Nel 1898, pubblicato a
proprie spese (all’ultimo momento U. Hoepli non ha il coraggio di
stamparlo), esce a Milano Genio e follia di Alessandro Manzoni
in cui sono raccontate, usando il metodo lombrosiano (anche nel
titolo il libro echeggia il linguaggio del Lombroso), le innumerevoli
fobie, abulie e monomanie di Alessandro Manzoni. L’autore del libro
è Paolo Bellezza (1867-1950), esperto di lingue moderne, pioniere
degli studi americanisti in Italia, all’epoca un autorevole
studioso della vita del Manzoni e della sua opera che – si dice -
conosce tutta a memoria.
In Genio e follia di
Alessandro Manzoni sono delineati alcuni tratti a dir poco
singolari, bizzarri della personalità di Manzoni. Si racconta ad
esempio che Manzoni porta sempre con sé una boccetta di aceto
fortissimo; un giorno, sorpreso da un suo malessere nervoso in mezzo
al viale del giardino della villa di Brusuglio, temendo di svenire
prima di rientrare, si mette a correre cercando allo stesso tempo di
gettarsi sotto il naso l'aceto, ma il movimento inconsulto fa sì che
qualche goccia di quel liquido bruciante gli vada in un occhio che ne
resta gravemente malato. Le lettere ai familiari rivelano in Manzoni
uno stato di massima depressione morale o di profonda indolenza dello
spirito. Va soggetto a «fatica al capo» e soffre spesso di incomodi
di digestione. Il suo temperamento lo spinge qualche volta a dare in
escandescenze, a piangere come un fanciullo per cose che lo
esasperano.
Riferisce la poetessa
Louise Colet, sua grande amica, che quando gli comunica la pace di
Villafranca Manzoni «cade svenuto completamente nelle sue braccia».
In preda a gravi commozioni e dolori pare abbia bisogno di mangiare
di più. Alcuni biografi assicurano che Manzoni è epilettico,
ragione per cui si muove sempre accompagnato da qualche fido
compagno. È soggetto a rilassamenti d'attenzione, assenze o
distrazioni dello spirito. Lo testimoniano diversi episodi. Per una
sua nipotina fa l'analisi logica di un periodo dei Promessi Sposi;
invece di lodare l'esecuzione di quel componimento, la maestra la
giudica appena soddisfacente. Una volta, conversando con un amico,
cita una sentenza che gli pare bella, ma non si rammenta dove l'abbia
trovata. «Sfido!» - dice l'amico - «è vostra!» Manzoni è capace
di rimettere allo stesso posto dieci, venti volte un pezzetto di
legno o di brace quando cade fuori da dove l'ha posto nel caminetto.
Qui forse, annota Bellezza, abbiamo un caso particolare di piromania.
Negli ultimi tempi,
scrive ancora Bellezza, Manzoni confessa desolato: «Temo che mi si
indebolisca l’intelligenza, perché mi sorprendo qualche volta a
pronunciare delle parole senza senso». A chi va a fargli visita,
chiede: «Siete venuto a vedere che divento imbecille?» Gli succede
di scambiare le persone o di non accorgersi di aver messo abiti non
suoi; a volte si trova con due fazzoletti in mano e esita di quale
servirsi. Certe affermazioni dello stesso Manzoni sono eloquenti del
suo stato fisico e mentale: «io sono assolutamente inetto»,
dichiara; ho «un'incapacità organica di parlare in pubblico»; si
definisce «balbettone», «un uomo impacciato nel cervello e nella
lingua».
Non appena uscito il
libro, Lombroso si felicita col Bellezza: il volume sul Manzoni «non
poteva essere meglio fatto», gli scrive in una lettera del 23 marzo
1898, e in una recensione afferma che la degenerazione manzoniana è
dimostrata «con una preziosa ricchezza di documentazioni». Se non
che – attenzione! colpo di scena! - in due articoli apparsi sulla
“Rassegna Nazionale”, Bellezza svela che il suo libro, per quanto
riporti fatti attestati, non è che una parodia, una presa in giro
dei metodi lombrosiani. Non tutti, a dire il vero, si sono lasciati
abbindolare dallo scherzo del Bellezza, c’è chi ha avvertito
subito l’odore della beffa, fra questi Arturo Graf, uno dei primi a
rallegrarsi per la «canzonatura riuscitissima», e Antonio Fogazzaro
(«Ella ha scritto pagine che ogni devoto del Manzoni farà bene a
tenere sul tavolino… Ma sa che qualche troppo rapido lettore non
s’era accorto della parodia e ha preso sul serio il prof. Bellezza
per un lombrosiano o quasi? La cosa è avvenuta a persona
intelligentissima e dottissima che io trassi d’errore», lettera
del 19 giugno 1898).
Com’era prevedibile le
rivelazioni del Bellezza fanno infuriare Lombroso che, in una replica
velenosa sull’“Archivio di Psichiatria”, fa marcia indietro sul
libro del Bellezza definendolo, in modo singolare, «uno scherzo da
preti» e denigra il suo autore sostenendo che tiene in maggior conto
i Santi Padri che non Galileo e che appartiene alla classe «dei
pedanti e dei teologizzanti».
Da “il Caffè
illustrato”, n.64-65, gennaio-aprile 2012
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