29.11.12

Argentina 1978. Calcio, tango e dittatura (di Dimitri Papanikas)

Dimitri Papanikas è uno storico della canzone latinoamericana e critico musicale. Dal 2009 dirige e presenta sul canale Radio 3 della Radio Nacional de España il programma di storia «Café del sur». L’articolo racconta - tra l'altro - abbagli, debolezze e compromissioni di un artista importante. Da leggere. (S.L.L.)
La Junta militar argentina del 1976.
Da sinistra l'ammiraglio Massera
e i generali Videla e Agosti
Il 24 marzo del 1976 in Argentina la Junta militar presieduta dai generali Jorge Rafael Videla e Orlando Ramón Agosti e dall'ammiraglio Emilio Eduardo Massera, a capo rispettivamente dell'Esercito, dell'Aviazione e della Marina, dichiarava deposta la presidentessa María Estela Martínez de Perón dando inizio al Proceso de Reorganización Nacional, come eufemisticamente lo chiamarono gli stessi militari. Il generale Ibérico Saint Jean, nuovo governatore de facto della Provincia di Buenos Aires, ne diede una definizione meno sfumata: «Prima elimineremo i sovversivi, poi i loro collaboratori, poi i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e infine gli indecisi».
Seguirono incarceramenti, fucilazioni, sequestri di persona, torture sistematiche, furti di bambini e vuelos de la muerte, nei quali vennero gettati nell'oceano migliaia di prigionieri ancora vivi, detenuti clandestinamente nelle carceri segrete del regime. Trentamila risultarono i «dissidenti» desaparecidos. Il tutto con la complicità silenziosa, - ma anche partecipe, Vaticano in testa - della comunità internazionale, dagli Stati Uniti all'Unione Sovietica, dalla Cina, all'Italia del governo Moro (e seguenti), la cui ambasciata istituì con prontezza un sistema di doppie porte per impedire più efficacemente l'accesso ai perseguitati che vi avessero cercato scampo, come ricorda l'ex console italiano che, agendo di sua spontanea iniziativa, contrariamente agli ordini ricevuti, riuscì a salvare numerosi perseguitati politici. (Enrico Calamai, Niente asilo politico. Diario di un console italiano nell'Argentina dei desaparecidos, 2003).
Molti intellettuali, artisti, operai, docenti, sindacalisti, studenti ripararono all'estero. Ma furono in tanti, in troppi, quelli che chiusero volontariamente gli occhi di fronte alla repressione militare, nascondendosi, più o meno compiaciuti, dietro le conniventi formule «por algo será» o «algo habrán hecho».
In questo drammatico contesto un evento significativo come la Copa Mundial de Fútbol del 1978 permise alla comunità internazionale di manifestare in mondovisione la propria indifferenza per la tragica situazione argentina. Ad ogni modo, nonostante la propaganda, a poche settimane dal fischio di inizio, non tutto il mondo sembrava disposto a restare in silenzio. Paesi come Francia, Olanda e Svezia furono i più critici. Migliaia di esiliati organizzarono un boicottaggio senza precedenti. Insieme a loro, grandi nomi della musica e della cultura come Paco Ibañez, Georges Moustaki, Yves Montand, Juan-Paul Sartre, Roland Barthes e Louis Aragon. In particolare in Francia un gruppo di esiliati giunse a stampare alcune vignette raffiguranti il logo del Mondiale nascosto dietro il reticolo di un campo di concentramento. In altri casi le vignette raffiguravano i membri della giunta militare argentina giocare a calcio con un teschio al posto del pallone tra due arbitri d'eccezione: Hitler e Pinochet. Insomma, nel 1978 chiunque avesse voluto sapere quel che stava accadendo era in grado di farlo. Esattamente come nella Berlino del 1936, teatro delle famose Olimpiadi disputate in un paese dove da tempo procedevano le violente persecuzioni contro ebrei, rom, dissidenti politici, omosessuali, mendicanti e portatori di handicap, largamente annunziate dalle leggi di Norimberga del 1935.
Sul carro del vincitoreSe da un lato il mondo intero, salvo rare eccezioni, non era disposto ad accogliere i messaggi disperati che arrivavano dagli esiliati, in Argentina il mondo dello spettacolo iniziava a salire sul carro dei vincitori, con gli abiti, le cravatte e i frac di circostanza e con una retorica nazionalista che non diede scampo neppure ai bambini, come nel caso di un popolare cartone animato che raffigurava la placida mucca argentina attaccata improvvisamente da una miriade di pulci e pidocchi neri e che il gauchito, il piccolo cow boy delle Pampas, ripuliva integralmente, come documentato dal giornalista Pablo Llonto, autore dell'importante volume La vergüenza de todos, nel 2010 tradotto in Italia col titolo più rassicurante de Il mondiale della vergogna.
Ma la propaganda internazionale era iniziata da tempo. Nel 1977 l'allora ventenne chitarrista Tomás Gubitsch fu scritturato da Astor Piazzolla per partecipare allo storico tour europeo del suo Octeto electrónico. Il giovane chitarrista si trovava in Francia quando si rese conto della strumentalizzazione di cui lui e i suoi stessi compagni erano stati vittima, trattandosi di concerti organizzati dalla Marina argentina come controffensiva contro la cosiddetta «campagna antiargentina». A causa di alcune sue dichiarazioni in proposito il Consolato argentino gli ritirò il passaporto comunicandogli che a partire da allora non sarebbe più stato possibile «garantire la sua sicurezza a Buenos Aires». Se voleva rientrare, doveva pubblicamente denunciare «di essere stato manipolato dal marxismo internazionale». Racconta Gubitsch in un'intervista al quotidiano argentino Página/12 dell'agosto 2005, in occasione del suo rientro dopo un esilio quasi trentennale, che Piazzolla, messo al corrente della notizia, lo rimproverò severamente. Giorni dopo, prima dell'inizio di un nuovo concerto in Italia, il grande rivoluzionario del tango tornò patriottico sull'argomento, intimando ai propri musicisti il divieto di parlare della situazione argentina: «Gli europei pensano strane cose. Non bisogna danneggiare l'immagine del paese».
Astor Piazzolla
Morricone, l'inno della vergogna Mentre Gubitsch sceglieva l'esilio, Ennio Morricone firmava El mundial, inno ufficiale del Mondiale. Piazzolla dal canto suo contribuiva all'apoteosi sportiva dei Generali con il disco Piazzolla 78, una raccolta di temi di pura propaganda, come Marcación, Penal, Gambeta, Golazo, Corner, Campeón, che all'estero fu però venduta con il volpino titolo di Chador. Anche i brani mutarono pelle, trasformandosi rispettivamente in Panic, Tango fever, Chador, Gooal, Milonga strip e Tango blues: una strategia mimetica che guardava lontano, e che infatti si rivelò molto utile quando il vento cambiò direzione.
Quattro anni dopo, il 2 aprile 1982, l'allora presidente de facto, il generale Leopoldo Fortunato Galtieri, si affacciò al balcone della Casa Rosada dichiarando guerra al Regno Unito per il possesso delle isole Malvine. Una plaza de Mayo inaspettatamente gremita, considerando quanto avevano dovuto subire gli argentini dai militari, accolse con entusiasmo la notizia di un conflitto che in poco più di due mesi avrebbe causato oltre 900 vittime e quasi 2mila feriti.
Ma non c'è guerra senza musica. Nel maggio successivo il  Regina di Buenos Aires si riempì di centinaia di spettatori convenuti per un appuntamento speciale, un concerto in appoggio alle truppe argentine impegnate nel conflitto tenuto da Piazzolla e dal suo Quintetto, accompagnati dal popolare cantante Roberto Goyeneche. Naturalmente ci fu il tutto esaurito. Per avere un'idea della serata basti sapere che venne eseguito il celebre tango Cambalache, di Enrique Santos Discepolo, con Goyeneche in versione patriottico-militare che inseriva tra gli «immorali» presenti nel testo niente meno che la «dama di ferro», Margaret Thatcher.
Dedica a un personaggio ripugnanteNell'occasione venne presentato anche un altro tango, che con l'avvento della democrazia riapparse sotto mentite spoglie. S'intitolava Los lagartos. Piazzolla l'aveva dedicato a un personaggio ripugnante, successivamente condannato all'ergastolo per delitti di lesa umanità: Alfredo Astiz, famigerato capitano della Marina militare argentina, comandante del corpo speciale de Los lagartos de las Georgias nella guerra delle Malvine, assassino, sequestratore e torturatore, che sarà chiamato «l'angelo biondo della morte» perché col suo aspetto rassicurante si infiltrava spacciandosi come familiare di desaparecidos tra le Madri di Plaza de Mayo e nei gruppi clandestini di attivisti.
Nel 1983 il brano sparì immediatamente dalla circolazione per ricomparire due anni dopo col titolo di Tanguedia e diventare, per atroce ironia della sorte, il tema principale della colonna sonora del film Tango: el exilio de Gardel, del regista Fernando Ezequiel Solanas, di ritorno in Argentina dopo il lungo esilio parigino.
A dire il vero non era la prima volta che Piazzolla mostrava di essere a proprio agio con il Potere. Ai tempi delle elezioni presidenziali del 1951, per esempio, non si fece problemi a salire sul carro del vincitore e a musicare Epopeya argentina, una specie di inno peronista scritto da Mario Núñez, le cui tracce si premurò in seguito di cancellare dopo la caduta di Perón nel '55. C'è chi sostiene che la sua disinvoltura politica fosse figlia dell'indifferenza, ma non fu così.
Il grande rivoluzionario del tango infatti se ne andò con un rimpianto. Rivelando non poco di sé qualche tempo prima di morire, confidandosi con un suo amico, il giornalista sportivo Natalio Gorín, confessò: «Probabilmente all'Argentina, in un certo momento della sua storia, mancò un po' di fascismo». (Astor Piazzolla, A manera de memorias, 1998).
“il manifesto”  2 novembre 2012.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non potrò mai più ascoltare la meravigliosa musica di Piazzolla con la stessa partecipazione di prima...ma grazie! :(

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