Su "La Stampa", nella nuova rubrica gastronomica di Rocco Moliterni, Dolce Italia, questa golosa divagazione sui "mostaccioli" (in Sicilia mustazzoli) che variamente si preparano e si gustano in tante regioni italiane. (S.L.L.)
Mostaccioli lucani |
Il bello dell’Italia gastronomica è che una stessa parola non indica sempre la stessa cosa. Un esempio viene dai mostaccioli: che siano biscotti, nessuno lo mette in discussione, ma tra i mostaccioli lombardi, napoletani o pugliesi passa un bella differenza.
Andiamo con ordine. Tutti sono d’accordo nel ritenere che la parola mostacciolo o mustacciuolo venga dal latino mustaceus, che significa «focaccia di nozze». Peccato però che subito dopo ci si divida tra chi sostiene che la radice di mustaceus venga da mostum, ossia dal mosto (che però a sua volta può essere riferito all’uva ma anche ai fichi), e chi invece sostiene che derivi da mustace che in latino significa alloro: e infatti la focaccia della tradizione latina era avvolta in foglie di alloro.
Sta di fatto che in Lombardia si preparano con albume, farina, miele e frutta secca. In Emilia hanno la forma di ciambelline. A Napoli sono ricoperti di una glassa al cioccolato, in Abruzzo tra gli ingredienti compare il mosto d’uva, in Lucania quello di fichi, che viene anche detto vin cotto di fichi.
Man mano che si scende lungo la penisola si direbbe che i mostaccioli diventino sempre più spaccadenti. Ma sono comunque in grado di far leccare i baffi, che giusto per complicare un po’ le cose, un tempo si chiamavano mustacchi.
"La Stampa",12/07/2012
Nessun commento:
Posta un commento