29.11.12

Notizie da Cuba. Due agenti davvero speciali (di Osvaldo Fressoia)

Dall'ultimo "micropolis" un'intervista piena di informazioni rare e illuminanti sulle forme dell'assedio Usa alla Cuba castrista. (S.L.L.)
L'Avana 1991, Foto di Mariano Di Franco
L’appuntamento è dentro un bar, al riparo di una pioggia battente che non accenna a smettere, e sono proprio loro, Aleida Godinez Soler e Alicia del Carmen Zamora, da vere agenti speciali, a “riconoscermi” per prime in mezzo al tramestio vociante degli avventori. Fra meno di due ore parteciperanno ad un incontro pubblico organizzato da Asi Cuba, il primo di un tour in Italia per far conoscere la realtà dell’Isla grande anche attraverso le vicende avventurose, drammatiche e talvolta grottesche, di due ex agenti segrete infiltrate nella “opposizione”.
“Le virgolette sono d’obbligo perché si tratta, in realtà, di gruppi assai esigui, squalificatissimi, di livello culturale molto basso e senza alcuna presa neanche verso chi non è tenero verso il governo”, dicono subito Aleida (poco meno di 60 anni) e Alicia (poco meno di 40) con un sorriso e una lieve sorta di sarcasmo che ti mettono subito a tuo agio. I loro volti e movenze paiono più simili a quelli della donna che di solito incontri sotto casa o dal panettiere, che non a quelli, suadenti o cinici descritti dalle spy stories.
“Fra di noi questi gruppuscoli li chiamavamo ‘Comitati del sofà’, proprio perché solo un sofà può contenerne il numero. Come, per esempio la ‘Gioventù liberale’, 5 in tutto. In tutta l’isola, capisci? Io stessa ho ‘fondato’ il Partito Democratico Cristiano - dice Aleida ridendo fragorosamente - e
anche in questo caso abbiamo raccolto non più di 6 persone!”. Altri gruppi nascono, invece, su base professionale (medici, operai, bibliotecari), ma tutti e sempre dietro l’aggettivo “indipendenti”, comunque sempre riforniti a iosa di materiali e strumenti per le comunicazioni, radio, telefonini,
videocamere, computer, ecc. “Il fatto è - aggiunge Alicia - che esistono solo grazie agli ingenti finanziamenti americani che poi - precisa - i vari gruppi si litigano, con relativi episodi di accaparramento personale”. Alla stregua di un Fiorito della regione Lazio, commento divertito.
“Si tratta – proseguono - di veri e propri mercenari che vivono solo di questo. Sono il frutto di una
politica che, dopo la débacle della Baia dei Porci, ha cercato letteralmente di fabbricare un’opposizione nel nostro Paese”. Anche nel 2011, l’Amministrazione Usa ha stanziato 20 milioni di dollari per “promuovere i diritti umani e la società civile” a Cuba.
“Ogni ‘dissidente’ - spiegano le due donne - riceve stipendi inimmaginabili per un cubano, oltre a benefit quali borse di studio, oppure capi di abbigliamento firmati delle più importanti boutiques newyorkesi. Ma il loro sogno è quello di migrare negli Usa”.
“Noi stesse, come dirigenti dei vari gruppi, ricevevamo, ogni mese, 900 dollari, mentre lo stipendio medio di un cubano è di 20”.
Del resto, di che pasta sia fatta certa “dissidenza” è ormai noto a molti e da anni; così come è noto il fatto che essa per decenni ha cercato di scoraggiare il turismo nell’isola (voce decisiva per sopravvivere al feroce embargo con cui gli Usa cercano di strangolarla), anche attraverso attività terroristiche, che hanno provocando la morte di 3478 persone e la menomazione permanente di altre 2099. Fra le vittime anche un giovane imprenditore italiano - Fabio Di Celmo - morto per l’esplosione di una bomba nell’albergo in cui alloggiava.
“Quell’italiano si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato”- affermò con sicumera Posada Carriles, uno degli impuniti autori dell’attentato, già agente di Fulgenzio Batista poi passato coerentemente alla Cia. Al riguardo è vergognoso che, nonostante una campagna mondiale che sta faticosamente bucando la cortina di silenzio dell’informazione mainstream, 5 agenti cubani infiltrati a Miami nei gruppi terroristi anticastristi e che hanno provato le loro attività criminali all’Fbi, sono stati per tutta risposta condannati per spionaggio (uno all’ergastolo) e giacciono nelle carceri
Usa da più di 10 anni. Anche per questo avrei voglia di parlare d’altro, soprattutto della svolta di Raul che, pur dentro un quadro che intende rimanere socialista, ha aperto al mercato alcune attività economiche, iniziando anche una coraggiosa ma difficile opera di alleggerimento della macchina statale (taglio di più di un milione di dipendenti), da accompagnare, il meno traumaticamente possibile, ad un’attività por cuenta propria… Oppure chiedere se esiste a Cuba una opposizione politica alla linea ufficiale e se, pur dentro la legalità socialista, è possibile organizzarla… Ma Aleida e Alicia - per la prima volta all’estero - hanno voglia soprattutto di “scaricare” tutta quanta la loro vicenda umana e politica, che le ha portate per ben tredici pesantissimi anni a fingersi controrivoluzionarie fra la propria gente. “Perché passare per gusanos (vermi) ha significato rompere dolorosamente con amici e soprattutto con le nostre famiglie, arrecare loro grande dolore e vergogna” - dice Aleida e la voce, fino ad allora scoppiettante e allegra, leggermente si incrina. “Conosco compagni, anche loro infiltrati, i cui genitori sono morti prima di sapere la verità… No, non potevamo nascondere di avere tanti soldi. Anzi, alla Sina (la Secciòn de Interes de NorteAmerica, con sede a l’Avana, ndr) volevano che li esibissimo, che tutti sapessero che i dissidenti hanno soldi”.
Rispondo che non potrei sopportare, per così tanto tempo, di passare per una mierda nei confronti di tanta gente, specie quella che stimo e a cui voglio bene, e che questa è una forma di eroismo di cui non sarei mai capace… “Certo - dice schermendosi Aleida - quando si fa la doppia vita per anni è dura, la sofferenza c’è, ma siamo state addestrate anche a questo. Il premio, alla fine è la consapevolezza di aver aiutato il nostro Paese aggredito, magari di aver sventato un attentato e di aver lasciato, alla fine, con un palmo di naso yankees e ‘dissidenti’. E poi la gente quando torni alla vita normale, ti festeggia e diventi quasi un eroe”.
Penso, dentro di me, che solo le grandi rivoluzioni possono produrre persone con una forza simile, ma temo di metterle in imbarazzo, e allora chiedo come cominciò il loro contatto con la Sina. “Con telefonate a Radio Martì, di Miami - rispondono - a cui denunciavamo supposte violazioni dei diritti verso i dissidenti, ma il contatto diretto è avvenuto per entrambe dopo quasi un anno di ‘denunce’, per poi essere ingaggiate”. “Ho ancora il ‘passi’ permanente - dice Aleida sorridendo - Quante volte sono entrata in quel palazzo di 7 piani della Sina lungo il Malecon” [il famoso lungomare Habanero, ndr] e nelle ricche ville dei capi e agenti Usa della capitale!”
Insomma è strano che nella terribile “dittatura” cubana, dissidenti e agenti di altri Paesi, possano riunirsi pubblicamente per rovesciare il governo in carica. Come la famosa riunione “dei 150”, del maggio 2005 all’Avana nel giardino della villetta di uno dei leader dei fantomatici gruppi dissidenti,
alla presenza di diplomatici, giornalisti cubani e stranieri. Venne anche mister Cason, l’allora capo della Sina, che fece proiettare un video con il saluto di George W. Bush, poi trasmesso addirittura dalla Tv cubana.
“Se non è libertà d’espressione questa…” - sibila Aleida - “Degli stessi 75 condannati (alcuni anche a 23 anni) nel 2003, a seguito di due dirottamenti di aerei di linea cubani, e il sequestro, per 60 ore, di un battello con 50 civili a bordo, molti di loro sono stati liberati dopo pochi anni. In quale altro Paese ciò accade, nonostante l’evidenza di un ampio piano organizzato e finanziato da fuori?” Gli racconto che in Italia una vetrina spaccata durante una manifestazione può costare, come è successo recentemente, fra gli 8 e 10 anni e se si fischia un ministro si parla già di prodromi del terrorismo. E in ogni caso immaginiamo cosa accadrebbe, invertendo le parti: se cioè a New York si cercasse di organizzare un partito comunista con denaro del governo cubano, che per giunta sobilli la popolazione a rovesciare il sistema.
Chissà se a “La Repubblica”, organo del sempre più stracco riformismo italico, e portavoce degli imperituri valori del liberalismo occidentale, si sono mai fatti questa semplice domanda.

"micropolis", novembre 2012

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