7.11.12

Ci vediamo a casa Zola. La scuola naturalista da Parigi a Médan (Luciano Lucignani)

Emile Zola e la sua famiglia
La domenica pomeriggio si andava da Flaubert. Prima in Boulevard du Temple, poi, dall'agosto 1869, al quinto piano del numero 4 di rue Murillo, dove lo scrittore si era trasferito appena consegnato all'editore il manoscritto dell'Educazione sentimentale. Flaubert, che di solito stava lavorando, quando sentiva suonare alla porta copriva pudicamente con una stoffa di seta rossa lo scrittoio, e poiché la domenica non c'era domestico, andava ad aprire.
Erano quasi sempre gli stessi, gli amici più intimi. Turgheniev, gigantesco, che, sofferente di gotta, andava subito a sdraiarsi sul divano. Poi Daudet, l'editore Georges Charpentier, Zola, col fiato grosso per aver salito i cinque piani, seguito dall'immancabile Paul Alexis, Céard, Hennique, Huysmans, Mirbeau, il discepolo prediletto, Maupassant, e Edmond de Goncourt, che arrivava sempre ultimo. A volte venivano anche Taine, Renan, Francois Coppée, Catulle Mendès e qualche altro.
Il salotto letterario era un'istituzione nella Parigi del Secondo Impero, quasi come la riunione conviviale ; la gente di lettere si frequentava molto. I fossili sopravvissuti andavano da madame Ancelot, della quale, a suo tempo, era stato assiduo Stendhal. La bohème internazionale si riuniva da George Sand, dove spesso Chopin suonava in sordina un valzer o una mazurka, e i nomi più illustri non mancavano mai all'appuntamento da Louise Colet. Il salotto di madame Charpentier era una specie di succursale mondana della casa editrice, frequentato da giornalisti, scrittori, pittori, scultori e uomini politici: niente bohème, ma una signorile «camaraderie» in cui ognuno si trovava a suo agio. C'era poi quello di Daudet, che per qualche tempo, dopo la morte di Flaubert (maggio 1880), cercò di continuarne gli appuntamenti domenicali, in seguito sostituiti da una nuova serie inaugurata il 1° febbraio 1885 nella casa di campagna di Edmond de Goncourt.
In campagna, dal 1879, riceveva anche Zola. I «giovedì di Zola» avevano una tradizione vecchia d'una quindicina d'anni, prima in rue des Feuillantines, poi in rue Saint-Georges e infine a Médan, un nome che è entrato nella storia della letteratura mancese. Il «Gruppo di Médan», di cui fecero parte, oltre a Zola, Guy deMaupassant, Joris-Karl Huysmans, Henry Céard, Leon Hennique e Paul Alexis (doveva esserci anche Octave Mirbeau, che però fu allontanato da Parigi per un incarico di vice-prefetto), costituì, si può dire, il nucleo della «scuola naturalista», partecipando alla pubblicazione del volume collettivo che fu subito riconosciuto come il «manifesto» del movimento: quelle Soirées de Médan che apparvero in libreria (editore Charpentier) giusto un secolo fa, il 16 aprile 1880.
Casa Zola a Médan
Un menù letterario
In realtà, il battesimo ufficiale la «scuola naturalista» lo aveva ricevuto già tre anni prima, nel corso di una di quelle interminabili riunioni conviviali definite da Zola «fameliche assise di letteratura e d'arte». Quel giorno, 16 aprile 1877, i giovani futuri membri del «Gruppo di Médan» (allora Alexis. Hennique, Céard, Maupassant, Huysmans e Mirbeau erano tutti sotto i trent'anni) invitarono a pranzo i loro maestri, Zola e Flaubert. Per l'occasione scelsero un ristorante un po' meno alla mano della trattoria in cui erano soliti prendere i pasti: da Trapp, rue Saint-Lazare, all'angolo del «passage» Tivoli. Un'abile soffiata fece sì che tre giorni prima “La République des Lettres” ne anticipasse poco spiritosamente il menu: «Potage, purée alla Bovary; trota salmonata alla Fille Elisa, gallina farcita alla Saint-Antoine, carciofi al Coeur simple e parfait naturalista; vini di Coupeau e Liquore dell'Assommoir». Il giornale insisteva poi, informando i lettori, che «il signor Flaubert aveva notato la mancanza delle anguille alla Cartaginese e dei piccioni alla Salammbò». Molto smaliziati nell'arte di farsi pubblicità, i giovani scrittori avevano tenuto sveglia l'attenzione della stampa sull'avvenimento, attraverso varie polemiche, attacchi e difese, pubblicati sotto pseudonimi su altri giornali.
Tre anni dopo, come abbiamo detto, uscivano Les Soirées de Médan. Maupassant ebbe l'incarico di presentare il libro ai lettori dei giornali e lo fece con un articolo pubblicato (il giorno dopo, 17 aprile) sul Gaulois. Dopo una bella tirata contro il romanticismo, che doveva suonare come omaggio alle idee del maestro, lo scrittore passava a raccontare, romanzando un po' gli avvenimenti, com'era nata l'idea di un libro a più mani: «...L'estate ci si riuniva da Zola, nella sua casa di Médan... Le notti erano stupende, calde, odorose di foglie, e noi ce ne andavamo a passeggiare sull'isola grande, che era di fronte. Io traghettavo gli altri sul Nana [il canotto di Zola, battezzato col nome della protagonista d'un suo famoso romanzo]. Una notte di luna piena ci mettemmo a parlare di Mérimée e andammo avanti ricordando più o meno tutti i novellieri celebri... Céard, scettico, guardava la luna e mormorava: 'Che straordinario scenario romantico, peccato non utilizzarlo in qualche modo...' 'Raccontando qualche storia sentimentale!', aggiunse Huysmans. Zola invece trovò che l'idea era buona, disse che avremmo dovuto raccontarci delle storie. La proposta ci mise di buon umore e decidemmo, per ren-dere tutto più difficile, che l'ambiente scelto dal primo sarebbe stato rispettato anche dagli altri, sia pure introducendovi avventure diverse. Ci mettemmo a sedere, e nel grande riposo dei campi addormentati sotto la luna splendente, Zola ci narrò quella pagina terribile, quella sinistra storia di guerra che è L'attacco al mulino».
Il quadro, dunque, era fissato: storie di guerra, della disastrosa guerra franco prussiana del 1870 conclusa con la disfatta di Sédan.
Vista con occhio naturalista, cioè nei suoi aspetti più veri, tragici e abbietti, grotteschi magari; ma senza sentimentalismi e idealizzazioni di tipo patriottico.
Maupassant era stato generoso: L'attacco al mulino è soltanto un racconto avvincente, ma di mestiere, privo anche della precisione documentaria con cui lo stesso Zola scriverà, dodici anni dopo, La Débàcle; e così poco nella linea del naturalismo che basteranno pochi ritocchi per farne, più tardi, un libretto da melodramma.
Guy de Maupassant in una foto giovanile
Maupassant al debutto
Zola narrava la catastrofe familiare abbattutasi, a causa della guerra, sugli abitanti d'un mulino della Lorena, preso prima dai francesi, occupato poi dai tedeschi e riconqui stato infine dai francesi. In questi andirivieni di truppe la figlia del mugnaio vedeva uccisi il fidanzato e il padre. E mentre lei, ancora istupidita, si chinava sui due cadaveri, sul campo risuonava il giocoso grido di vittoria del comandante francese, che non mancava di salutare galantemente la ragazza con la sciabola snudata. Dopo Zola veniva Maupassant. Il suo racconto Boule de suif (Palla di sego), che costituiva anche il suo debutto di narratore, è il solo che giustifichi ancora il nostro interesse per la raccolta. La storia della giovane prostituta la quale sacrifica la sua dignità di donna a beneficio d'un gruppo di borghesi che non le nasconde il suo disprezzo è un piccolo capolavoro. Come disse poi Thibaudet, «Maupassant oltrepassa la formula, e la sua filiazione da Croisset conta più delle sue passeggiate a Médan», come a dire che la lunga frequentazione di Flaubert aveva certamente avuto il suo peso nella riuscita dello scrittore.
Degli altri quattro racconti, l'unico a meritare qualche considerazione è Zaino in spalla di Huysmans. Nello stile acre, mordente ed epigrammatico dell'autore di À rebours, vi è descritta l'esperienza d'un soldato che una banale malattia trascina, durante la ritirata, di ospedale in ospedale. Il salasso di Céard è la violenta caricatura d'un generale incapace che, irretito dalle grazie d'una specie d'avventuriera, manda al macello i suoi soldati, tanto per avere il suo «bagno di sangue». La stessa truculenza è la nota dominante dell'Affare del N. 7 di Hennique, dov'è narrata la strage compiuta da un gruppo di soldati in un bordello dov'è stato ferito un loro commilitone. E in Dopo la battaglia, di Alexis, si va ancora più in là: un prete, ferito, è raccolto da una giovane vedova che riporta in patria la salma del marito caduto in combattimento; durante il viaggio i due si consolano'a vicenda e finiscono per amoreggiare sul carro, accanto alla bara del morto.
Non c'è dubbio che i racconti di Huysmans, Céard, Hennique e Alexis siano, molto più che quelli di Zola e di Maupassant, nella linea dei naturalismo: ma non c'è dubbio che siano anche i più brutti. «Il naturalismo per essi consiste, più che nell'osservazione e nella descrizione della realtà», dice ancora Thibaudet, «nell'odio per la realtà, e quindi m una visione caricaturale, determinata da un radicale pessimismo».
In altre parole: ci sono artisti (che a volte possono essere anche maestri), e ci sono discepoli: buoni o cattivi, ma sempre discepoli.

"la Repubblica", aprile 1980

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