Uno scritto di Galeano
del 2004, sull'Iraq e Guantanamo. Chi immagina che con l'oggi c'entri
poco secondo me si sbaglia. Leggendo si capiranno meglio le ragioni
più importanti per cui accade ciò che accade e si intravederà a
che cosa stia portando la nuova escalation di
barbarie. (S.L.L.)
Pera ovale (buccale, anale, vaginale) per tortura |
Non vale niente, o vale
ben poco, la confessione del torturato. Dai tempi della Santa
Inquisizione si sa che non sono credibili, o sono ben poco credibili,
le informazioni e le confessioni strappate sotto tortura, per la
semplice ragione che il dolore fa di chiunque un grande romanziere.
Al contrario, il sistema
del potere confessa la sua vera identità attraverso le torture che
infligge. Nelle camere del tormento, coloro che comandano si tolgono
la maschera.
Così accade in Iraq, ad
esempio. Per impadronirsi dell'Iraq, nonostante gli iracheni e contro
gli iracheni, le truppe di occupazione agiscono con realismo:
predicano la democrazia e la libertà e praticano la tortura e il
crimine. Chi vuole il fine, vuole i mezzi, o forse qualcuno può
credere che esista un'altra maniera di rubare un paese?
Il resto è puro teatro:
le cerimonie, le dichiarazioni, i discorsi, le promesse e il
trasferimento della sovranità, che passa dagli Stati uniti agli
Stati uniti.
Il fatto è che il potere
non dice quello che dice. Per esempio: quando dice «terrorismo in
Iraq», in molti casi dovrebbe dire: «resistenza nazionale contro
l'occupazione straniera».
***
Quando furono pubblicate
le foto e scoppiò lo scandalo, le alte sfere del potere politico e
militare cantarono in coro i salmi della loro auto-assoluzione:
- Sono casi isolati.
- Sono casi patologici.
- Sono delle mele marce.
- Sono dei perversi che
disonorano l'uniforme.
Come sempre, l'assassino
ha dato la colpa al coltello. Ma quei soldati o poliziotti che fanno
impazzire il prigioniero sparandogli scariche di elettricità o
immergendogli la testa nella merda, o spaccandogli il culo, non sono
altro che strumenti: funzionari che si guadagnano lo stipendio
facendo il loro lavoro in orario d'ufficio. Alcuni lavorano di
malavoglia e altri ci mettono zelo, come quelle signorine entusiaste
che si sono fatte fotografare mentre umiliavano i torturati iracheni
e li mostravano come trofei di caccia. Ma tutti, apatici ed
entusiasti, sono burocrati del dolore che agiscono al servizio di una
gigantesca macchina che trita carne umana. Pazzi? Perversi? Può
darsi, ma l'alibi patologico non assolve il potere imperiale che ha
bisogno della tortura per assicurare e ampliare i suoi domini, perché
quel potere è molto più pazzo ed è molto più perverso degli
strumenti che utilizza. E non c'è nulla di strano nel fatto che un
potere atrocemente ingiusto utilizzi metodi atroci per perpetuarsi
***
Non c'è nulla di strano
nemmeno nel fatto che quei metodi atroci non vengano chiamati con
loro nome.
L'Europa sa che dove
comanda suocera non comanda nuora. La dichiarazione dell'Unione
europea contro le torture in Iraq non ha menzionato la parola
tortura. Quella sgradevole espressione è stata sostituita dalla
parola «abusi». Bush e Blair hanno parlato di «errori». I
giornalisti della Cnn e di altri mezzi d'informazione non hanno
potuto usare la parola proibita.
Anni prima affinché i
prigionieri palestinesi fossero legalmente triturati, la Suprema
corte di Israele aveva autorizzato «le pressioni fisiche moderate».
I corsi di torture che da molto tempo vengono impartiti agli
ufficiali latinoamericani nella Escuela de las Américas si chiamano
«tecniche di interrogatorio». Nel mio paese, l'Uruguay, che fu
campione del mondo in materia durante gli anni della dittatura
militare, le torture si chiamavano, e si chiamano ancora «sanzioni
illegali».
Secondo Amnesty
International, la vendita di strumenti di tortura nel mondo è un
affare redditizio per diverse imprese private di Stati uniti,
Germania, Taiwan. Francia e altri paesi, ma quei prodotti industriali
sono «mezzi di autodifesa» o «materiale di controllo della
delinquenza».
***
Menzionarono invece la
parola tortura, a chiare lettere, gli intervistatori che
interrogarono la popolazione degli Stati uniti nell'anno 2001, poco
dopo il crollo delle torri di New York, e quasi metà della
popolazione, il 45 per cento, rispose che la tortura non gli sembrava
sbagliata «se applicata ai terroristi che si rifiutano di dire
quello che sanno».
Sei anni prima, tuttavia,
a nessuno sarebbe venuto in mente di torturare il terrorista Timothy
McVeigh quando si rifiutò di dare i nomi dei suoi compiici. La bomba
che McVeigh mise in Okla-homa uccise 168 persone, comprese molte
donne e bambini, ma lui era bianco, non era musulmano ed era stato
insignito nella prima guerra del Golfo, dove imparò a fare
marmellata di gente.
***
Contro il terrorismo vale
tutto. Lo ha proclamato il presidente Bush, in mille occasioni, e lo
ha ripetuto quell'eco di Blair. Entrambi continuano a brindare per il
successo delle loro crociate. Continuano a dire: «Il mondo adesso è
un luogo molto più sicuro», mentre il mondo esplode e ogni giorno
la violenza genera ancora altra violenza e ancora e ancora.
***
Guantanamo è il simbolo
del mondo che ci attende. Seicento sospetti, alcuni minorenni,
languono in quel campo di concentramento. Non hanno nessun diritto.
Nessuna legge li protegge. Non hanno avvocati, né processi, né
condanne. Nessuno sa niente di loro, loro non sanno niente di
nessuno. Sopravvivono in una base navale che gli Stati Uniti
usurparono a Cuba. Si presume che siano terroristi. Che lo siano o no
è un dettaglio privo d'importanza.
È là che il generale
Ricardo Sanchez ha sperimentato trentadue metodi di tortura, chiamati
«tattiche di pressione e intimidazione», che poi ha impiantato
nelle prigioni dell'Iraq.
***
Dal crollo delle torri
gemelle, la tortura è diventata oggetto di numerosi elogi. È stato
messo in atto un bombardamento di opinioni giuridiche e
giornalistiche apertamente o velatamente favorevoli a questo metodo
istituzionale di violenza sebbene mai, o quasi mai, lo chiamino col
suo nome. Queste apologie dell'infamia che provengono dal potere, o
da fonti vicine, sostengono che la tortura è legittima per difendere
la popolazione inerme di fronte ai pericoli che la minacciano, perché
ci sono mezzi di lotta di dubbia moralità che risultano inevitabili
contro gli assassini senza scrupoli che praticano il terrorismo e lo
promuovono e che non dicono mai la verità.
Ma se fosse così, chi
bisognerebbe torturare? Chi sono gli uomini che hanno mentito di più
in questo XXI secolo? Chi sono coloro che, sènza scrupoli, hanno
ucciso più innocenti nelle loro guerre terroriste in Afganistan e in
Iraq? Chi sono coloro che hanno contribuito di più aUa
moltiplicazione del terrorismo nel mondo?
***
Adesso abbondano i
sorpresi e gli indignati, ma la tortura non è stata utilizzata per
errore o per caso contro la popolazione irachena. Le truppe di
occupazione l'hanno impiegata come sempre, per ordini superiori,
sapendo quello che facevano e perché lo facevano.
Perché? Non c'è alcuna
prova che la tortura sia mai servita per evitare un solo attentato
terroristico. Nel caso dell'Iraq, non è servita neppure per
catturare qualcuno degli importanti fuggiaschi. Il più importante,
Saddam Hussein, non è caduto grazie alla tortura, bensì grazie al
denaro che ha comprato una spia.
La tortura strappa
informazioni di scarsa utilità e confessioni dì improbabile
veracità, e tuttavia è efficace. Per questo è stata impiegata e
continua ad essere impiegata- ciò che è efficace è buono, secondo
i valori che reggono il mondo. La tortura è efficace per castigare
eresie e umiliare dignità e soprattutto è efficace per diffondere
la paura. Lo sapevano bene i monaci della Santa Inquisizione e lo
sanno bene i capi guerrieri delle avventure imperialiste del nostro
tempo: il potere non impiega la tortura per proteggere la
popolazione, bensì per terrorizzarla.
Sarà davvero così
efficace come il potere crede che sia?
(Trad Marcella Trambaioli
-©Ips/il manifesto 2004)
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