Claretta Petacci |
«Questo è un uomo il
cui più eminente contributo al Paese durante il decennio in cui ha
prestato servizio come primo ministro è rappresentato
dall'inventività delle sue avventure sessuali». Così un autorevole
commentatore italiano (Gianni Riotta) su un autorevole periodico
americano («Foreign Affairs»). La data: 1° ottobre 2013. L'uomo:
Silvio Berlusconi. E un recensore che stesse allora leggendo l'ultimo
libro di Mimmo Franzinelli, Il duce e le donne, era condannato
a non togliersele dalla mente, le parole di Riotta. Tanto si
attagliano - decennio più decennio meno - a quest'altro protagonista
della storia italiana contemporanea, il duce del fascismo.
Le Avventure e
passioni extraconiugali di Mussolini (è il sottotitolo di
Franzinelli) assumono un significato storico tanto maggiore, quanto
più riflettono un certo modo di incarnare il potere nell'Italia
dell'ultimo secolo. Non una costante, quel modo. Piuttosto, una
variante. O una funzione, più o meno legata al coefficiente di
carisma del potere incarnato. Fatto sta che i rapporti di Mussolini e
di Berlusconi con le donne contengono i medesimi ingredienti. Una
stessa concezione sessuata della politica. Uno stesso approccio
predatorio alla femminilità. Uno stesso impiego di fiduciari
pubblici o privati a gestire la sicurezza e la contabilità
dell'harem.
Per un insieme di ragioni
che noi possiamo riconoscere oggi come variamente sociali, culturali,
legali, le maggiori differenze tra le avventure sessuali di Mussolini
e quelle di Berlusconi consistono nelle condizioni al contorno e
negli effetti collaterali: rispettivamente, nel diverso statuto
giuridico dell'extraconiugalità (a Mussolini, i codici in vigore
vietavano sia la separazione sia il divorzio) e nelle diverse
conseguenze procreative dell'infedeltà (contrariamente a Berlusconi,
Mussolini ha generato numerosi figli illegittimi). Ma di là da
questo, quanto accompagna chi legge Il duce e le donne è la
sensazione di uno strano déjà vu, cronologicamente
rovesciato. Se le gesta d'alcova del duce, quali ricostruite dalla
ricerca archivistica di Franzinelli, non ci colgono alla sprovvista,
è perché riecheggiano ciò cui le cronache rosanero ci hanno fin
troppo abituato, le gesta d'alcova del caimano.
Con alcune donne,
l'interpretazione virilista che Mussolini dava della seduzione ha
precipitato forme di conquista quasi indistinguibili dallo stupro. Ad
altre donne, sembra che il duce abbia imposto aborti clandestini. E
tuttavia leggendo il libro di Franzinelli non si matura l'impressione
che le avventure extraconiugali di Mussolini siano state
principalmente consumate sotto il segno della coazione, o addirittura
della violenza. Al contrario: si ha l'impressione che siano state
principalmente consumate sotto il segno della fascinazione, o
addirittura della profferta. Non soltanto, quindi, povere donne
piegate dal sopruso del maschio onnipotente. Almeno altrettanto,
libere donne incantate dal richiamo fisico e simbolico del capo.
Spesso - d'altronde - donne sposate, e sposate a mariti
disponibilissimi a trarre vantaggio politico o finanziario
dall'augusta scappatella della consorte.
Ad eccezione di Ida
Dalser, la donna trentina con cui Mussolini generò il suo primo
figlio maschio, Benito Albino, e che fu poi sospinta dal duce verso
un ingrato destino di disconoscimento legale e di reclusione
manicomiale (è la storia raccontata in Vincere! di Marco
Bellocchio), quasi tutte le altre amanti di Mussolini ricavarono
dalle loro prestazioni sessuali benefici economici più o meno
cospicui. In ultima istanza, il libro di Mimmo Franzinelli è una
storia di mantenute. Regalie occasionali, assegni regolari,
intestazioni immobiliari: grazie ad api regine, nipotine, olgettine,
noi italiani del terzo millennio abbiamo perfettamente imparato come
il sistema funzioni.
L'ape regina di Mussolini
si chiama Cesira Carocci, è originaria di Gubbio, e dagli anni venti
agli anni trenta - dai modesti confini di un pied-à-terre in
via Rasella agli spazi fastosi di villa Torlonia e palazzo Venezia -
infaticabilmente si prende cura delle donne del capo. «Le prepara,
psicologicamente e igienicamente, all'incontro con Benito», spiega
Franzinelli a scanso di equivoci. L'altra figura chiave nella
gestione dell'harem è quella di Ercole Boratto, fidatissimo autista
per oltre un ventennio, dalla marcia su Roma sino al 25 luglio 1943.
Da Boratto, da un suo memoriale autobiografico scritto tra 1945 e '46
a beneficio dei servizi segreti americani, Franzinelli trae i
dettagli più piccanti di una Duceide sessuale che rischierebbe
altrimenti di riuscire stucchevole, tanto le priapiche imprese
dell'eroe si somigliano fra loro.
Mussolini ha un debole
per le minorenni: ma neppure questo è scoop storiografico che possa
cogliere alla sprovvista il lettore-elettore italiano d'oggidì.
Bianca Ceccato, una biondina che lavora come dattilografa al «Popolo
d'Italia», subisce violenza quando Mussolini decide di bere (secondo
le sue proprie parole) il «calice dolcissimo» della sua verginità.
Ha poi una lunga storia con il duce, che dopo averla costretta a un
aborto le dà un figlio, Glauco. Non risultano documentalmente
accertate - in compenso - altre due liaisons con minorenni che
pure Franzinelli giudica probabili. Relazioni particolarmente
pericolose, se è vero che riguardano la figlia e la sorella di due
amanti conclamate di Mussolini: Fiammetta è la figlia di Margherita
Sarfatti, Myriam è la sorella di Claretta Petacci.
La relazione più
pericolosa di tutte? Ammesso sia vera, quella del duce con la
principessa reale, Maria José di Savoia. Ricorderà Boratto,
l'autista-factotum, nel 1945-46: «Questa principessa ritornò altre
volte a far visita al Duce e capii subito che i successivi incontri
erano di carattere più intimo. Arrivava in vestaglia, che si
toglieva subito, rimanendo così in costume da bagno. Il Duce la
riceveva in un abbigliamento non eccessivamente decente, lasciando
ben intendere quali rapporti corressero ormai tra i due». Mussolini
a letto, dal 1937 al '39, con la moglie di Umberto principe
ereditario, la futura «regina di maggio»! Vera o falsa che fosse,
questa storia ci dice come all'apogeo del regime la presa del duce
sulle donne non conoscesse limiti, nell'immaginario se non nella
realtà.
Vera di certo, e tragica,
la storia di Benito e di Claretta: una storia che abbondante
documentazione non più riservata (a cominciare dai diari di lei)
permette ormai di seguire fin nei risvolti più segreti. Dapprima,
storia della passione tra un uomo maturo quanto fortunato e una donna
acerba quanto ardente. Poi, storia della senescenza insieme di un
uomo, di un regime, di un amore. E della rinnovata fedeltà a “Ben”
di una donna diversa da tutte le altre donne del duce. L'unica che
Mussolini abbia considerato, forse, qualcosa di più che una preda.
«IlSole24Ore, 20 ottobre
2013, ora in Storia comune, manifestolibri,
2014
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