Sulla pagina Fb “il
razzismo non ci piace”, ho letto un sagace post: “Tra i santi
invocati da Salvini mancava San Vittore”, che è mica male come
battuta. Temo però che tra poco l’accigliato ducetto del
rosarietto se la piglierà anche con Internet, dopo aver attaccato
Gad Lerner e aver mandato “un bacione” a Roberto Saviano,
minacciando “nuovi criteri per le scorte”. La sua tracotanza mi
ricorda tanto quella del generale Fiorenzo Bava Beccaris. Quando
scoppiò la rivolta del pane a Milano, nel maggio del 1898, il
governo proclamò lo stato d’assedio e lo nominò commissario
straordinario con pieni poteri per la provincia di Milano. Noi
meneghini lo ricordiamo come il “Macellaio di Milano”. Perché
per sedare le proteste – c’era lo sciopero generale, le fabbriche
chiusero tutte e la gente scese per le strade – mise Milano a ferro
e fuoco, massacrando 400 persone, donne e bimbi compresi. Per
ottenere “ordine e sicurezza”, aveva mobilitato 38 battaglioni di
fanteria, 13 squadroni di cavalleria e 9 batterie. Poi Bava Beccaris
puntò i giornali d’opposizione: Il Secolo, L’Italia del Popolo,
L’Avanti. Decine, i direttori e i giornalisti arrestati. Persino
l’avvocato Eliso Rivera, fondatore e condirettore della Gazzetta
dello Sport. I reazionari ottusi lo ritenevano un eversore: socio di
una Casa del Popolo, voce libera del giornalismo, disposto a
dialogare con repubblicani, radicali, anarchici. Don Davide
Albertario, prete animoso, direttore dell’Osservatorio Cattolico
gridò ai militari che l’ammanettavano: “Il popolo vi ha chiesto
pane e voi avete risposto piombo”. Gli arrestati furono costretti a
sfilare per le vie di Milano, a piedi, in catene, a due a due, coi
soldati e gli sbirri di fianco, pistole in mano, pronti a far fuoco.
Il torinese Domenico Oliva, deputato della destra, divenne direttore
del Corriere della Sera. Fautore della linea dura contro operai e
contro chi si batteva per i poveri, denunciò “la tolleranza
incredibile verso i nemici dello Stato, della patria, della
civiltà”...
Il Fatto 3 giugno 2019
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