Da un vecchio "manifesto" la rievocazione di una figura assai importante nella storia delle ricerche archeologiche. (S.L.L.)
Dea Madre con serpenti, Museo archeologico di Hiraklion |
Scoperta Gournià, sito
miceneo: strade, case, ceramica, bronzi, vasi di pietra». È il
maggio del 1901 quando la American Exploration Society di
Philadelphia riceve questo concitato telegramma proveniente da Creta:
a spedirlo è quella Livingstone in gonnella di nome Harriett Boyd.
L'eccentrica bostoniana ce l'ha fatta, finalmente ha trovato quel che
cercava da due anni con fiducia incrollabile a dispetto
dell'incredulità degli archeologi di chiara fama: un insediamento
minoico nel cuore della Creta orientale, una vera e propria
cittadella perfettamente conservata come una piccola Pompei. D'altra
parte non c'era da aspettarsi nulla di meno che clamoroso da
un'archeologa che, ancora studentessa si era arruolata volontaria
nell'esercito greco!
In bicicletta ad
Atene
Pochi armi prima, infatti
— è il 1897 — Boyd è ad Atene, all'American School of Classical
Stu-dies, per dedicarsi in full immersion alla cultura greca che è
la sua passione e. tra una lezione e l'altra, si diverte a stupire
gli ateniesi girando sola in bicicletta per la città. Quando scoppia
l'ennesimo episodio della guerra greco-turca, l'emancipata americana
non esita un attimo: anche lei vuole prendere parte alla difesa della
civiltà che tanto ama e va a offrire la sua opera di crocerossina
sul versante tessalico del conflitto; i suoi resoconti dal fronte le
meritano anche una decorazione al valore da parte della regina di
Grecia.
La guerra finisce, Boyd
toma ad Atene e riprende gli studi all'American School; ma le
ricerche di biblioteca non le bastano più, anche attraverso
l'esperienza della militanza si è misurata con gli spazi aperti: ora
sogna Creta e gli scavi archeologici. Fino a poco tempo prima l'isola
era terra incognita per l'archeologia, ma allo scadere del secolo i
ricercatori europei ne hanno avviato un'esplorazione quasi a tappeto
nella metà occidentale: gli italiani con Federico Halbherr hanno
trovato prima i resti di una città di età classica, Cortina, poi il
sito del palazzo minoico di Festòs; gli inglesi di Arthur Evans
hanno scoperto le vestigia del palazzo di Cnosso. I ritrovamenti che
si susseguono sono straordinari, pare che il suolo fiorisca di
antichità non appena il piccone lo sfiora: Boyd è rapita dal
miraggio di Creta e pensa che anche gli americani debbano avere parte
nelle ricerche. Con lo stesso slancio che l'aveva portata ad
arruolarsi, chiede al direttore dell'American School che le lasci
usare la sua borsa di studio per andare nell'isola a compiere un
sopralluogo (e magari aprire uno scavo). Com'era prevedibile, la
proposta viene respinta, ma non basta certo un no a fermare Boyd:
ormai il sogno è diventato un progetto; grazie anche a una fortunata
coincidenza, l'intraprendente studentessa riesce a metterne al
corrente gli archeologi inglesi di passaggio ad Atene, prima Hogarth
poi il grande Evans. È lei stessa a raccontare l'incontro in un suo
breve memoriale (Memoirs of a Pioneer Excavator in Crete,
pubblicato postumo sulla rivista “Ar-chaeology”): «Una domenica
mattina indugiavo a letto in uno di quei deliziosi sogni ad occhi
aperti in cui tutto sembra possibile. Mr. Hogarth era ad Atene in
vista di imbarcarsi per andare a scavare a Creta. Il piano prendeva
forma. Quel pomeriggio andai ad incontrarlo da sola e gli dissi che
anche io volevo scavare a Creta. Con mia grande sorpresa non cacciò
un urlo a quell'idea, ma mi disse: 'Vada a fare un sopralluogo'. Una
settimana più tardi, per mia grande fortuna, anche Mr. Evans passò
in città. Lo incontrai alla British School e anche lui fu
incoraggiante».
Ricevuta l'approvazione
dell'illustre scopritore di Cnosso, a quel punto Boyd riesce a
strappare anche il consenso del direttore e a partire a spese della
American School. Così, nella primavera del 1900, s'imbarca per Creta
una singolare spedizione: due studentesse (a Boyd si è unita
un'amica di Boston, Jane Patten, biologa naturalista che vuole
studiare la vegetazione cretese), una guida (l'epi-rota Aristides
Papadias) e la madre della guida come governante e cuoca. Il giorno
stesso dello sbarco una Boyd incontenibile è subito sullo scavo di
Cnosso ad ammirare l'immenso palazzo che Evans, con 140 uomini, sta
portando alla luce: proprio davanti ai suoi occhi l'inglese apre la
cosiddetta «stanza del trono» e la splendida scoperta le sembra
quasi il segno della sorte che toccherà anche a lei.
Dopo essere piombata
anche sugli scavi italiani a Cortina, ottenendo l'ospitalità dello
stesso Halbherr (che pure era rimasto molto turbato dall'arrivo di
quelle che chiama con una punta di sospetto «due signorine
archeologhesse»), Boyd inizia finalmente la sua ricerca
indipendente. Assume una guida cretese, Kostantìnos, lascia a Candia
la signora Papadias, perché le strade che s'inoltrano nell'interno
non sono che mulattiere e il viaggio sarà disagevole, e parte a
dorso di mulo con gli altri tre e un equipaggiamento ridotto
all'essenziale: due lettini da campo, biancheria, coperte, una
macchina fotografica, mappe, quaderni e un cesto con i viveri. La
meta è Kavousi, suggerita da Evans che anni prima vi ha scavato una
tomba protogeometrica databile circa al 1000 a.C. (e che forse pensa,
così, di confinare ad un punto preciso di Creta l'attività
dell'intraprendente Boyd).
Per decidere da dove
iniziare, Boyd segue le indicazioni degli abitanti dei villaggi,
anche se nutre una comprensibile perplessità, come racconta lei
stessa: «Avevo visitato la maggior parte dei più importanti scavi
in Grecia, ma un conto è andare, dopo che il lavoro è stato fatto,
a studiare e verificare disegni e resoconti altrui; ben altra cosa è
trovare per sé un luogo dove scavare. Quello splendido mattino che
partimmo per la piana» della Messerà, mi offuscava la mente
l'incredulità in ogni possibile successo: come potevo essere sicura
che guardando avrei visto e sentendo avrei capito! I miei consiglieri
mi avevano detto di imparare il più possibile dalla gente del luogo,
ma nei racconti dei locali non è facile discernere tra dicerie senza
valore e verità preziose».
Il villaggio di
Kavousi
II «braccio» della
spedizione, però, Aristìdes Papadias, si adopera per intrattenere
rapporti amichevoli con i locali e cerca di individuare le
informazioni veritiere, compie escursioni da un'altura all'altra
attraverso la pianura e prepara ovunque una onorevole accoglienza per
la spedizione, facendo un ingresso solenne nei paesi vestito con il
costume greco dei patrioti del 1821. E finalmente arriva la
segnalazione giusta. Si presenta a Boyd uno dei decani del villaggio
di Kavousi, un uomo vecchissimo che sembra un'apparizione del passato
in persona; porta con sé tre oggetti di bronzo e indica i luoghi
dove sono stati trovati. Dopo una rapida esplorazione, è facile per
Boyd individuare in quei tre siti i tre insediamenti di una comunità
arcaica: il santuario con la necropoli, il centro politico, la zona
commerciale. Euforica, sale in groppa al mulo con la sella di legno e
in soli due giorni raggiunge Candia, capitale dell'isola, per
ottenere i permessi per aprire uno scavo. Due settimane dopo è di
nuovo a Kavousi ad assumere operai, a cominciare i lavori e a
raccoglierne presto i frutti: una quantità di ceramica, una casa di
tredici stanze e una tomba con il corredo intatto, appartenenti
all'età del ferro. Alla fine della fortunata campagna di scavo, Boyd
torna in America dove, grazie al materiale raccolto, scrive la sua
tesi di laurea, e ottiene dall'American Exploration Society di
Philadelphia l'incarico ufficiale di tornare a esplorare Creta.
I resti minoici
Se il primo viaggio
nell'isola greca è stato per Boyd il «battesimo» dell'archeologia
militante, il secondo è la conferma del suo straordinario fiuto di
scopritrice. Anche questa volta si fa accompagnare da un'amica
americana, Bianche E. Wheeler, e da Aristides Papadias con la madre.
Questa volta però, a differenza della prima, non parte per una
ricerca «alla cieca», ma ha già chiaro in mente quel che pensa di
trovare: i grandiosi ritrovamenti minoici di Halbherr e di Evans le
fanno sperare di poter scoprire anche lei un insediamento databile
all'età del bronzo (3000-1200 a.C.).
La meta è di nuovo
Kavousi dove, sulla collina di Sant'Antonio, durante la campagna
dell'anno prima aveva ritrovato anche cocci di ceramica del tipo
«egeo» che le avevano fatto ipotizzare l'esistenza di un sito
minoico in quei pressi. I luminari dell'archeologia, però, la
guardano con compassione: è altamente improbabile che nella Creta
orientale ci siano resti minoici, tutto quel che potrà trovare sono
manufatti del periodo geometrico (1000-800 a.C.), dovrebbe già
essere paga della scoperta dell'anno prima. Cosa cerca ancora questa
americana a Creta? Lungi dal lasciarsi scoraggiare, Boyd si rimette
in cammino e torna là dove tutto era cominciato: Kavousi. Seguendo
la traccia dei cocci «egei» si sposta verso la valle di Avgo e la
bellezza del paesaggio cretese di orti, vigneti a terrazze, oliveta e
alberi da frutta, la ripaga delle fatiche del viaggio e della
sfiducia degli uomini. Le ricerche lì non danno però i risultati
sperati, sembra che non ci sia nulla; ma nei giorni di sospensione
dello scavo Boyd insiste convinta nell'esplorazione dei luoghi
circostanti. Così lo racconta lei stessa nel memoriale: «Nei giorni
di vacanza e in quelli in cui non si poteva scavare perché il
terreno era gonfio delle recenti piogge, giravamo a cavallo da un
campo all'altro per la pianura di Kavousi e le vicine alture
costiere, cercando insediamenti dell'Età del Bronzo che io ero certa
dovessero esserci in quelle pianure vicino al mare. Era un lavoro
scoraggiante perché i miei occhi vedevano subito mura e sommità di
tombe 'ad alveare' in ogni mucchio di pietre buttate a caso, e troppe
volte un rigonfiamento del terreno che da lontano sembrava proprio un
sito d'altura miceneo, si rivelava poi essere rutta roccia».
Ancora una volta è la
gente del luogo a venirle in aiuto indicando la giusta direzione:
Perakis, l'antiquario del vicino villaggio di Vasiliki, al corrente
delle ricerche di Boyd, va a riferirle le parole del maestro della
scuola: «In un luogo chiamato Gournià, all'interno del territorio
di Kavousi ma quattro miglia ad ovest del villaggio, c'è una collina
sul mare dove si trovano cocci di ceramica e vecchie mura».
Il 19 maggio del 1901
Boyd parte con l'antiquario per la nuova esplorazione: dopo un
lungo percorso attraverso un bosco di carrubi selvatici, il
ritrovamento dei primi cocci sulla collina e la vista della sommità
delle antiche mura, le riaccende la speranza. Anche se il giorno
seguente è bloccata dall'ennesimo temporale, il giorno dopo ancora
manda alcuni uomini in avanscoperta e nel pomeriggio può gioire dei
primi risultati: un operaio dopo l'altro la chiama a vedere cocci di
ceramica e frammenti di vasi in pietra, uno ha portato allo scoperto
addirittura una strada pavimentata, la soglia di una casa e una
piccola grondaia d'argilla.
Tutto indica un
insediamento preistorico di una certa importanza. Entusiasta, Boyd
scrive: «Nel giro di tre giorni avevamo aperto case e seguito la via
lastricata e avevamo nelle nostre mani abbastanza vasi e frammenti
con polipi, foglie d'edera, doppie asce e altri disegni
inconfondibilmente minoici —come anche utensili di bronzo, impronte
di sigilli e vasi di pietra — per essere certi di aver trovato
quello che stavamo cercando: un insediamento di Età del Bronzo del
più bel periodo della civiltà cretese». Così manda Aristides a
Candia a telegrafare della eccezionale scoperta all'Ameri-can
Exploration Society, in dieci parole riassume tutta la ricerca; e la
fatica, la speranza, la soddisfazione.
La boulè degli
scavatori
Ottenuti i permessi dal
governo greco, apre i lavori in grande stile con 96 operai più 9
ragazze solo per lavare le ceramiche: il ritorno serale dallo scavo a
cavallo fino a Kavousi in mezzo a quella folla le pare una
processione trionfale. Grazie alla familiarità acquisita con la
lingua — e con la gente — greca, tratta personalmente con tutti i
dipendenti, occupandosi anche dei pagamenti, e sottopone loro ogni
decisione importante: quasi nel desiderio di rivivere la più antica
espressione della democrazia là dove essa era nata, li divide in
Boulè (il «senato», costituito dai vecchi operai) e
Ecclesìa (l'«assemblea», composta dai nuovi), e prende una
risoluzione solo quando i due gruppi concordano. Con altre due sole
campagne (nel 1903 e nel 1904) riporta completamente alla luce la
cittadella minoica di Gournià, talmente ben conservata da far
credere che gli abitanti l'abbiano appena lasciata.
La ex studentessa che
aveva attraversato la Creta orientale in elegante abito da pomeriggio
tra lo stupore e la compassione degli studiosi illustri, ha
conquistato notorietà internazionale e, cosa che le stava più a
cuore, «uno scavo tutto per sé». A Virginia Woolf. qualche
decennio più tardi, basterà una stanza.
"il manifesto, 29 luglio 1999
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