13.11.12

Formalismo e marxismo. Trotzkij contro Sklovskij

Lev Trotzkij
Letteratura e rivoluzione è il libro licenziato da Trotzkij nell’agosto del 1923, che comprende studi e scritti degli anni immediatamente precedenti. In esso si affrontano sotto la luce del marxismo rivoluzionario i nodi della ricerca e dell’attività letteraria prima e dopo la rivoluzione d’Ottobre.
Proprio in quest’opera densa e complessa compare, probabilmente per la prima volta, l’espressione “compagni di strada”, che avrà tanto successo in molti e diversi significati, qui riferita ai poeti che con la potenza polemica dei loro versi sembrano dare forza a una rivoluzione, che pure non è la loro.
Un capitolo importante è riservato ai futuristi russi e alle loro ambivalenze (simpatie per il bolscevismo e, insieme, per la “scuola formale” nella letteratura) e – cosa ignota a molti – contiene un breve saggio in forma di lettera di Gramsci, al quale Trotzkij aveva chiesto un contributo di conoscenza e un giudizio sul futurismo italiano.
La polemica più aspra (a mio avviso fuori misura) riguarda il formalismo, “l’unica teoria che è contrapposta al marxismo nel tempo dei soviet”. L’attenzione, nel brano qui postato, si concentra su Viktor Sklovskij, vero e proprio capo della scuola. (S.L.L.)
Viktor Sklovskij
Il fatto che nella coscienza teorica di Sklovskij siano penetrati profondamente i procedimenti critici dei sofisti greci, questi puri formalisti della loro epoca, non muta minimamente il fatto che lo stesso Sklovskij sia un assai pittoresco prodotto di un determinato ambiente sociale e di un'epoca ben determinata…
Che il bisogno d'arte non sia creato dalle condizioni economiche è cosa indubbia. Ma anche il bisogno di cibo non è creato dall'economia. Al contrario, il bisogno di cibo è di calore crea l'economia. È verissimo che in base ai soli principi del marxismo non si può mai giudicare, respingere o accettare un'opera d'arte. I prodotti della creazione artistica devono, in primo luogo, essere giudicati in base alle loro proprie leggi, cioè in base alle leggi dell'arte. Ma soltanto il marxismo è capace di spiegare perché e come in una data epoca è nata una certa tendenza nell'arte, cioè chi e perché ha espresso la richiesta di quelle e non di altre forme artistiche.
Sarebbe infantile credere che ogni classe generi totalmente dal proprio seno la propria arte e, in particolare, che il proletariato sia capace di creare una nuova arte attraverso chiusi seminari e circoli artistici, Proletkul't, ecc. In generale l'attività creatrice dell'uomo storico è continuità. Ogni nuova classe ascendente sale sulle spalle dei suoi predecessori. Ma questa continuità è dialettica, cioè si scopre attraverso repulsioni e rotture interne. Gli impulsi che, sotto forma di nuovi bisogni artistici, portano alla domanda di nuove concezioni letterarie o pittoriche, sono dati dall'economia attraverso la nuova classe o - se si tratta di impulsi minori - attraverso un nuovo orientamento della stessa classe grazie all'aumento della sua ricchezza e potenza culturale. La creazione artistica è sempre una complessa rivoltatura di vecchie forme sotto l'azione di nuovi impulsi che nascono in una sfera che trascende l'arte. In questo senso ampio l'arte è ausiliaria. Non è una forza elementare disincarnata che si nutre da sola, ma una funzione dell'uomo sociale, indissolubilmente legata all'ambiente e alla sua struttura. E com'è caratteristico - nel senso che ogni pregiudizio sociale viene portato all'assurdo - che Sklovskij sia arrivato a formulare l'idea dell'indipendenza assoluta dell'arte dalla struttura sociale nel momento della nostra storia russa in cui l'arte ha palesato con più evidenza che mai la dipendenza spirituale e materiale da determinate classi, sottoclassi e gruppi sociali!
Il materialismo non nega il significato del momento formale nella logica, né nel diritto, né nell'arte. Come un sistema giuridico può e deve essere giudicato per la sua logicità e concordanza interne, cosi anche l'arte può e deve giudicata dal punto di vista dei suoi risultati formali, poiché al di fuori di questi non ci può essere arte. Tuttavia, una teoria giuridica che cercasse di stabilire l'indipendenza del diritto dalle condizioni sociali, sarebbe viziata alla base. La forza motrice è nell'economia, nelle contraddizioni di classe; il diritto dà soltanto un'espressione ordinata e internamente coerente a questi fenomeni, non nella loro eccezionalità individuale, ma nella loro universalità, nella loro ripetibilità e durata. Proprio adesso noi osserviamo con una chiarezza rara nella storia come si forma un nuovo diritto: non coi metodi d'una deduzione autosufficiente, ma coi procedimenti di una valutazione e verificazione empirica dei bisogni economici della nuova classe dominante.
La letteratura, coi suoi metodi e procedimenti, le cui radici affondano in un remotissimo passato e che rappresentano l'esperienza accumulata dal magistero poetico, dà espressione alle idee, ai sentimenti, agli stati d'animo, alle concezioni e alle speranze della sua epoca e della sua classe. Di qui non si esce. E non c'è bisogno di uscirne, a quanto sembra, almeno se non si è al servizio di un'epoca ormai finita e di una classe superata.
I procedimenti dell'analisi formale sono necessari, ma insufficienti. Si possono contare le allitterazioni nei proverbi popolari, classificare le metafore, registrare il numero delle vocali e delle consonanti in un canto di nozze: tutto ciò arricchirà indubbiamente, in un modo o nell'altro, la nostra conoscenza della creazione popolare; ma se non si conosce il ciclo di rotazione e il connesso ciclo di vita contadina, se non si conosce la funzione dell'aratro e se non si capisce il significato del calendario ecclesiastico seguito dal contadino nella sua vita quotidiana, cioè il periodo in cui il contadino si sposa e la contadina partorisce, dell'arte popolare non si conosce che la scorza esteriore e non si arriverà mai al nocciolo. Lo schema architettonico-costruttivo della cattedrale di Colonia può essere stabilito soltanto se si misura la base e l'altezza dei suoi archi, si determinano le tre dimensioni delle sue navate, le dimensioni e la disposizione delle colonne, ecc. Ma se noi non sappiamo che cos'è una città medievale, che cos'è una corporazione e che cos'è stata la chiesa cattolica nel Medioevo, non capiremo mai la cattedrale di Colonia. Il tentativo di liberare l'arte dalla vita e di dichiararla un magistero autosufficiente la priva d'anima e la fa morire. Il bisogno stesso di una simile operazione è un sintomo sicuro di decadenza ideale….
L'affermazione d'una indipendenza totale del «fattore» estetico rispetto all'azione delle condizioni sociali, alla maniera di Sklovskij, è già una stravaganza specifica, anch'essa, del resto, socialmente condizionata: è una mania estetica di grandezza in cui la nostra dura realtà è rovesciata sulla propria testa. Oltre a questa particolarità, nelle formulazioni dei formalisti resta la stessa metodologia viziosa di tutti gli altri tipi di idealismo. Per il materialista la religione, il diritto, la morale, l'arte sono singoli aspetti del processo sostanzialmente unitario dello sviluppo sociale… l'idealista, invece, non vede il processo unitario dello sviluppo storico.

Lev Trockij, Letteratura e rivoluzione, Trad. Vittorio Strada, Einaudi, 1973

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