. In
quest'epoca Ho Chi Min portava un altro nome, Nguyen Ai Quoc, che,
vuol dire «il patriota», e con questo nome entrò nella numerosa
colonia indocinese a Parigi. Abitava m una stanzetta in un quartiere
di periferia e viveva ritoccando fotografie per conto di uno «studio»
del centro. Intanto studiava assiduamente la lingua e la letteratura
francese, assimilando la cultura del paese che da anni dominava la
sua patria.
Un formidabile
oratore
Il francese, Ho Chi Min
lo imparò in pochi mesi, al punto di essere presto in grado di
scrivere un libro sulla dominazione coloniale, libro che fece molto
scalpore e che segna l'inizio dell’attività politica del giovane
vietnamita. Negli anni che seguirono, l'adolescente, che aveva
stupito i suoi conterranei col suo libro sui metodi coloniali in uso
in Indocina, scelse decisamente una strada nuova, diversa da quella
tradizionale su cui condurre la lotta per l'indipendenza.
Affermatosi come un
formidabile oratore nei circoli e nei comizi popolari, nel ’21,
appena due anni dopo il tuo arrivo in Francia, Ho divenne un
militante del Partito Socialista Unificato; aderì quindi
all’Internazionale Comunista in cui fu il primo rappresentante
indocinese. A Parigi Ho Chi Min diresse un giornale — «Il Paria »
— la cui divisa era la lotta contro tutti i colonialismi. Nella
redazione c’erano non soltanto degli indocinesi ma dei patrioti
neri della Costa d'Avorio. dei nazionalisti del Madagascar e di tutti
i paesi oppressi dalla dominatone coloniale francese.
Del 1921 è il primo
incontro di Ho Chi Min con Lenin. C’è una vecchia foto che li
mostra insieme allo stesso banco nel primo congresso
dell’Intemazionale a Mosca. Questa sua adesione al movimento
operaio intemazionale lo fece immediatamente iscrivere sui registri
della polizia francese come un sovversivo pericoloso: tornato ir
Francia, individuato e schedato, gli resero la vita difficile a tal
punto che fu costretto a lasciare il paese. Da questo momento la vita
del «Presidente Ho» diventa un romanzo. Egli va in giro par tutta
l’Asia, sotto nomi diversi, anche qui braccato dalle diverse
polizie, finché riesce a rientrare clandestinamente in Indocina,
dove costituisce il Partito Comunista. La repressione delle autorità
francesi contro il nascente movimento comunista è immediata e
feroce. Ho Chi Min è costretto anche stavolta a fuggire, con sospesa
sul capo una condanna a morte e una imponente taglia.
La biografia di Ho Chi
Min dice anche che egli fu arrestato a Sciangai dalla polizia cinese,
e si salvò con un mirabolante salto e con una fuga da film di
avventure. Ma ad Hong Kong, Ho Chi Min è di nuovo arrestato, questa
volta dalla polizia britannica, e messo sotto chiave. Le autorità
francesi si affrettarono a chiedere l’estradizione. A questo punto
in tutti i paesi dell’Asia Sud Orientale si sparge la voce che il
giovane rivoluzionario è morto in carcere. La polizia francese non
ci pensa più e rinuncia alle ricerche. Ma Ho non è morto. E
rilasciato dopo qualche mese continua il lavoro clandestino in Cina,
in Malesia, nel Siam.
Finché vengono gli anni
della seconda guerra mondiale, e la via dell’indipendenza del Viet
Nam diventa la via della lotta contro gli invasori giapponesi. Nel
'41 Ho Chi Min fonda il Viet Min (Lega per l’indipendenza del Viet
Nam). il Fronte Nazionale Indocinese. che sara d'ora in poi alla
testa del movimento di liberazione e nel quale i comunisti sono
all’avanguardia. Nel Tonchino, zona mai espugnata dai fascisti
giapponesi, sorgono maquis indocinesi in cui francesi e vietnamiti
lottano fianco a fianco che porteranno in tutto il paese la guerra
contro l'invasore. È nato così l’esercito di liberazione del Viet
Nam che ha sconfitto i giapponesi e ha liberato il territorio
indocinese.
Il tradimento
imperialista
Il 25 agosto 1945 ad
Hanoi liberata nasce il governo democratico provvisorio. Bao Dai,
l’imperatore fantoccio dei giapponesi, lo stesso che la Francia
pretende ora di restaurare in Indocina, è costretto ad abdicare. Il
2 settembre Ho Chi Min proclama solennemente la Repubblica
indipendente del Viet Nam che il 6 marzo 1946 ad Hanoi il comandante
delle forze francesi è costretto a riconoscere, a nome del suo
governo come «libero stato con un governo indipendente, esercito
proprio e propria economia nell'Unione Francese ».
In una atmosfera di
grande entusiasmo del suo popolo e di grandi speranze per il ritorno
della pace nel Viet Nam, Ho Chi Min torna in Francia nel luglio del
1946, per trattare con il governo di Parigi sull’assetto definitivo
del suo paese, accolto con calorose manifestazioni di affetto da
quegli operai francesi la cui lotta egli aveva condiviso nei primi
anni della sua vita di militante comunista.
Le fotografie dell’epoca
ci mostrano il presidente Ho sulla tribuna della Piazza della
Bastiglia, a fianco dei membri del governo di Bidault, durante la
grande parata militare del 14 luglio. Ma nei negoziati iniziati a
Fontainebleau il governo francese non vede che un mezzo per guadagnar
tempo e le manovre dei rappresentanti francesi fanno sì che
l’accordo auspicato non giunga in porto, e che dalle trattative
esca soltanto un modus vivendi provvisorio, che presume ulteriori
negoziati. Tornando in patria, Ho Chi Min ha ancora parole di
amicizia per la Francia e si dichiara pronto a riprendere in
qualsiasi momento le trattative; ma gli imperialisti francesi non
sono dello stesso avviso e pochi mesi dopo, nel dicembre dello stesso
anno, in luogo della ripresa dei negoziati scatenano un’offensiva
militare. La «sporca guerra» dei colonialisti francesi ha inizio
appunto con questa aggressione.
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