“Perugia ieri, oggi,
domani” è nome di un blog, di un gruppo e di una pagima fb, che -
animati da giovani volenterosi, in prevalenza di buona famiglia - ha
accompagnato con schermaglie e polemiche il “cambio” al Comune di
Perugia, la caduta dell'amministrazione di centrosinistra (che i
promotori immaginano epocale come quella del muro di Berlino) e
l'avvento di una giunta di destra, con qualche sottolineatura civica,
ambientalistica, caritatevole.
Trasformatasi dopo le
elezioni in Associazione culturale a presidenza Cimaroli, “Perugia
ieri, oggi e domani” si propone come pensatoio, come luogo di
elaborazione e di confronto di livello, che dovrebbe aiutare la nuova
giunta a volare alto. La nuova amministrazione, peraltro, sembra ben
contenta di aver trovato degli ideologi intenzionati a fornirle una
identità campanilistica non becera, non fondata esclusivamente sul
“donca” e altri consimili ammennicoli.
Ciò spiega anche il
successo del forum che si è svolto il 3 novembre a Palazzo dei
Priori, nella saletta convegni della Galleria Nazionale, una location
non abituale, meno plebea di quelle che di solito vengono usate: una
parte significativa del pubblico, del resto, mostrava - perfino
con l'abbigliamento - di attribuire all'occasione un nonsoché di
solennità. Il titolo stesso del convegno, lungo e pretenzioso (La
rinascita della città: substantia et forma. Le qualità delle città
antiche come guida per la città nuova)
oltre tutto autorizzava le speranze di restaurazione di antiche
gerarchie: il ritorno alla guida della città delle vecchie congreghe
di possidenti, professionisti e burocrati, con le appendici
mercantili e imprenditoriali e dei nuovi venuti organicamente
integrati nella “famiglia perugina”.
Gli organizzatori avevano
scelto come principale attrattiva della serata un intellettuale di
indubbio prestigio e riconosciuta intelligenza, il medievalista
Franco Cardini cui era stata affidata la prima relazione: Genesi
di un'identità. L'anima della città europea dal Medioevo all'età
moderna. Da un uomo di destra
innamorato del Medio Evo come Cardini ci si aspettava che estraesse
dal passato qualche idea luminosa per l'avvenire, ma lo storico, per
un qualche impegno sopravvenuto, ha dato forfait
e la diligente relazione di chi lo ha sostituito, una docente
dell'ateneo perugino, non conteneva alcuna provocazione
intellettuale.
Che
la proposta politica dell'incontro fosse una sorta di neoelitarismo
corporativo s'è comunque capito dal linguaggio di questa e di altre
relazioni come delle introduzioni di Nicoletti, un giornalista
incaricato della conduzione. Se il titolo parlava di “substantia”,
vale a dire di “quel che c'è sotto”, dell'essenza del cose, le
parole chiave degli interventi sono “anima”, “spirito”,
“teoria”, e soprattutto “idea”, quelle tipiche di società
aristocratiche, use a giustificare la preminenza di pochi con la
superiore intelligenza, sensibilità, spiritualità, capacità di
ideazione e di direzione. Nell'Italia del Novecento, del resto,
all'idealismo e allo spiritualismo ci si era rivolti per dare
fondamento al principio gerarchico e autoritario presente nel
fascismo.
Coerente
con questa impostazione m'è sembrato il secondo relatore, Manuel
Vaquero Pineiro, storico dell'economia, che avrebbe dovuto parlare
del rinnovamento delle identità nella Perugia
contemporanea. In verità ha
recitato il solito rosario sul capitalismo cognitivo, sull'economia
della conoscenza, sulla competizione tra sistemi cittadini
nell'attrazione di investimenti, sulla velocità che tutto ciò esige
e sulle potenzialità di città come Perugia in codeste gare.
A
rompere le uova nel paniere è l'architetto Fressoia, incaricato di
discorrere della Forma urbana di Perugia negli ultimi
sessant'anni. E' uomo di destra,
ma viene dal contado e perciò butta subito acqua gelata sulle
fantasie di una riacquisizione da parte del centro storico di Perugia
di un monopolio delle funzioni pregiate. L'antica città organizzata
a raggiera non c'è più; esiste un'ampia conurbazione policentrica
che disegna una città a rete in cui convivono più “centri”.
Fressoia, pur denunciando una crescita abnorme e disordinata
dell'edificato in tutto il territorio comunale, non maramaldeggia
contro i vecchi amministratori, ma lascia intendere che la pressione
della rendita ha creato guasti in quasi tutte le città. Antico
avversario del Minimetrò, l'architetto vede nel potenziamento della
rete ferroviaria l'elemento su cui puntare per assicurare trasporti
efficienti tra le diverse parti della grande Perugia. Per il centro
Fressoia propone un sistema “treno + tram” che aiuterebbe questa
parte di città a giocarsi la partita anche in competizione con le
altre. L'impressione è che nel discorso di Fressoia convivano validi
spunti e velleità. Non crediamo comunque che le sue proposte abbiano
molte possibilità di realizzarsi. Il momento che riscalda
l'uditorio, suscitandone l'applauso è l'ipotesi che, al termine,
della grande ristrutturazione della mobilità urbana, sia possibile
riaprire Corso Vannucci al traffico automobilistico privato. Il mio
timore è che sia la prima cosa che in municipio stanno studiando.
La
cosa comunque ha imbarazzato il vicesindaco Barelli, l'avvocato che
viene da Italia Nostra. Il civico-ambientalista ha imparato in fretta
il mestiere di politico: molte parole, molte gentilezze (in primo
luogo verso gli organizzatori), molte promesse di ascolto, tanta
evasività sulle questioni, niente sostanza (o substantia, se più
piace). Quanto ad idealismo non è stato però secondo a nessuno: gli
è scappato che Perugia è la città ideale per produrre idee. Il suo
dire peraltro confermava la natura ideologica di tutta l'operazione
“Perugia ieri, oggi e domani”: l'ex ecologista apriva perfino ai
costruttori; l'antico polemista finiva con il rappresentare Perugia
come una comunità armonica e pacificata, sorvolando (come tutti gli
altri, del resto) sulle classi sociali, le differenze di reddito, gli
interessi in conflitto.
E' naturale che poi, quando la melassa del campanilismo colto, del provincialismo pretenzioso si scontra con una povertà che si espande e cresce, si pensi a renderla invisibile con le norme antimendicanti, piuttosto che a combatterla.
E' naturale che poi, quando la melassa del campanilismo colto, del provincialismo pretenzioso si scontra con una povertà che si espande e cresce, si pensi a renderla invisibile con le norme antimendicanti, piuttosto che a combatterla.
"micropolis", novembre 2014
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