L’anno doveva essere l’Ottantuno. O forse l’Ottantadue. Con Enrico Sciamanna facevamo giornali: uno agricolo e zootecnico (“Puntoverde”, notiziario delle fiere agricole dell’Umbria), un altro fieramente politico (“questogiornale”, mensile comunista per la Valle Umbra del Nord).
Ci divertivamo: in macchina cantavamo Mexico di Claudio Villa, portavamo con noi per fiere e allevamenti la giovane Marina che aveva sempre qualche buona idea e consideravamo la nostra Musa, intervistavamo e costruivamo interviste.
Organizzammo anche un piccolo convegno, sui giornali nella scuola, per "questogiornale". La locandina era molto bella, con un disegno fatto apposta (e gratis) da Claudio Carli nel suo atelier di San Rufino: credo che l'insigne pittore attraversasse la fase iperrealistica. Chissà se qualcuno conserva copia di quel suo lavoro.
Ospite d’onore del convegno fu Peppino Fiori, il biografo di Gramsci, al tempo senatore della Sinistra Indipendente e direttore di “Paese Sera”. Venne con la moglie, una amabilissima e tranquilla signora.
Dopo il convegno, che si svolgeva al palazzetto mediceo di Santa Maria degli Angeli, ci spostammo al centro di Assisi e cenammo insieme dal Dindolo, i Fiori, Enrico ed io. Fu serata di aneddotica gramsciana e anche, un po’, berlingueriana, con tutte le bellezze dell’accento sardo.
Fu un’impresa per me ed Enrico pagare la cena, a nostre spese. Peppino proprio non voleva e fu la moglie a convincerlo che era giusto darci la gioia di averlo come ospite. Il Dindolo, oltre tutto, ad Enrico faceva un prezzo molto buono. Fiori, a sua volta, ci impose di accettare per “questogiornale” un suo obolo (avevamo chiesto sottoscrizioni durante il convegno).
Fu un’impresa per me ed Enrico pagare la cena, a nostre spese. Peppino proprio non voleva e fu la moglie a convincerlo che era giusto darci la gioia di averlo come ospite. Il Dindolo, oltre tutto, ad Enrico faceva un prezzo molto buono. Fiori, a sua volta, ci impose di accettare per “questogiornale” un suo obolo (avevamo chiesto sottoscrizioni durante il convegno).
Per Fiori avevamo prenotato una doppia al “Giotto”, al centro di Assisi, e al mattino presto provvide un compagno a portare la coppia agli Angeli, donde sarebbe partita per Roma con il rapido. Quando andammo per pagare il conto, Bruno Calzolari, che al tempo era portiere del “Giotto”, ci raccontò come Fiori fosse andato su tutte le furie non vedendo affisso il cartellino con il prezzo alla porta della propria camera. Gli avevano detto che il conto era stato già saldato (ci eravamo accordati con Francesco Lombardi, al comprensorio del Pci di Bastia, perché dell'albergo si facesse carico il partito), ma Fiori era stato irremovibile: pagò di tasca propria, cosa più unica che rara già a quel tempo tra onorevoli e giornalisti.
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