Il 15 dicembre 1939, ad
Atlanta, cominciò la grande avventura di uno dei film di maggior
successo nella storia del cinema: Via col vento. La grande
prima significò anche la conclusione di due capitoli fondamentali di
quella stessa storia: l' Età d'Oro, gli anni Trenta, iniziata il 3
settembre 1929, alla vigilia del crack borsistico, e per conseguenza
del decennio più fantastico e più esuberante di Hollywood, e il
1939, l' anno della più favolosa concentrazione di capolavori che
abbia mai prodotto quella che allora si chiamava la Mecca del Cinema.
Fu un momento che fece da spartiacque: l'apogeo di quella dottrina di
vita che Myrna Loy, in To Mary - With Love (1936), sintetizzò
così: “Certi pensano che il cinema dovrebbe somigliare di più
alla vita. Non io. Io penso che la vita dovrebbe essere più come il
cinema”.
Hollywood arrivò
all'appuntamento con la sua annata più memorabile con le finanze
rese solide dalla continua ascesa dei suoi talkies, i film
parlati, e soprattutto da una stagione quasi altrettanto
indimenticabile, il 1938. Le majors avevano registrato nel 38 grazie
a film come Biancaneve e i sette nani, La cittadella,
Pigmalione e Robin Hood profitti da euforia collettiva:
9 milioni di dollari la Metro, 7 la 20Th Century Fox, quasi 2 la
Warner Bros., circa 3 la Paramount. Cifre, a quell'epoca, da record.
Unite alla caduta del block booking, la distribuzione
controllata dagli studios, bastarono a creare un largo all'
immaginazione di cui approfittarono i più intraprendenti e
preparati. Non crebbe solo il numero dei film prodotti: migliorò la
qualità. I 455 film varati nel 1938, infatti, diventarono 483 nel
1939, mentre nel paese diminuirono i film importati (da 314 a 278).
Nemmeno i guadagni ebbero
un'impennata. Anzi. Mentre quelli della Metro, della Warner, e della
Paramount rimasero pressoché stazionari, quelli della 20th
Century-Fox risultarono dimezzati, e quelli della Columbia scesero
addirittura a zero. Una ragione c'era: l' aumento dei costi e la
diminuzione del prezzo medio dei biglietti, passato da 25 a 23
centesimi. Il 1939, comunque, vide ripetersi l'impressionante ressa
al botteghino che si era già verificata per tre anni di fila: 85
milioni di spettatori la settimana (che sarebbero saliti al record
dei 90 milioni il decennio seguente).
L'inventario
tecnico-artistico e commerciale del 1939 è in ogni caso
stupefacente. Considerata l'inflazione, Via col vento sarebbe
ancora oggi al primo posto nella graduatoria dei profitti con 382,7
milioni di dollari, con Star Wars lontano secondo (187,8
milioni). E anche considerando il guadagno reale dell'epoca (77,6
milioni) il film di Selznick è nelle prime dieci posizioni. È,
inoltre, al primo posto assoluto tra tutti i film degli anni Trenta
(Biancaneve è secondo con 26,6 milioni), e ancora al primo
tra i film di maggior successo in televisione.
Vivien Leigh, Clark Gable e Victor Fleming durante la lavorazione di "Via col vento" |
Un dato statistico di
altrettanto interesse è la ripartizione quasi perfetta tra le 8
majors delle loro produzioni maggiori nell'arco di quei dodici mesi:
20th Century-Fox 59, Paramount 58, Columbia 55, Warner 53, Metro 50,
Universal 46 e United Artists 18. Era indubbiamente un fronte
compatto, che infatti resse fino al 1960, anno della fine dello
studio system. Questa compattezza si rivela anche dai nomi
delle star di maggior peso al box office (equamente distribuiti tra
gli studios), che in ordine di preferenza risultarono: Mickey Rooney,
Tyrone Power, Spencer Tracy, Clark Gable, Shirley Temple, Bette
Davis, Alice Faye, Errol Flynn, James Cagney e Sonja Henie. (Mickey
Rooney sarebbe stato in testa anche l' anno dopo, mentre nel 1938 era
prevalsa Shirley Temple).
Lo stesso criterio sembra
presiedere anche alla scelta dei Ten Best, i dieci migliori
film dell'annata secondo il “New York Times”: Via col vento,
Ombre rosse, Addio Mr. Chips, Ninotchka, Mr. Smith va a Washington,
Il conquistatore del Juaroz, Cime tempestose, Tramonto, Donna e
Ritorna l'amore.
Una immagine da "Ombre Rosse" |
Se questa selezione a
caldo appare viziata dal box office, è curioso esaminarne una che
sta tra il 1939 e il presente, che in questo genere di cose è
generalmente più guardingo o più portato al rilevamento critico: i
risultati di un'inchiesta condotta nel 1971 dal “Daily Variety”
tra 200 filmmakers sui primi 50 anni del cinema americano. Miglior
film: Via col vento. Miglior film dell'epoca muta: Nascita
di una nazione. Ma non bisogna pensare che Via col vento
fosse la testimonianza più alta di una stagione così rigogliosa.
Artisticamente gli va certo preferito Ombre rosse. Inoltre,
basta vedere come si rafforzarono i compensi degli attori durante
l'annata per capire che le vacche grasse si trovavano in tutti gli
angoli di Hollywood. Clark Gable non fu il solo a pretendere 7 mila
dollari per ogni settimana di lavoro, circa 10 milioni di lire.
(Dell' epoca). James Cagney concluse il 1939 con un guadagno di 368
mila dollari. Alice Faye 140 mila, Bette Davis 129, Gary Cooper 295,
Claudette Colbert 150, Ginger Rogers 219, Tryone Power 151, Errol
Flynn 213, Cary Grant 93, Carole Lombard 211, Sonja Henie 244 (più
una gratifica di 5 mila), Barbara Stanwyck 92, e Charlie Chaplin 152
mila solo dalla Chaplin Film Corporation.
La conseguenza più
vistosa fu la frenata dell'anno dopo imposta dalle majors, anche se
il cinema americano toccò almeno un'altra punta di grande livello
artistico (con Furore). Quando, molti anni più tardi, l'
American Film Institute chiese ai suoi membri i titoli dei più
grandi film americani di tutti i tempi, il 1939 si impose con tre
film su dieci: miglior western (Ombre rosse), miglior commedia
(Gunga Din), miglior musical (Il mago di Oz). La stessa
regina delle malelingue di Hollywood, Hedda Hopper, sul finire della
carriera si fece seria e fornì i suoi 10 migliori, piazzando al
primo posto Nascita di una nazione, al secondo La grande
parata, ma al terzo e al quarto due della superannata 39: Via
col vento e Cime tempestose.
Un compito molto più
difficile attese invece i membri dell' Academy per la distribuzione
degli Oscar il 29 febbraio dell'anno dopo, l'ultimo in cui i nomi dei
premiati venivano annunciati in precedenza. Via col vento,
firmato da Victor Fleming dopo molte peripezie registiche (e che in
effetti era attribuibile a David O. Selznick) vinse come miglior
film, confermando le previsioni, ma dovette imporsi su uno
schieramento che, in altre annate, sarebbe stato composto da vincenti
sicuri: Addio, Mr. Chips di Sam Wood, Mr. Smith va a
Washington di Frank Capra, Ombre rosse di John Ford e Cime
tempestose (La voce nella tempesta) di William Wyler. Il
cappotto di Selznick, che portò via 8 Oscar più due premi speciali,
sarebbe stato completo, se Clark Gable non fosse risultato battutto
da Robert Donat, superbo interprete di Addio Mr. Chip,
unendosi a Laurence Olivier, Mickey Rooney e James Stewart, mentre
Vivien Leigh fu unanimamente preferita a star come Bette Davis, Irene
Dunne, Greer Garson e Greta Garbo.
Gli Oscar più fortemente
voluti dalla critica, invece, andarono ai due interpreti non
protagonisti: Thomas Mitchell per Ombre rosse e Hattie
McDaniel, la Mamie di Via col vento. Fu anche, quello, l'anno
degli special awards a Douglas Fairbanks e a una teenager
in ascesa, Judy Garland. A proposito della critica, però, vale la
pena di riportare la selezione fornita dai critici di New York, che
conferirono (in polemica con Hollywood) i seguenti premi: miglior
film Cime tempestose, miglior attore James Stewart per
Mr. Smith va a Washington, migliore attrice Vivien Leigh,
miglior regista John Ford.
Singolari appaiono oggi
anche le scelte del National Review Board, l'ente che discendeva dal
Censorship Board del 1909 e che visionava i film prima della
distribuzione per il loro contenuto morale. Tra esse ci sono tutti i
film che abbiamo menzionato, più Gli anni ruggenti, U-Boat
29, Il giovane Lincoln (interpretato da Henry Fonda),
Crisi, e Confessioni di una spia nazista, quest' ultimo
già preannuncio della guerra e del nuovo, profondamente diverso
corso del cinema. Tra gli interpreti, invece, manca il nome di Clark
Gable, ritenuto troppo sexy. Infine, il 1939 seppe anche ridere di
sé. Il National Lampoon del 1940 assegnò i premi ai peggiori.
Peggior film: 20 mila uomini l' anno. Peggior attore: Tyrone
Power (Venne la pioggia). Peggiore attrice: Norma Shearer (La
delizia dell'idiota). Fiasco più colossale: Il mago di Oz. I
cani irriducibili: Don Ameche e Dorothy Lamour.
“la Repubblica”, 19
agosto 1989
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