Il libro Vecchie e nuove Resistenze del professor Marino e del giornalista Scaglione è stato proposto alla lettura e alla discussione nel campo estivo di LIBERA, che si è svolto in un'azienda agricola confiscata a Pietralunga, in alta Umbria. La compagna che si è occupata dei
pomeriggi di formazione che seguivano la mattutina raccolta delle
patate, si lamentava con me di alcuni collegamenti che gli sono sembrati forzati o stravaganti: "In una delle settimane è capitato un gruppo
organizzato da alcune parrocchie toscane. Tra loro alcuni
saputelli confondevano resistenza e terrorismo".
"Hai ragione - le dico - il terrorismo è
solo un aspetto della Resistenza, la forma estrema di lotta resa
necessaria dalla durezza dei tempi".
Mi guarda come se dicessi cose strane e
assurde. Le dico: "L'uccisione dei capi fascisti e
collaborazionisti, in agguati, gli attentati alle case del fascio o
alle sedi del governo di Vichy, gli agguati a gruppi di tedeschi - anche disarmati - crearono forti problemi etici, ma furono cose ampiamente praticate
dalla Resistenza francese e italiana".
Continua a guardarmi stranita, pensa
che io mi riferisca agli strascichi della Resistenza dopo il 25
aprile, al "triangolo", alle "volanti rosse", ai
fascisti e ai preti spioni ammazzati in quei giorni e mesi di
confusione. "No - insisto - io parlo di prima, parlo dei GAP che
operavano in città con lo scopo di seminare il terrore nell'Italia
occupata, smentendo l'immagine diffusa dai nazifascisti di una
normalizzazione, di un potere solido. Certo, evitavano di coinvolgere
i civili italiani; era un terrorismo selezionato, mirava ai fascisti
e agli occupanti tedeschi, ma era terrorismo".
La discussione è
finita, ma non sembra convinta. Il fatto è che funziona una vera e
propria rimozione. Forse andrebbe fatto leggere nelle scuole il libro
di Santo Peli, Storie di Gap (Einaudi, 2015), che documenta i dubbi e le
tensioni interiori che attraversarono quei resistenti, il valore
etico che essi attribuivano a quelle forme di lotta terribili che
comportavano l'uccisione di inermi. E andrebbero rivisti i luoghi comuni
secondo cui il terrorismo sarebbe sempre e comunque inefficace e
perfino controproducente.
La stagione del terrorismo anarchico che
colpì generali, alti magistrati, ministri e perfino capi di governo
e di stato sul finire dell'Ottocento determinò sempre e comunque
contraccolpi reazionari?
Non è così. In diversi paesi europei le
classi dirigenti tentarono di disinnescare la "bomba proletaria"
e di spegnere la "fiaccola dell'anarchia" con concessioni
importanti: dal diritto di sciopero all'orario massimo di lavoro
stabilito per legge eccetera. In Italia il riformismo dell'età
giolittiana venne immediatamente dopo il regicidio di Bresci, dopo
l'uccisione di Umberto I giudicato responsabile delle stragi di
lavoratori nella crisi di fine Ottocento. Venne dopo e ne fu, almeno
in parte, un effetto.
Nelle guerre di liberazione le pratiche terroristiche sono spesso efficaci. Gli attentati contro i francesi, anche
civili, furono terribilmente efficaci, forse determinanti nella liberazione dell'Algeria.
E spesso ottiene i risultati voluti anche il terrorismo reazionario. Molte voci e indizi ci dicono che il terrorismo mafioso dei primi anni 90,
culminato nell'assassinio di Lima e poi nei due terrificanti
attentati a Falcone e Borsellino, produsse alcune concessioni da
parte dello Stato, forse una vera e propria trattativa. Il terrorismo islamico non ha affatto ridotto
il peso delle componenti fondamentaliste che lo praticano, ma ha moltiplicato la loro forza.
E, tuttavia, è assolutamente giusto pensare (e le
argomentazioni a favore sono pesanti) che il terrorismo rosso degli anni Settanta in Italia e in Germana, quali che fossero le
intenzioni dei primi promotori, fu autolesionistico e distruttivo per
la sinistra, e fu strumentalizzato dalle forze della reazione e
della stabilizzazione conservatrice (le quali dal canto loro alimentavano lo stragismo fascista). Così è assoluta follia l'idea di un terrorismo progressista nel mondo d'oggi, soprattutto in
Europa e nelle Americhe.
Insomma le generalizzazioni e le assolutizzazioni sono spesso ideologiche e non aiutano a comprendere la realtà dei fatti. Credo che sia sempre una buona regola "l'analisi concreta della situazione concreta" sia che si studi e valuti la storia del passato, sia che si rivolga al presente la propria attenzione critica.
Insomma le generalizzazioni e le assolutizzazioni sono spesso ideologiche e non aiutano a comprendere la realtà dei fatti. Credo che sia sempre una buona regola "l'analisi concreta della situazione concreta" sia che si studi e valuti la storia del passato, sia che si rivolga al presente la propria attenzione critica.
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