Oggi c’è solo il
«particulare»: lo scrittore racconta del suo ombelico, se vi sta
bene, bene, altrimenti pazienza. Magari qualcuno obietterà che sul
proprio ombelico Proust ha scritto un capolavoro in più tomi, che ci
sono periodi storici in cui si può parlare ampiamente e
splendidamente del proprio ombelico, magari anche oggi. Ma allora
avanzo una contro-obiezione e chiedo una «separazione delle
carriere»: tu come scrittore parli del tuo ombelico, ma coinè
cittadino non puoi non accorgerti della situazione di disagio e di
ingiustizia in cui vive la maggioranza del paese. Almeno come
cittadino, ne vuoi parlare? Vuoi spendere una parte del tuo prestigio
almeno per «aggregarti» umilmente con chi prende iniziative per
combattere quelle ingiustizie? No, neanche questo. Ecco perché siamo
a una sorta di grado zero della funzione dell’intellettuale oggi in
Italia. Sono pochissimi gli intellettuali che partecipano come
cittadini, e questo è un danno, un danno enorme. E anche una colpa.
Perché se bai mia qualche dote, che ti fa in qualche modo
distinguere, ritengo un dovere che tu la debba usare impegnandoti
come cittadino, è un modo di restituire parte dei privilegi di cui
godi.
Da Alla ricerca dell'impegno perduto, "Micromega", n.6 Anno 2013
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