Sono le undici,
l’ascensore sta scendendo lentamente. Tra un istante ne emergerà
un uomo imponente, per non dire grasso, accuratamente vestito in
marrone. Il suo culto del giallo lo porta ad alcune civetterie,
facendogli inalberare di volta in volta un panciotto o una cravatta
paglierini. Avanza con maestosa lentezza verso la cucina. Si ferma un
attimo, soprappensiero, annusando l’aria per decifrarne gli aromi,
poi prosegue nella sua marcia. È Nero Wolfe, uno dei più costosi
investigatori privati di New York.
Ha appena lasciato, nella
serra in alto, il fulcro della sua vita, una stupenda collezione di
rarissime orchidee, che fiorisce sotto il suo attento sguardo. Ai
fornelli troneggia Fritz, un cuoco esaltante. L’unico motivo di
screzio tra lo chef e il suo padrone s’annida nella liquida materia
della zuppa di pesce.
L’atmosfera sarebbe di
una tranquillità persino eccessiva, se non ci fosse un terzo,
indispensabile personaggio, Archie Goodwin.
Elegante, alto e
prestante, Archie sa essere energico con gli uomini e galante con le
donne. Non risparmia le sue battute ai poliziotti, che lo detestano
per le brutte figure che ha loro inflitto. Anche lui ammira i fumanti
capolavori di Fritz. Sfogliando i giornali, elimina
coscienziosamente, ogni mattina, una copiosa colazione: frittelle al
miele di timo selvatico, pancetta canadese croccante, un bicchiere di
succo d’arancia e una o più tazze di caffè nero. Di rado usa la
sontuosa Mercedes, sempre bisognosa di riparazioni, che troneggia nel
garage. Preferisce muoversi in taxi, oppure a piedi, per tenere la
linea.
Pur non lasciando cadere
le fanciulle o le signore che le indagini gli gettano tra le braccia,
Goodwin, come Superman e tanti altri miti americani, ha un’eterna
fidanzata. Fornita di uno stupendo paio di gambe, Lily Rowan è una
tipica newyorchese delle classi alte. Abita in un dispendioso
appartamento gremito di autentici Impressionisti. Ironica e
spiritosa, sa manovrare opportunamente i vasti occhi blu. Fulcro
degli appuntamenti tra i due è un rinomato ristorante, in cui viene
servita la prelibata « Trota Montbarry », introdotta a suo tempo da
Nero Wolfe. L’immane detective, sempre chino sui manicaretti, i
libri o le orchidee, non esce mai dalla signorile casa d’arenaria.
Se Archie non gli rammentasse, di tanto in tanto, le oscillazioni del
conto in banca, s’abbandonerebbe interamente ai suoi silenziosi
piaceri.
Anche così cede
lentamente, a malincuore, senza nascondere la sua irritazione. Eppure
ogni volta riesce a trionfare, senza muoversi dalla sua ampia
poltrona, col solo aiuto delle birre ghiacciate prodigategli
dall'ottimo Fritz. Le indagini di Wolfe si svolgono secondo un metodo
sempre uguale. Dopo molte insistenze Archie riesce a ottenere una
serie di direttive. Allora comincia a interrogare un ampio ventaglio
di persone, cercando d’intuire la strategia di Nero. Al ritorno lo
informa scrupolosamente, stando ben attento a non omettere il minimo
particolare, ma soprattutto a non turbare la sequenza rituale della
giornata. Quando clienti e sospetti cominciano ad affluire,
l’investigatore li riceve gelidamente, senza alzarsi, a causa della
mole, dalla morbida poltrona. Eppure, attraverso la burbera
timidezza, traluce la sua simpatia per le vittime e il disprezzo per
i colpevoli.
Malgrado la sua sovrumana
abilità, le indagini, come osserva l’affezionato cuoco, intaccano
il suo appetito e minano la sua digestione. Mai come nella spiritosa
saga di Rex Stout era stata evidenziata la scissione, frequente nei
polizieschi, tra la mente e il braccio, Wolfe e Goodwin. L’allegra
superficialità di Archie si tramuta in uno strumento superlativo
nelle paffute mani di Nero Wolfe. Il corpo che non riflette fa da
contrappeso a una mente talmente assorbita in se stessa, da muoversi
a stento nel pesante involucro, che le è indifferente. A unire i
disparati detective, come un cordone ombelicale incessantemente
riallacciato, è il fluido saporito del culto del cibo.
Miti minori.
Sellerio, 1995
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